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13 Marzo 2017

Efficacia e sicurezza di lumacaftor + ivacaftor (Orkambi) nel lungo termine in pazienti FC omozigoti F508del

G. M.

Uno studio di estensione e continuazione nel tempo del trattamento con lumacaftor + ivacaftor, in soggetti FC omozigoti F508del già trattati in trial precedenti, dimostrerebbe la sua efficacia nel ridurre il declino annuo di FEV1 e il mantenimento della sua tollerabilità.

La combinazione di lumacaftor + ivacaftor (Orkambi) era stata testata in passato con due trial clinici paralleli, controllati e randomizzati, denominati TRAFFIC e TRANSPORT. Si trattava complessivamente di 1.108 pazienti trattati per 24 settimane e suddivisi in tre gruppi: un terzo trattati con lumacaftor 400 mg x 2 e ivacaftor 250 mg x 2; un terzo con lumacaftor 600 mg x 1 e ivacaftor 250 mg x2; un terzo trattati con placebo. L’incremento medio di FEV1 a 24 settimane rispetto alla situazione di partenza era stato di 2,2 punti percentuali per i soggetti trattati con il primo dosaggio, mentre si aveva una diminuzione media di 0,4 punti nel gruppo placebo (differenza media + 2,6 punti percentuali). Lo stato nutrizionale (rapporto tra peso e altezza calcolato come BMI) migliorava in media di 0,37 punti nel gruppo trattato con lumacaftor 400 mg x2, rispetto all’incremento di soli 0,13 punti nel gruppo placebo. Nello stesso gruppo il numero di esacerbazioni polmonari nel periodo di trattamento, riportate all’incidenza per anno, era stato in media di 0,70 in confronto con 1,14 nel gruppo placebo. Risultati simili erano stati ottenuti per i pazienti trattati con lumacaftor 600 mg x1. Dunque, qualcosa di positivo mediamente succedeva, peraltro con grande variabilità da caso a caso, anche se valutabile come clinicamente piuttosto modesto. Questa era stata tuttavia la dimostrazione di principio che la strada per la correzione farmacologica della proteina CFTR-F508del era perseguibile.

Recentemente sono stati pubblicati i risultati di un altro studio clinico, denominato PROGRESS (1), che ha voluto valutare se i risultati ottenuti nei due precedenti studi clinici di 24 settimane, si fossero mantenuti anche nel lungo termine negli stessi soggetti che avevano partecipato ai due trial citati. Era importante anche valutare se pure la sicurezza del trattamento si mantenesse accettabile nei tempi lunghi.
Lo studio PROGRESS, programmato per la durata di 96 settimane dall’inizio dei trial TRAFFIC e TRANSPORT, è stato condotto in aperto (non doppio cieco) adottando come unico dosaggio la combinazione di lumacaftor 400 mg x 2 e ivacaftor 250 mg x 2. I soggetti che avevano ricevuto placebo negli studi precedenti passavano a questa stessa combinazione. 1.029 pazienti sono stati arruolati e hanno ricevuto almeno una dose di farmaci; solo 850 sono riusciti a raggiungere 72 settimane di studio. Alla fine solo 411 pazienti di questi 850 sono riusciti a completare lo studio fino a 96 settimane. Altri sono arrivati fino a 120 settimane, ma di questi non vengono forniti dati. Più della metà degli arruolati hanno interrotto in tempi diversi lo studio, per ragioni molteplici: tra le più frequenti, l’avvento di effetti avversi o il rifiuto volontario di ulteriori somministrazioni.

Il guadagno medio di FEV1 rispetto alla situazione di partenza (TRAFFIC + TRANSPORT) è stato, a 72 settimane, di 1,9 punti percentuali per i pazienti passati da placebo a Orkambi e di 0,9 punti per quelli che hanno continuato il trattamento precedente. I pazienti giunti alle 96 settimane, sia quelli venuti dal placebo sia quelli che hanno continuato la terapia precedente, hanno fatto registrare un guadagno di FEV1 di 1,1 punti percentuali rispetto alla stessa situazione di partenza. Questo andamento è descritto e sintetizzato a livello di medie nel grafico che qui riportiamo.

grafico
Viene sottolineato dagli autori che alla fine dello studio PROGRESS i pazienti mantengono in media un livello di FEV1 lievemente superiore a quello registrato all’inizio dei due studi TRAFFIC e TRANSPORT. C’è stato anche un significativo, seppur modesto, incremento medio dello stato nutrizionale (BMI) sia a 72 che a 96 settimane, senza sostanziali differenze tra i reduci dal placebo e gli altri. L’incidenza di esacerbazioni respiratorie si è rivelata lievemente inferiore a 0,7 per anno, peraltro simile a quella già osservata nei trattati degli studi TRAFFIC e TRANSPORT, che era dimezzata rispetto ai soggetti in placebo.

