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22 Gennaio 2018

Non temere l’acquasantiera oltre il limite del ragionevole

Autore: Flavia
Domanda

Buongiorno, mi rivolgo nuovamente a voi per un fatto accaduto di recente che desta in me forti preoccupazioni. Mio figlio di 6 anni, nonostante le tantissime raccomandazioni quotidiane di non mettersi le mani in bocca, durante una lezione di catechismo è stato portato in chiesa, dove ha preso con la mano un po’ di acqua dall’acquasantiera e, come se non bastasse, si è leccato le dita per assaggiarla. Mi sono subito informata e so che all’acqua non era stato aggiunto sale o altro per evitare la proliferazione batterica e che l’acqua era stata cambiata purtroppo 5 giorni prima. La mia preoccupazione che abbia contratto qualcosa di pericoloso come P. aeruginosa o altro è forte. Al centro di riferimento dicono che non è stato esposto a un pericolo maggiore di quanto incorre già nel quotidiano frequentando ambienti pubblici. Voi cosa ne pensate? Sarebbe secondo voi necessario intervenire in qualche modo? Grazie per la vostra disponibilità.

Risposta

Ripetiamo quanto più volte scritto su questa rubrica. Le occasioni di acquisire germi patogeni dall’ambiente sono numerose e i bambini sono particolarmente esposti in questo. Tuttavia, l’esposizione alla fonte generica di batteri patogeni deve essere in genere protratta e ripetuta per costituire un reale rischio, anche se i soggetti con fibrosi cistica, come noto, sono fortemente carenti delle difese bronchiali (il muco scorrevole e il battito ciliare) per rimuovere i batteri che in qualche modo possono arrivare all’albero respiratorio e favorirne quindi l’attecchimento infettante. Ed è questa la ragione che sostiene la necessità di limitare per quanto possibile le occasioni ambientali di entrare in contatto diretto con possibili sorgenti batteriche, assieme all’educazione a lavarsi spesso le mani e a non mettere in bocca materiale estraneo di cui non sia assicurata la buona igiene. Peraltro è improbabile che un episodio isolato e limitato come quello citato nella domanda possa costituire una reale condizione di rischio infettante.

G. M.


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