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Chiariamoci le idee sulla terapia antibatterica con i fagi

27 Febbraio 2018
Autore: Prof. Daniela Ghisotti, Dipartimento di Bioscienze, Università di Milano

Negli ultimi tempi si sente sempre più spesso parlare di terapia fagica per combattere le infezioni, per es. le infezioni polmonari da Pseudomonas aeruginosa (specie quelle da ceppi resistenti agli antibiotici) che affliggono i pazienti FC. Vediamo in cosa consiste, se funziona e se è attuabile.

Cos’è la terapia fagica.
Per terapia fagica si intende l’utilizzo dei fagi per combattere le infezioni batteriche. I fagi sono dei virus che attaccano in modo specifico le cellule batteriche, non quelle umane, riproducendosi al loro interno e provocando la morte del batterio stesso. Si tratta quindi di “nemici naturali” dei batteri, proprio come gli antibiotici, che vengono considerati “nemici farmacologici”. L’idea di utilizzare i fagi come arma contro le infezioni batteriche è stata avanzata poco dopo la loro scoperta, quasi un secolo fa, da uno dei loro scopritori Félix d’Herelle, che nel 1919 a Parigi debellò quattro casi di dissenteria pediatrica utilizzando la somministrazione di un preparato fagico. Nei decenni successivi, altri tentativi di terapia fagica si sono susseguiti con successi non sempre costanti e molto discussi: ciò rese la terapia fagica “faticosa” da portare avanti. Infatti, negli anni ’40, alla comparsa del primo antibiotico (la penicillina), il mondo occidentale si convertì al suo uso, abbandonando i fagi. Il destino della terapia fagica fu però diverso nei paesi dell’ex Unione Sovietica, dove i fagi hanno continuato a essere utilizzati. Al giorno d’oggi ci troviamo davanti a un mondo spaccato in due: il mondo occidentale, con la sua regolamentazione per l’approvazione di un farmaco, non può utilizzare i fagi, che non hanno avuto sinora evidenze di efficacia e sicurezza da adeguati trial clinici; l’Europa dell’Est, che usa routinariamente la terapia fagica.

Confronto tra antibiotici e fagi.
Cerchiamo di confrontare la terapia antibiotica con quella fagica. Alcune caratteristiche sono sicuramente a favore dei fagi. Innanzitutto, i fagi sono estremamente selettivi nella scelta del batterio da infettare: infettano solo una determinata specie, per es. Escherichia coli o Pseudomonas aeruginosa, e spesso anche solo alcuni ceppi all’interno della specie. Al contrario, gli antibiotici uccidono la maggior parte dei batteri presenti, che siano sensibili allo specifico antibiotico, con grave danno per la flora batterica commensale, utile a animali e uomini. Proprio questa estrema specificità dei fagi può essere anche uno svantaggio, perché limita il successo all’uso del fago giusto contro il batterio (o un suo ceppo) giusto. Quindi richiede una preliminare individuazione del batterio infettante e del fago capace di infettarlo.
Un altro punto a vantaggio dei fagi è la loro capacità di autoregolare il loro numero: in presenza di batteri da infettare i fagi si moltiplicano, aumentando di numero, per esempio dove c’è un focolaio di infezione. Se invece i batteri non sono presenti anche i fagi non si replicano. A volte basta una sola o poche somministrazioni di fagi per ottenere un risultato. Al contrario, gli antibiotici devono essere somministrati ripetutamente e spesso anche in dosi crescenti per essere efficaci. Altre caratteristiche positive dei fagi sono l’assenza di effetti collaterali sull’organismo e l’assenza di danni all’ambiente, dato che i fagi sono naturalmente presenti in natura.
Val la pena di chiarire che l’utilizzo della terapia fagica non va inteso come alternativo a quello degli antibiotici, anzi è stato dimostrato in alcuni casi che l’uso contemporaneo delle due terapie offre maggiori possibilità di guarigione (Kutateladze & Adamia, 2010).