Per quanto concerne la tollerabilità del trattamento con la combinazione, non vi sarebbero stati nello studio di estensione maggiori effetti avversi rispetto a quelli osservati nei trial originali TRAFFIC e TRANSPORT. Gli eventi avversi più frequenti erano quelli di natura infettiva, respiratoria o gastrointestinale, compatibili peraltro con quanto ci si attende in genere nelle persone con FC. Non sono state inoltre osservate sostanziali alterazioni a livello cardiologico, epatico e di altri parametri vitali, mentre è stata confermata la tendenza, già osservata nei trial originali, a un lieve aumento della pressione arteriosa.

Infine, utilizzando un complesso sistema statistico, si è voluto confrontare l’andamento di FEV1 di 455 pazienti dello studio PROGRESS con quello di 1588 pazienti inclusi nel registro dei pazienti FC USA. Il match si basava sulla comparabilità di parecchie condizioni caratterizzanti le due popolazioni: la FEV1 di partenza era in media di 59,8% nei pazienti PROGRESS e di 61,8% nei pazienti del registro USA. Con riferimento a un periodo di 2 anni, il declino annuo medio della FEV1 era di 1,33% nei pazienti trattati con lumacaftor + ivacaftor contro il 2,29% per anno in quelli del registro FC USA. Quindi, nei soggetti trattati dello studio PROGRESS, il declino medio annuo era del 42% inferiore rispetto alla polazione dei pazienti FC USA.

Onestamente, questo è uno studio importante ma difficile da valutare, oltre che, immaginiamo, assai difficile da realizzare, per i numerosi possibili fattori confondenti che hanno costretto a complesse operazioni statistiche di aggiustamento nella fase di elaborazione dei dati. Si aggiunga che lo studio è stato condotto in 191 centri di ben 15 nazioni, quindi con tutte le implicazioni di variabilità di intervento, di adesione dei pazienti ai trattamenti e di raccolta dati che questo ha potuto comportare. Del resto, questo tipo di studi osservazionali è necessario per capire quanto ciò che si è ottenuto da uno studio formale relativamente breve (24 settimane) si mantenga nel tempo. Naturalmente, bisognerà arrivare a studi cosiddetti di fase 4, in cui si esamina una più larga popolazione rispetto a quella su cui si è costruito un trial clinico che ha convinto di impiegare utilmente e in sicurezza una determinata terapia: in sostanza si dovrà rispondere in quale misura i risultati di efficacia e sicurezza misurati in un limitato gruppo di malati e in una limitata lunghezza di tempo sia riproducibile per tutti i malati FC e per tempi più lunghi.

Lascia perplessità in questo studio il fatto che solo meno della metà dei pazienti arruolati sia riuscita a completare almeno una parte significativa dello studio, e non ne vengono ben spiegate le ragioni, che potrebbero essere anche legate ai diversi criteri con cui i pazienti sono seguiti nei diversi centri e mantengono adeguatamente le terapie tradizionali associate. L’incremento nutrizionale (BMI) deve tener conto dell’età adolescenziale della gran parte dei soggetti in studio, età nella quale il peso aumenta già per ragioni fisiologiche ed è difficile dire quanto quello osservato sia dovuto alla terapia orkambi.
Purtroppo i risultati, che sottendono una grande variabilità, sono riportati a livello di media, pur con relativi limiti di confidenza (la media fa giustizia dei casi con forte decadimento clinico rispetto a quelli con buona stabilità nel tempo), ma importante sarebbe capire quanti pazienti traggono dal trattamento effettivo beneficio clinico e quanti no, per arrivare forse anche a capire se sia possibile in futuro selezionare i malati in cui il trattamento abbia maggiori probabilità di successo.
Il confronto con i controlli del registro USA, che portano all’enfasi del risparmio di declino annuo FEV1 del 42%, è tutto affidato alle acrobazie, che immaginiamo peraltro attendibili, degli statistici coinvolti nello studio. Bisognerà forse trovare altre modalità di comparazione, anche perché gran parte dei malati inclusi nello studio provengono da paesi diversi dagli USA.

Lo studio conferma in sostanza una prova di principio: la combinazione lumacaftor/ivacaftor incide mediamente, seppure in piccola misura, anche nel lungo termine, sul recupero di funzione CFTR nei malati FC omozigoti F508del, ed è accettabilmente tollerata. Tuttavia, riteniamo che questo sia al momento solo un primo significativo passo, che dovrebbe incoraggiare ulteriori studi rivolti a identificare farmaci modulatori di CFTR più potenti e clinicamente più efficaci.

1. Michael W Konstan, Edward F McKone, Richard B Moss, Gautham Marigowda, Simon Tian, David Waltz, Xiaohong Huang, Barry Lubarsky,Jaime Rubin, Stefanie J Millar, David J Pasta, Nicole Mayer-Hamblett, Christopher H Goss, Wayne Morgan, Gregory S Sawicki, Assessment of safety and efficacy of long-term treatment with combination lumacaftor and ivacaftor therapy in patients with cystic fibrosis homozygous for the F508del-CFTR mutation (PROGRESS): a phase 3, extension study. Published Online, December 20, 2016