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Modelli animali in fibrosi cistica: che cosa ci insegnano?

15 Dicembre 2016
Autore: Dr. Alessandra Bragonzi - Servizio FFC CFaCore, Ospedale San Raffaele, Milano

Partendo da una recente revisione della letteratura scientifica in materia, viene offerta una panoramica sul contributo che i modelli animali possono dare attualmente alla ricerca FC.

La fibrosi cistica è una delle poche malattie genetiche che beneficia di molteplici modelli animali di specie diverse. Il topo è stato il primo modello a essere generato più di 24 anni fa e per molti anni l’unico utilizzato nella ricerca biomedica. Otto anni fa veniva generato il maiale, seguito sei anni fa dal furetto e più recentemente dal ratto e dal coniglio. Avere a disposizione così tanti modelli non rappresenta la norma nella ricerca biomedica, ma riconosciamo che la fibrosi cistica è una malattia molto complessa. Oggi i ricercatori ammettono che, sebbene non esista un modello animale perfetto di FC, la chiave per interpretare e capire le diverse sfaccettature della malattia è il confronto tra modelli animali di diversa natura.
I modelli animali generati fino ad oggi sono una straordinaria opportunità per rispondere a due bisogni fondamentali:
1) studiare la fisiopatologia della malattia e il legame tra la mutazione nel gene CFTR e lo sviluppo della patologia
2) testare nuovi trattamenti o strategie di prevenzione della malattia

Vantaggi e svantaggi dei modelli murini

Il topo con mutazione nel gene CFTR è stato il primo modello animale di FC e risale al 1992; da allora sono stati generati 15 modelli di topo FC con mutazioni specifiche, tra cui F508del, G480C, G551D, e molti modelli knock-out, quindi con totale soppressione dell’espressione di CFTR. Per molti anni gli studi si sono concentrati sul modello di topo per comprendere le modificazioni strutturali dell’apparato respiratorio alla nascita e durante la progressione della malattia. Vengono ricercate nei modelli animali le caratteristiche delle vie aeree dell’uomo con FC: presenza di muco disidratato, infiammazione e infezione. Dove i dati sono disponibili, l’epitelio nasale della maggior parte dei modelli di topo rispecchia l’anormale profilo elettrofisiologico nasale dell’uomo FC con un significativo maggiore assorbimento di sodio rispetto al topo non-CF. Mentre il tratto respiratorio superiore dei modelli murini è rappresentativo delle vie aeree superiori di esseri umani con FC, le vie aeree inferiori rappresentano un quadro completamente diverso. I topi hanno poche ghiandole sottomucose e tipi cellulari diversi nelle vie aeree, esprimono altri canali anionici, e sono quindi strutturalmente e funzionalmente diversi. A causa di questa diversità anatomica e fisiologica, i topi FC non sviluppano la malattia polmonare spontanea o infezioni batteriche croniche. Mostrano però un controllo alterato dell’infezione e infiammazione quando indotta sperimentalmente. Infatti il loro polmone, messo a contatto con cellule batteriche, funghi o virus, mostra un più alto reclutamento di cellule infiammatorie, maggiori livelli di citochine (proteine pro-infiammatorie) e un aumento incontrollato degli agenti patogeni. I topi quindi rispondono in modo inappropriato a insulti esterni e sono considerati un buon modello per testare nuovi antibiotici, antinfiammatori e vaccini. Rispetto a queste proposte terapeutiche, i topi, purché presentino un fenotipo (caratteristiche fisiche e/o sintomi, ndr) tale da mimare la patologia umana, rappresentano generalmente la prima scelta nella ricerca preclinica, per la facilità con cui possono essere geneticamente manipolati, per i loro tempi di gestazione molto brevi e bassi costi di mantenimento.

Venendo all’impiego del modello murino per la sperimentazione dei nuovi farmaci mutazione-orientati, va detto che la proteina-canale CFTR murina ha un elevato grado di omologia con quella umana (78%); però presenta caratteristiche biofisiche diverse e fino ad ora i topi con mutazioni F508del non sembrano rappresentare un buon modello preclinico per testare molecole di nuova generazione (potenziatori e correttori). Dobbiamo però segnalare che i meccanismi con cui questi nuovi composti agiscono sulla proteina e dove si legano non è chiaro. Nel caso invece di altre mutazioni già oggetto di trattamento farmacologico, come G551D, il confronto tra CFTR umana e murina si è mostrato utile per comprendere il sito di legame di ivacaftor e il suo meccanismo funzionale. Inoltre, in passato il modello murino con la mutazione stop G542X è stato il modello preclinico utilizzato per dimostrare l’efficacia di ataluren o PTC124. Il trattamento dimostrava un parziale ripristino della proteina CFTR nell’intestino murino.

