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Casi dubbi da screening neonatale per fibrosi cistica

15 Aprile 2016
Autore: Rita Padoan, Centro regionale di supporto per la Fibrosi Cistica, ASST - Spedali Civili Brescia

Due pubblicazioni affrontano il cruciale problema di come comportarsi di fronte ai casi con diagnosi dubbia di FC, che i sistemi di screening neonatale FC fanno emergere con significativa frequenza. Sono i casi con tripsina positiva, test genetico con una o due mutazioni CFTR non classiche e test del sudore borderline o normale.

Lo screening neonatale (SN) per fibrosi cistica (FC) è un programma di politica sanitaria, che garantisce il riconoscimento precoce dei neonati affetti da FC per una tempestiva presa in carico da parte dei centri di cura. In Italia i primi programmi di SN sono iniziati in alcune regioni già negli anni ’70 e primi anni ’80 (la prima regione fu il Veneto nel 1973). Nel tempo si sono aggiunte quasi tutte le altre regioni, con programmi diversi di SN. La continua valutazione dell’efficienza del programma di SN attuato, insieme alla possibilità di identificare le mutazioni del gene CFTR già nelle gocce di sangue raccolte dal tallone del neonato, hanno portato in seguito a modifiche nei programmi di SN, nel tentativo di riconoscere sempre più precocemente i neonati ad alto rischio di malattia.

Lo SN vede oggi come primo passo il dosaggio della tripsina (un enzima pancreatico), seguito dall’analisi genetica del gene CFTR nei neonati con tripsina elevata (meno dello 0,5 – 1% della popolazione neonatale) e successivamente dal test del sudore per la conferma della diagnosi.
Se questo da una parte ha portato all’abbassamento dell’età alla diagnosi dei bambini affetti (2-3 settimane di vita), con precocissima presa in carico e inizio della terapia, dall’altra ha portato al riconoscimento di neonati con ipertripsinemia, alterazioni del gene CFTR (una o due mutazioni) con significato clinico sconosciuto o di minore entità e con test del sudore che non è decisivo per la diagnosi (cosiddetti casi dubbi).

Cercando di identificare una sempre maggior percentuale di mutazioni responsabili di FC, si è passati dalla ricerca della sola mutazione F508del a pannelli di ricerca di un sempre più alto numero di mutazioni, fino a superare le 150 nella regione Lombardia. Si è visto anche che, se è presente nel programma dello SN l’analisi genetica, il riconoscimento delle forme atipiche o lievi di malattia è maggiore quanto più ampio è il numero di alterazioni del gene CFTR che vengono cercate. Rientrano nelle forme atipiche quelle diagnosi in cui il test del sudore non è completamente normale (negativo) e queste diagnosi sono aumentate anche perché si è abbassato il limite di normalità del test del sudore, in modo da considerare normali solo i valori inferiori ai 30 mEq/L per i lattanti sotto i 6 mesi di età.
Ma poiché non tutte le mutazioni cercate o identificate sono riconosciute essere causa di malattia, si ottiene con i nuovi programmi anche l’identificazione di soggetti in cui non è possibile confermare una diagnosi di FC, né escluderla: sono neonati con tripsina elevata, con alterazioni del gene CFTR (almeno una mutazione) che non causano i quadri clinici tipici della malattia, con test del sudore fra i 30 e i 60 mEq/L o lattanti con test del sudore normale ma con due alterazioni del gene CFTR, spesso con significato clinico sconosciuto.

Vi è stata in ambito scientifico una grande discussione su come definire questi bambini, per poterli identificare anche se seguiti in centri e paesi diversi (dall’Europa all’Australia, agli Stati Uniti), per poter capire quale sarà la loro storia clinica, per poter stilare le linee guida per il loro miglior trattamento. In Usa e in Europa si è giunti a definire con due termini diversi la stessa situazione: un bambino con SN positivo, analisi genetica con una o due mutazioni non classiche e test del sudore non diagnostico, in USA viene definito come Sindrome metabolica correlata a FC (CRMS, CFTR Related Metabolic Syndrome) e in Europa come “CF con Screening Neonatale Positivo e Diagnosi Indeterminata” (CFSP, ID). La definizione europea è stata proposta e poi scelta fra diverse altre mediante una consultazione online fra esperti, e sembra quella che può definire meglio le caratteristiche di questi lattanti: l’avere uno screening positivo con il riconoscimento di alterazioni del gene CFTR non associati a quadri classici di FC, ma non avere i criteri diagnostici per FC, cioè il test del sudore francamente patologico o due mutazioni conosciute per essere certamente associate a FC.

