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30 Settembre 2008

Facciamo il punto sullo Stafilococco aureo

Autore: Roberto
Domanda

Buonasera, mia figlia Giulia fin dalla nascita (ora ha quasi 1 anno), nelle varie indagini fatte sull’escreato, ha sempre evidenziato la presenza di Stafilococco aureo. Al centro mi hanno detto che solitamente il batterio se ne sta tranquillo, per cui non ritengono necessaria una cura antibiotica ad hoc. Leggendo però un articolo su “la Repubblica” del 19/09 ho visto che si fa riferimento alla Staphylococcus aureus come a un batterio molto pericoloso, causa di setticemie e polmoniti gravi, e per giunta resistente agli antibiotici. Nel risultato dell’escreato ho riscontrato che il ceppo di Stafilococco presente nell’organismo di Giulia è resistente alla penicillina, ma non per esempio alla vancomicina. Posso avere delucidazioni in merito? Mi devo aspettare brutte sorprese dallo Staphylococcus aureus? Grazie ancora.

Risposta

Staphylococcus aureus è un germe molto diffuso e dal 25 al 50% dei soggetti sani possono essere persistentemente o transitoriamente colonizzati da questo germe senza alcun problema clinico. Esso è comune abitatore delle fosse nasali anteriori, della cute e dell’orofaringe. Quando assume caratteri di virulenza, nella maggior parte dei casi il germe è responsabile di infezioni banali; in condizioni particolari, peraltro, le infezioni da S. aureus possono essere anche molto gravi, in tutte le fasce di età.

S. aureus è uno dei patogeni classici anche nella fibrosi cistica. Le ragioni della particolare propensione di S. aureus a colonizzare le vie aeree dei pazienti FC sono ancora scarsamente note ma il suo ruolo in questa malattia è ben conosciuto fin dall’epoca pre-antibiotica. Pur continuando a mantenere importanza in FC, soprattutto in età inferiore ai 10 anni, il ruolo di S. aureus come patogeno negli ultimi anni appare complessivamente un po’ diminuito. E’ stato infatti dimostrato che l’infezione cronica delle vie aeree da cosiddetti batteri “gram negativi non-fermentanti” (principalmente Pseudomonas aeruginosa), si associa a un più rapido declino della funzione respiratoria rispetto ai soggetti con altro tipo di flora batterica (principalmente S. aureus) anche se i danni causati da S. aureus a livello polmonare non si dovrebbero forse minimizzare: secondo alcune ipotesi, potrebbero facilitare la successiva colonizzazione da P. aeruginosa.

La migliore organizzazione delle cure, un buono stato di nutrizione e l’ampia disponibilità di antibiotici attivi nei confronti del germe consentono nella maggior parte dei casi che il germe permanga effettivamente “tranquillo” a livello delle vie aeree. Nel caso questo non si verifichi è possibile che il centro di cura consigli un trattamento con antibiotici, di solito molto efficaci verso il germe.

L’articolo apparso su “la Repubblica” fa riferimento ad un tipo un po’ diverso di S. aureus rispetto a quello cui viene fatto riferimento nella domanda. L’articolo parla infatti di ceppi di S. aureus meticillino-resistenti (l’acronimo “MRSA” significa appunto Meticillin-Resistant Staphylococcus aureus). Si tratta di ceppi di S. aureus che hanno acquisito del materiale genetico da altre specie batteriche, modificandosi e diventando così più resistenti ai farmaci, soprattutto alla categoria delle ß-lattamine, cui appartiene la penicillina.

Se da un lato l’importanza di S. aureus in FC sembra diminuita, dall’altro è stato recentemente descritto un incremento della prevalenza di MRSA, in maniera analoga a quanto si verifica in soggetti non FC. Ciò desta apprensione per la problematica della resistenza ai farmaci.

In pazienti affetti da FC, l’impatto clinico di MRSA è stato solo recentemente definito. Uno studio clinico recentemente pubblicato ha evidenziato che nel 30% circa dei casi la colonizzazione è solo transitoria. Nei pazienti con infezione persistente da MRSA è stato documentato un più rapido declino delle prove di funzionalità respiratoria rispetto ai pazienti che non albergavano MRSA durante un follow-up durato 3,5 anni. L’effetto del MRSA sul declino della funzione respiratoria è risultato tuttavia significativo solamente nei pazienti di età compresa fra 8 e 21 anni.

Dr Silvia Campana e Dr Giovanni Taccetti, Centro Toscano Fibrosi Cistica, Osp. Meyer, Firenze


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