Progressi con i modelli suini

La proteina CFTR suina ha un’omologia del 92% con la CFTR umana (quindi maggiore di quella murina) e i suini con CFTR mutata mostrano un fenotipo più simile all’uomo affetto da FC. Tuttavia, mentre solo il 15% dei bambini affetti da FC soffrono di ileo da meconio al momento della nascita, il 100% dei suini con CFTR mutata presenta questa complicanza, che ne determina altissima mortalità. Il mantenimento di questi animali comporta quindi un iniziale intervento chirurgico che allevia l’ostruzione intestinale e assicura la sopravvivenza. La trachea e i bronchi di suini FC sono più piccoli, mentre il volume polmonare è identico tra FC e non FC. I suini FC presentano ostruzione e ispessimento della parete delle vie aeree con sviluppo di materiale mucopurulento che ne causa ostruzione, mimando quindi in maniera più efficace dei topi la malattia polmonare FC.

Negli ultimi anni nel campo FC, c’è stato un acceso dibattito per capire se l’infiammazione polmonare precedesse l’infezione o viceversa. Lo studio del modello suino FC ha fornito per la prima volta una risposta. I suini FC non hanno infiammazione alla nascita e il numero di cellule infiammatorie e la concentrazione di citochine come IL-8 risultavano simili al suino non-CF. Il lavaggio broncoalveolare dei suini FC presentava però un maggior numero di batteri, tra cui Staphylococcus aureus, non presenti nei suini non-CF. È interessante notare che questo dato riflette la situazione nei bambini con FC, in cui il principale batterio isolato da campioni delle vie aeree è proprio S. aureus. Questi dati hanno suggerito come l’infiammazione possa essere successiva all’infezione, dimostrando che il difetto ereditario associato alla mancanza di CFTR porta a un’alterata eliminazione dei batteri e successivo sviluppo di infiammazione. Altre caratteristiche dei suini FC che li rendono fenotipicamente simili ai neonati della specie umana sono la difficoltà ad aumentare il peso e l’insufficienza pancreatica. Quindi gli studi sono concentrati a capire se i maiali siano un buon modello per testare nuove terapie farmacologiche che bersagliano la CFTR. Recenti ricerche indicano che le cellule epiteliali di maiale rispondono in modo simile alle cellule umane quando trattate con ivacaftor e quindi mostrano una risposta del canale CFTR. Questo potrebbe fornire ai ricercatori uno strumento essenziale per studiare l’effetto polmonare a lungo termine della terapia con ivacaftor (cosa difficile nei topi), e apre la possibilità di studio per altri potenziatori e correttori.

Utili anche i furetti

I furetti con CFTR mutata sviluppano spontaneamente il fenotipo polmonare, mostrano insufficienza pancreatica, sviluppano malattia intestinale (compreso l’ileo da meconio) e mostrano un più basso indice di massa corporea. Nel polmone i furetti FC mostrano presenza di muco e batteri, con isolamento di Staphylococcus e Streptococcus di varie specie. Hanno un fenotipo molto grave e migliorano la sopravvivenza solo con la somministrazione di antibiotici e se corretti nell’intestino. I furetti FC non riescono a debellare con successo le infezioni polmonari e il loro lavaggio broncoalveolare mostra aumentati livelli di citochine, al pari dell’uomo con FC. Questi aspetti fanno sì che la malattia polmonare che presentano sia simile a quella umana. Inoltre hanno un breve periodo di gestazione, raggiungono l’adolescenza entro 4-6 mesi e hanno una dimensione più piccola rispetto al maiale. Tutte queste caratteristiche rendono il furetto un modello più economico da mantenere. Al momento i furetti sono maggiormente utilizzati per sviluppare e valutare l’efficacia della terapia genica.

In conclusione, i modelli animali esistenti di FC hanno contribuito in maniera significativa allo studio di questa patologia complessa ma c’è bisogno che tali modelli continuino ad essere modificati e migliorati per fornire una sempre più profonda e continua conoscenza della patologia e per testare nuovi composti e terapie. In questa direzione, i ricercatori stanno guardando alla generazione di nuovi modelli di topo con CFTR mutata e quindi utili sia per mimare la patologia umana che per testare terapie di nuova generazione. L’applicazione del nuovo sistema di gene editing, CRISPR/Cas9 (nuova tecnica di ingegneria genetica che consente di modificare la struttura di un gene*, ndr), sarà decisivo per creare nel modello animale mutazioni specifiche più velocemente e in modo più preciso, così da imprimere nuovo impulso alla ricerca FC.

Per approfondire:
Lavelle GM, White MM, Browne N, McElvaney NG, Reeves EP. Animal Models of Cystic Fibrosis Pathology: Phenotypic Parallels and Divergences. Biomed Res Int. 2016;2016:5258727. doi: 10.1155/2016/5258727. Review.
Keiser NW, Engelhardt JF. New animal models of cystic fibrosis: what are they teaching us? Curr Opin Pulm Med. 2011 Nov;17(6):478-83. doi: 10.1097/MCP.0b013e32834b14c9.

* CRISPR/Cas9: un ulteriore passo verso la medicina di precisione in fibrosi cistica