Le parole “diagnosi indeterminata” lasciano però aperto un dubbio: ci sarà alla fine una diagnosi di FC? I genitori giustamente desiderano in breve tempo una certezza, malattia FC sì/malattia FC no. Purtroppo, nonostante i diversi strumenti a disposizione, succede che i medici non possano fornire altro che uno “stiamo a vedere”. Potrebbe essere non sufficiente per i genitori, mentre ai medici è chiaro che solo una minoranza di questi pazienti svilupperà nel tempo i sintomi della malattia. Recenti studi hanno valutato l’andamento nei primi anni di vita di questi bambini e hanno dimostrato che nei diversi centri la percentuale di bambini in cui si giunge a una diagnosi di FC entro i primi anni di vita, con comparsa di sintomi tipici (anche se lievi) o con modificazione del test del sudore in senso patologico (aumento dell’escrezione dl cloro nel sudore), è per lo più modesta: dall’8% all’11%. In un unico centro viene segnalata una percentuale ben più alta (48%) di riconoscimento di FC fra i casi dubbi, probabilmente in relazione alla disomogeneità delle procedure dello screening che portano all’identificazione dei sospetti (1, 2).

Se da un lato si è definita l’etichetta di CFSP, ID, dall’altra è ancora aperta la discussione su cosa fare con questi bambini. Seguirli con controlli regolari e programmati (indipendentemente dai sintomi) presso il centro FC che li ha identificati? Con che tempistica? Sottoporli alle indagini diagnostiche e/o alle terapie previste per i lattanti FC? Che cosa comunicare rispetto all’evoluzione del loro stato di salute? Saranno malati o sani? E se malati, che qualità di vita li aspetta? Queste sono solo alcune delle domande a cui gli esperti devono rispondere. Nel decidere che cosa fare, è necessario tenere presente i rischi che possono ripercuotersi negativamente sulla qualità di vita del bambino e della sua famiglia: una non perfetta comunicazione e/o comprensione delle informazioni fornite, data anche la complessità delle stesse; un’eccessiva medicalizzazione di bambini che nella maggior parte dei casi non svilupperanno mai una sintomatologia FC e per i quali la diagnosi non sarà posta; l’ansia che le famiglie vivranno nell’indeterminatezza di una diagnosi. I centri possono scegliere politiche diverse, dall’affidare questi bambini al pediatra di famiglia e rivederli solo alla comparsa di sintomi, all’inserirli in un follow-up regolare. Probabilmente la giusta via sta nel mezzo, affidare i bambini al pediatra con alcuni consigli prudenziali: controlli annuali presso il centro FC, effettuare esami diagnostici (esami colturali, radiografie, esami ematici) solo se compaiono sintomi, ripetere il test del sudore a diverse età (sicuramente dopo il primo anno di vita), non restringere l’apporto di sale nel periodo estivo, educare all’igiene delle mani, evitare il fumo passivo, seguire il calendario vaccinale e iniziare l’attività fisica precocemente, come consigliano le linee guida europee. Tutto questo per evitare, da un lato, di danneggiare con l’eccessiva medicalizzazione chi non eventualmente non risulterà malato e, dall’altro, di penalizzare con un ritardo diagnostico chi svilupperà la malattia, rassicurando i genitori che il rischio di sviluppare una vera malattia FC più in là negli anni è davvero basso. La conferma diagnostica della malattia o l’esclusione della stessa inoltre si spera possa avvenire prima dell’inizio della scuola elementare.

1. Groves T, Robinson P, Fitzgerald DA. Question7: For an infant with an equivocal sweat chloride following newborn screening, how likely is a diagnosis of cystic fibrosis? Paediatr Respir Rev 2015; http://dx.doi.org/10.1016/j.prrv.2015.11.007
2. Ooi CY, Castellani C, Keenan K et al Inconclusive diagnosis of cystic fibrosis after newborn screening. Pediatrics 2015; 135: e1377-85