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24 Luglio 2017

Il riconoscimento di invalidità civile non comporta limitazioni nelle espressioni individuali e sociali, al contrario consente molte facilitazioni per le persone con fibrosi cistica.

Autore: Chiara
Domanda

Buongiorno, mia figlia è affetta da fibrosi cistica e ha 5 mesi e mezzo. Al momento sta bene e svolge una vita normale per la sua giovanissima età. Al Centro di cura ci hanno consigliato di fare domanda di invalidità anche solo per potere usufruire della legge 104 (io e il padre lavoriamo full time). Vi chiedo: cosa comporta l’invalidità? Cosa non potrebbe fare (es: guida, obbligo degli insegnanti di sostegno a scuola, a livello lavorativo)? La mia paura è che con questa decisione le potremmo precludere qualcosa o l’autonomia personale. Grazie.

Risposta

Quando in una famiglia arriva la diagnosi di una malattia cronica come nel caso della fibrosi cistica, nulla è più come prima, in pochi istanti tutto cambia e seppure in modo differente, tutti i membri del nucleo familiare sono di fatto coinvolti nella nuova realtà. E allora sono tante le decisioni da prendere in poco tempo, tante le persone con le quali parlare, tantissime le cose da fare: ovviamente, la responsabilità di queste decisioni ricade sui genitori o su chi esercita la potestà genitoriale.

Tra le prime informazioni che la famiglia riceve vi è l’indicazione di attivare immediatamente tutte le procedure amministrative per usufruire dei diritti previsti dalle leggi dello Stato, sia in ambito sanitario sia sociale nonché assistenziale; ricordiamo infatti che i malati di fibrosi cistica sono tutelati da una legge dedicata, la 548/93, che congiuntamente ad altre norme garantisce un’assistenza completa (presso i centri di cura e a domicilio) e un’ampia tutela sotto tutti gli aspetti necessari (invalidità, handicap, disabilità, ausili, presidi, …). Come per le terapie farmacologiche, necessarie per curare la malattia, anche altre forme d’intervento sono necessarie per garantire al malato una piena integrazione, il rispetto di tutti i suoi diritti, l’assistenza, la tutela sociale; pertanto non devono essere viste e vissute come un limite o un’etichetta, ma piuttosto come un’opportunità e un vantaggio sia per il paziente stesso sia per i suoi familiari.

È compito dei genitori, nel caso di figli minori, tutelare gli interessi dei propri figli e garantire loro tutto quanto necessario; ogni azione deve essere fatta nell’esclusivo interesse dei figli.

Quasi sempre sono la paura e spesso il senso di colpa a creare molti limiti nelle scelte che i genitori fanno o che si vorrebbero fare, complice una società che “non include”, ma che tende sempre di più all’espulsione e all’emarginazione di chi è “diverso”.

Nel caso della fibrosi cistica, i riconoscimenti sono differenti per fascia di età e i diritti a essi correlati assumono particolare importanza proprio perché garantiscono al bambino o all’adulto malato e ai suoi cari importanti diritti utili alla cura e alla tutela.

L’invalidità civile riconosciuta al bambino garantisce un sostegno economico mensile che il genitore può gestire per fronteggiare le numerose spese che comunque la patologia richiede (ad esempio le spese di viaggio per raggiungere il centro di cura); assicura inoltre l’accesso a prestazioni agevolate, a sconti, agli assegni familiari maggiorati, a esenzioni ticket, e da adulti consente molte agevolazioni sia in ambito lavorativo (accesso al collocamento lavorativo mirato, permessi giornalieri o orari, scelta della sede più vicina alla propria abitazione, tutele, maggiorazione contributiva, pre-pensionamento, …) che sociale (agevolazioni tasse universitarie, sconti, prestazioni assistenziali, …).

Lo stato di handicap riconosciuto in forma di gravità (L.104/92 art.3 comma 3) riconosce al bambino una condizione di svantaggio sociale tale che, nel contesto scolastico, si può tradurre in un piano personalizzato legato alle specifiche necessità del piccolo e del suo stato di malattia (ad esempio la gestione degli enzimi pancreatici, la flessibilità degli orari, la deroga sulle assenze e così via). Per il genitore invece si traduce in permessi sul posto di lavoro (ore/giorni mese, prolungamento del congedo parentale), detrazioni e agevolazioni fiscali, esenzioni, … che poi, con il divenire adulto, si traducono anche in diritti direttamente godibili dal paziente stesso.

Nella fibrosi cistica questi diritti, considerate le normative vigenti e le disposizioni Inps attuali, sono esclusi da forme di revisione pertanto, a meno che non si venga richiamati a visita per controlli straordinari o al compimento della maggiore età (ai quali, non presentandosi, si viene considerati rinunciatari e pertanto l’Inps procede all’archiviazione della pratica e alla sospensione del diritto/beneficio), sono riconoscimenti che non hanno scadenza.

Eventuali limitazioni, vedi il rilascio della patente e la possibilità o meno di guidare, non vengono determinati dall’invalidità in sé ma, eventualmente, dalla patologia stessa che, in alcune forme gravi (ad esempio in presenza del diabete), può essere valutata come malattia (e di conseguenza terapie) che ha un’incidenza sulla capacità di guida. In ambito lavorativo invece, poiché la patologia richiederà particolari precauzioni di collocabilità lavorativa, grazie al riconoscimento dell’invalidità e della disabilità e grazie allo strumento del collocamento mirato, nonché alla valutazione delle Capacità Lavorative Residue (come previsto dalla legge 68/99) e alle specifiche contenute nelle Linee Guida Inps-Lifc del 2015 è prevista, a tutela dei malati, la “massima attenzione nell’indicare tutte le eventuali condizioni lavorative che possano concausare una evoluzione sfavorevole della patologia (ad esempio, ambienti lavorativi con presenza di agenti infettivi patogeni, mansioni di front-office, turnazioni con lavoro notturno, esposizioni a polveri, ecc…) od ostacolare le necessità terapeutiche quotidiane del paziente”.

In conclusione, e nell’esclusivo interesse delle persone colpite dalla malattia, il consiglio è di garantire sempre l’accesso ai diritti riconosciuti loro.

Dott.ssa Vanessa Cori, Assistente Sociale, Lega Italiana Fibrosi Cistica Onlus


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