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30 Gennaio 2017

Studi su terapie mirate al difetto di base in caso di mutazioni splicing

Autore: Paola
Domanda

Buongiorno, sul notiziario FFC dello scorso dicembre, nell’articolo relativo al congresso tenutosi a Orlando si fa riferimento a studi clinici riguardanti le mutazioni splicing e a una nuova tecnica che prevederebbe l’utilizzo di una molecola sintetica simile all’RNA, che potrebbe essere utile anche per la cura di altre malattie genetiche. Per quanto riguarda la fibrosi cistica si riporta che “buone chance sono annunciate per la mutazione 3849+10kb-C<T”. Essendo io portatrice in eterozigosi di tale mutazione, insieme alla F508del, sarei interessata ad avere, se possibile, più notizie in merito. Ho 51 anni, la FEV1 si aggira intorno al 37/42% da anni. Potrei sperare in aiuti a breve termine, atti almeno a diminuire i sintomi o a rallentare il peggioramento? Grazie per l’attenzione e per il lavoro che fate. Cordialmente, Paola.

Risposta

Le mutazioni splicing non sono affatto rare: rappresentano circa il 12% delle oltre 2000 mutazioni del gene CFTR. In Italia la più comune delle mutazioni splicing è la 3849+10kbC, che rappresenta la decima mutazione per frequenza in un’indagine su cromosomi FC svolta nel 2004 (1). La mutazione 3849+10kbC->T è attribuita alla classe V. Le mutazioni di questa classe permettono la sintesi di una quota normalmente funzionante della proteina CFTR (mutazioni con funzione residua). Per questo le mutazioni con funzione residua sono state inserite in trial clinici in cui è stato sperimentato l’uso del potenziatore Kalydeco, che è in grado di potenziare l’azione della quota normale di CFTR che questa mutazione consente. Dai trial già eseguiti non si sono avuti risultati sufficienti per validare l’uso di Kalydeco, ma un altro è in corso e altri probabilmente verranno (2, 3, 4, 5). È vero che l’efficacia dei potenziatori è molto legata alla quota di CFTR normale che una specifica mutazione splicing fa produrre. Questa quota è variabile, a parità di mutazione, da individuo a individuo e anche da tessuto e tessuto dello stesso individuo, perciò è difficile prevedere se con i potenziatori si arriverà a risultati clinici importanti. Questo approccio terapeutico, però, è al momento quello che ha superato la fase preclinica ed è sperimentato nel malato, quindi è quello che in tempi relativamente brevi (mai troppo brevi per chi aspetta) potrà dire qualcosa di importante.

Altre strategie sono in una fase più precoce di studio e sviluppo. Alcune mirano a intervenire sui cosiddetti fattori di splicing, cioè sostanze in grado di influenzare positivamente lo splicing (il meccanismo di “taglia e cuci” che è alterato da questo tipo di mutazioni). In altre patologie (es. distrofia muscolare, alcune talassemie, neurofibromatosi di Recklinghausen, alcune forme di cancro), i tentativi in questa direzione hanno fatto un po’ più strada (6, 7). Molti fattori di splicing sono prodotti naturalmente dalle cellule dell’organismo (ma anche da virus); e sono stati prodotti anche fattori di splicing sintetici, tra questi, gli oligonucleotidi antisenso. Si tratta di corti filamenti che riproducono un tratto (una sequenza) del DNA o del RNA (20-25 basi, le stesse che costituiscono il DNA e l’RNA naturale) interessato dalla mutazione: questi possono legarsi a quel tratto modulando in senso correttivo lo splicing, abolendo o limitando quello aberrante. Il gruppo israeliano di Batsheva Kerem è ingaggiato da parecchio tempo in queste ricerche ed è quello che ha riferito avanzamenti sia nel congresso di Atlanta 2015 che di Orlando 2016. Ma anche esperti ricercatori portoghesi sono attivi (8). Sono studi che in FC al momento sono condotti solo su modelli cellulari, ma in altre malattie genetiche (distrofia muscolare, amiotrofia spinale) sono arrivati in fase di sperimentazione clinica.

In Italia il gruppo di ricerca di Franco Pagani presso l’ICGEB di Trieste, con finanziamenti della Fondazione Ricerca FC (Progetto FFC 9/2009 “Patologia molecolare del macchinario dello splicing: aspetti meccanicistici ed approcci terapeutici” e progetto FFC 5/2014 “Un approccio basato su piccoli RNA per la correzione dei difetti di splicing del gene CFTR: analisi delle efficacia in cellule primarie bronchiali”) lavora sperimentando frammenti di RNA sintetici che sono trasportati all’interno della cellula da vettori virali. Questi frammenti sono mutazione-specifici, vale a dire sono confezionati in modo da correggere lo splicing per ora solo di alcune mutazioni.

Infine si può ricordare che un innovativo sviluppo della terapia genica (gene editing) mira a curare tutti i tipi di mutazione (quindi anche le splicing), indipendentemente dal meccanismo con cui agiscono (9). È basato sulla tecnica chiamata CRISPR/Cas9 e consiste nell’intervenire con la guida di una molecola di RNA sul tratto di gene che ha la mutazione, rimuoverlo con uno specifico enzima (Cas9) e sostituirlo con la sequenza normale. Si tratta di individuare la modalità con cui trasferire all’organo malato (o all’intero organismo) il gene corretto: vettori virali, non virali, cellule staminali. Al momento si hanno solo prove di principio, come quella del trattamento con risultati positivi di una malattia genetica, la tirosinemia I, in un modello animale.

1) Orizzonti FC, Volume 2, n°3-2006, Report Registro Italiano FC
2) Sarà possibile correggere l’effetto delle mutazioni splicing?, 06/08/2010
3) Kalydeco potrà aver significato per mutazioni splicing di classe V? Il caso della 3849+10KbC>T, 23/12/20012
4) Mutazioni di splicing e kalydeco: a proposito di 3849+10kbC>T, 16/10/2014
5) Non ancora conclusivi gli studi clinici sul trattamento con Kalydeco delle mutazioni gating diverse da G551D, 07/11/2016
6) Pros E, et al. “Antisense therapeutics for neurofibromatosis type 1 caused by deep intronic mutations”. Hum Mutat. 2009;30:454-62
7) El-Beshlawi A, et al. “Correction of aberrant pre-mRNA splicing by antisense ologonucleotides in beta-thalassemia Egyptian patients with IVSI-110 mutation”. J Pediatr Hematol Onco. 2008;30:281-4
8) Igreja S, Clarke LA, Botelho HM, Marques L, Amaral MD “Correction of a Cystic Fibrosis Splicing Mutation by Antisense Oligonucleotides”.Hum Mutat. 2016 Feb;37(2):209-15. doi: 10.1002/humu.22931.
9) Harrison PT et all “Impact of gene editing on the study of cystic fibrosis” Hum Genet 2016 Sep.

G. Borgo


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