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6 Aprile 2017

A proposito di domande di brevetto per potenziali farmaci

Autore: Annalisa
Argomenti: Nuove terapie
Domanda

Buonasera, ho trovato questa domanda di brevetto per un composto terapeutico (Pharmaceutical Compositions and Administrations Thereof US 20110288122 A1). L’estratto di quella domanda recita così: “The present invention relates to the use of N-[2,4-bis(1,1-dimethylethyl)-5-hydroxyphenyl]-1,4-dihydro-4-oxoquinoline-3-carboxamide, solids forms, and pharmaceutical compositions thereof for the treatment of CFTR mediated diseases, particularly cystic fibrosis, in patients possessing specific genetic mutations…”.
Sono indicate entrambe le mutazioni di mia figlia, ma non riesco a capire a cosa si riferisca. Sono in ansia per i tempi della ricerca e i costi dei nuovi farmaci. Grazie mille per il Vostro aiuto costante.

Risposta

La pagina Internet a cui si fa riferimento si trova a questo indirizzo: google.com/patents/US20110288122. Nel documento, che risale al 2010, viene fatta la richiesta all’autorità americana competente di proteggere con brevetto una molecola la cui formula chimica è N-[2,4-bis(1,1-dimethylethyl)-5-hydroxyphenyl]-1,4-dihydro-4-oxoquinoline-3-carboxamide. Viene anche riportato un lunghissimo elenco di mutazioni che sono in parte mutazioni CFTR con effetto gating, in parte missense, in parte splicing, su cui il composto era stato studiato. La formula chimica in questione corrisponde all’ivacaftor, commercializzato in seguito con il nome di Kalydeco, studiato per la prima volta nel 2011 con un trial clinico sulla mutazione G551D (tipo gating), poi su altre 9 mutazioni sempre con effetto gating e adesso, con l’ultimo studio, su di un piccolo numero di mutazioni con funzione residua (combinate con F508del).

La domanda ci offre lo spunto per fare qualche ragionamento sulla procedura della brevettazione di un farmaco: è una tappa importante perché con il brevetto il ricercatore che ha scoperto una molecola rivendica la proprietà della scoperta e chiede di proteggerla dall’uso che ne potrebbero fare altri; essendone il titolare decide che cosa ne farà in seguito senza dover chiedere a nessuno. Però il brevetto cerca di proteggere la molecola, nel modo più ampio possibile, anche per indicazioni che non sono ancora state sperimentate e che verranno vagliate in seguito nel percorso di ricerca. Per questo, nel documento l’uso di Kalydeco viene proposto per mutazioni che poi si sono rivelate non sensibili al farmaco. Sono state appunto le tappe successive della ricerca (dal brevetto in poi), tappe ancora precliniche e poi cliniche, che hanno permesso di chiarire quali mutazioni rispondevano e quali no. Quindi non ci sembra utile andare a scandagliare le pagine dei brevetti, che sono di difficile comprensione anche per un addetto ai lavori. Il brevetto rappresenta solo una tappa preliminare agli sviluppi successivi della ricerca che possono esserci nella direzione prospettata dai ricercatori, possono non esserci e orientarsi a tutt’altra applicazione oppure ancora possono anche arrestarsi in base alle prove successive.

In sostanza è molto improbabile capire attraverso la lettura dei brevetti che cosa prepara la ricerca. Oggi non ci sono tappe o progressi più avanzati del brevetto che le industrie o gli enti di ricerca vogliano tenere riservato. Anzi, c’è il problema contrario, che è quello di segnalazioni troppo precoci riguardo a sperimentazioni che hanno ancora modesto valore clinico. Andare a leggere le richieste di brevetto ci sembra confondente e ancora più illusorio. La speranza dei nuovi farmaci passa anche dai brevetti, ma è meglio coltivarla leggendo fonti più comprensibili, che parlano di traguardi più vicini alla ricaduta clinica. È già molto, a nostro parere, seguire i canali di stampa ufficiali e capire quanto sono scientificamente obiettivi e indipendenti e quanto sono orientati gli interessi dell’azienda produttrice.

G. Borgo


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