La terapia fagica funziona?
Negli ultimi anni si è assistito, nel mondo occidentale, a un rinnovato interesse verso la terapia fagica come terapia alternativa o in aggiunta a quella antibiotica; infatti sono stati effettuati esperimenti in tutto il mondo in cui è stata sperimentata la validità della terapia. Tuttavia, la maggior parte di questi esperimenti si limita all’uso della terapia in laboratorio e su animali modello, dato che, nel mondo occidentale, la regolamentazione impedisce di effettuare la terapia direttamente sull’uomo, in mancanza di solide evidenze precliniche. Sono noti alcuni casi di utilizzo autorizzato della terapia in veterinaria (cura delle otiti nei cani), in agraria o nel campo della preservazione degli alimenti (contaminazione dei cibi da Listeria monocytogenes). I casi riportati di terapia sull’uomo sono pochi: per es. un trial clinico, fatto a Londra, arrivato alla fase II per il trattamento di otiti croniche da P. aeruginosa (Wright et al, 2009), e un paio di pazienti, sottoposti con successo a trattamento compassionevole negli U.S.A. e in Belgio, uno con grave sepsi da Acinetobacter baumannii e il secondo con setticemia da P. aeruginosa (Jennes et al. 2017; Schooley et al. 2017). Diversamente, nei paesi dell’Est europeo, la terapia fagica è usata normalmente per curare molti tipi di infezioni e i prodotti sono acquistabili in farmacia. Per avere informazioni sull’efficacia della terapia fagica sull’uomo si deve ricorrere a quanto affermato da studiosi dei paesi dell’Est Europa, soprattutto dell’Eliava Institute a Tbilisi in Georgia (Lin et al., 2017). La casistica da loro riportata include un gran numero di malattie infettive diverse che vanno dalle infezioni intestinali (dissenteria, enterocoliti) alle otiti, dalle infezioni di ustioni a quelle della pelle e dell’apparato urinario, dal trattamento di osteomieliti alle infezioni polmonari, incluse quelle di pazienti FC. Di particolare interesse, uno studio effettuato a Tbilisi in cui pazienti affetti da FC, con infezioni polmonari, sono stati trattati per nebulizzazione con preparati fagici, associati a antibiotici convenzionali, farmaci anti-muco e vitamine, e in tutti i casi si è ottenuto un miglioramento delle condizioni senza alcun effetto collaterale (Kutateladze & Adamia, 2010). Si tratta tuttavia di studi la cui documentazione scientifica non soddisfa pienamente quanto richiesto dalla nostra legislazione e comunque dai criteri riconosciuti di evidenza scientifica.

Si può utilizzare la terapia fagica?
L’attuale interesse del mondo occidentale verso la terapia fagica è dovuto a due fattori principali: la difficoltà delle aziende farmaceutiche a scoprire nuovi antibiotici efficaci e l’allarmante diffusione di ceppi batterici resistenti ai più comuni antibiotici, i cosiddetti ceppi MDR (multiresistenti). Tuttavia, la legislazione del mondo occidentale è molto rigida e richiede di aver provato in modo rigoroso i nuovi prodotti che vengono immessi sul mercato e di aver standardizzato i metodi di produzione, in ottemperanza alle norme FDA e EMA. Questo processo non è né veloce, né economico: le fasi 2 e 3 dei trial clinici, in cui centinaia di individui sono coinvolti, richiedono molto tempo per essere portate a termine. Tuttavia, questo è l’unico modo nel mondo occidentale per poter ottenere una conferma che una cura è efficace e sicura. In particolare, rimangono da dimostrare in modo certo alcuni punti, essenziali per poter utilizzare la terapia nell’uomo, quali l’assenza di una risposta immunitaria (punto con dati contrastanti) e l’assenza di danni collaterali, per es. alla permeabilità intestinale, che potrebbe causare patologie. Quindi, prima di poter utilizzare la terapia fagica è opportuno aspettare fino a quando siano state ottenute la conferma della sua efficacia e sicurezza e l’autorizzazione a utilizzarla sull’uomo. Nel frattempo, dato l’elevato grado di interesse che questa terapia ha sollevato, scienziati e piccole aziende farmaceutiche stanno facendo pressione sui governi per risolvere alcuni passaggi della regolamentazione che rendono la terapia fagica difficile da approvare a livello legislativo. La Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica – Onlus ha finanziato negli ultimi anni ben 3 progetti volti a verificare l’efficacia della terapia fagica nella cura delle infezioni da P. aeruginosa. I primi due (FFC#17/2015 e FFC#16/2016), ormai conclusi, hanno portato a isolare e caratterizzare un cocktail di fagi in grado di curare l’infezione acuta nei topi e in larve di Galleria mellonella. Il terzo è in corso (FFC#22/2017) e si propone di validare la terapia fagica in un nuovo modello animale, un pesce, lo Zebrafish, in cui esiste un mutante che presenta caratteristiche molto simili a quelle presenti in pazienti affetti da FC.

Bibliografia
– Kutateladze M, Adamia R. 2010. Bacteriophages as potential new therapeutics to replace or supplement antibiotics. Trends Biotechnol. 28:591-5.
– Jennes S. et al. 2017. Use of bacteriophages in the treatment of colistin-only-sensitive Pseudomonas aeruginosa septicaemia in a patient with acute kidney injury-a case report. Crit Care. 21:129.
– Lin DM, Koskella B, Lin HC. 2017. Phage therapy: An alternative to antibiotics in the age of multi-drug resistance. World J Gastrointest Pharmacol Ther. 8:162-173.
– Schooley RT. et al. 2017. Development and Use of Personalized Bacteriophage-Based Therapeutic Cocktails To Treat a Patient with a Disseminated Resistant Acinetobacter baumannii Infection. Antimicrob Agents Chemother. 61:1-14.
– Wright A, Hawkins CH, Anggård EE, Harper DR. 2009. A controlled clinical trial of a therapeutic bacteriophage preparation in chronic otitis due to antibiotic-resistant Pseudomonas aeruginosa; a preliminary report of efficacy. Clin Otolaryngol. 34:349-57.