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17 Ottobre 2012

Peptidi antimicrobici: nuova possibilità per la terapia antibatterica

Dott.ssa Ersilia Fiscarelli (Microbiologia della Fibrosi Cistica, Ospedale Pediatrico Bambin Gesu’, Roma)

I peptidi antimicrobici (Antimicrobial Peptides, AMPs) sono delle piccole molecole proteiche costituite da 12-50 aminoacidi largamente diffuse in natura. Peptidi con attività biologica sono stati infatti isolati da un elevato numero di organismi, appartenenti sia al regno vegetale che animale, quali batteri, piante, insetti, anfibi e mammiferi. Allo stato attuale si conoscono circa 800 sostanze classificate come peptidi antimicrobici. I primi peptidi ad essere studiati sono stati le cecropine, isolate nel baco da seta (Hyalophora cecropia) agli inizi degli anni ’80, e la melittina, isolata dal veleno dell’ape da miele (Apis mellifera). Quest’ultima è uno dei peptidi studiati più a fondo e per questo motivo è utilizzata spesso come riferimento per lo studio di nuove molecole.

La pelle di numerose specie di anfibi si è rivelata una ricca sorgente di peptidi (bombesine, magainine, temporine, etc.), prodotti e secreti da ghiandole granulari in risposta ad una varietà di stimoli. Nell’uomo e in altri mammiferi (topo, ratto, coniglio), peptidi antimicrobici appartenenti alla famiglia delle defensine sono immagazzinati sotto forma di granuli nei neutrofili (cellule ematiche specializzate nella fagocitosi), mentre i leucociti polimorfonucleati dei bovini sono ricchi di peptidi appartenenti alla famiglia delle catelicidine che hanno dimostrato in vitro e in vivo una significativa attività antimicrobica.

Gli AMPs svolgono un ruolo molto importante nella cosiddetta immunità innata o naturale, costituita da una serie di meccanismi di difesa non specifici, ossia diretti verso un largo spettro di microrganismi e presenti in un individuo fin dalla nascita. Questi sono preesistenti all’esposizione alla sostanza estranea (antigene) e rappresentano la prima vera barriera di difesa dell’organismo agli agenti patogeni.

In particolare, è stato dimostrato che alcuni peptidi manifestano spiccata attività antimicrobica nei confronti di batteri sia Gram-positivi che Gram-negativi, lieviti del genere Candida e sono inoltre in grado di inibire la replicazione di alcuni virus. Il meccanismo d’azione degli AMPs è riconducibile all’alterazione della membrane cellulari delle cellule bersaglio a seguito della interazione tra il peptide, carico positivamente, e le strutture di membrana dotate di carica netta negativa. Gli effetti che possono conseguire a tale interazione sono di 2 tipi: a) disorganizzazione della struttura della membrana, alterazione della permeabilità, fuoriuscita dei componenti del citoplasma e lisi (distruzione) della cellula; b) disposizione del peptide perpendicolarmente nella membrana, formazione di canali o “pori” e, anche in questo caso, morte della cellula. Alcuni peptidi, come la buforina, si sottraggono a questo meccanismo generale ed interagiscono direttamente con bersagli intracellulari (DNA e/o RNA) inibendo funzioni vitali per la cellula. Altri AMPs (es. i peptidi derivati dalle catelicidine e defensine), agiscono – come dimostrato in questi ultimi anni – con un meccanismo indipendente dall’uccisione diretta dei microbi; sono in grado, infatti, in presenza di agenti patogeni di inibire la risposta proinfiammatoria dell’ospite e/o stimolare le reazioni immunitarie di difesa.

Le caratteristiche biologiche di queste molecole giustificano l’interesse suscitato nella comunità scientifica quali agenti terapeutici innovativi e alternativi, soprattutto nelle infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici. Diverse caratteristiche dei peptidi antimicrobici li rendono particolarmente interessanti come potenziali strumenti terapeutici:

– ampio spettro di attività: sono attivi contro virus, batteri, funghi e protozoi;

– rapida attività battericida (uccisione del 99,9% dei batteri a seguito di esposizione per 20 minuti);

– sono in grado di interagire sinergicamente con gli antibiotici convenzionali;

– sono efficaci nei confronti di batteri che hanno sviluppato antibiotico-resistenza, in quanto possiedono meccanismi d’azione differenti rispetto ad alcuni antimicrobici.

Questo ultimo aspetto ha stimolato l’attenzione dei Ricercatori, in particolare di coloro che si occupano di fibrosi cistica (FC), dove i ripetuti trattamenti antibiotici per la risoluzione degli eventi infettivi polmonari selezionano ceppi batterici multi-resistenti o pan-resistenti, cioè resistenti a tutti gli antimicrobici in uso nella pratica clinica.

La Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica ha approvato e finanziato diversi Progetti di Ricerca che prevedono studi finalizzati a migliorare le conoscenze sugli AMPs ed alcuni risultati sono stati già pubblicati su riviste scientifiche internazionali. In uno studio pubblicato recentemente (1), è stato valutato il potenziale terapeutico di 3 peptidi: 2 appartenenti alla famiglia delle catelicidine e di origine bovina (BMAP-27, BMAP-28), e P19(9/B) di natura sintetica. I Ricercatori hanno testato, in condizioni sperimentali molto simili al polmone FC, l’attività antibatterica di questi 3 composti, nonché la loro abilità nel contrastare la formazione di biofilm (comunità microbiche adese ad un substrato, intrinsecamente resistenti agli antibiotici e responsabili, nel polmone FC, della cronicizzazione delle infezioni) in 67 ceppi batterici isolati dalle secrezioni respiratorie di pazienti FC. In particolare, sono stati utilizzati per lo studio 15 ceppi di Staphylococcus aureus – di cui 7 resistenti alla meticillina – 25 ceppi di Pseudomonas aeruginosa – di cui 9 con variante fenotipica mucoide – e 27 ceppi di Stenotrophomonas maltophilia. L’attività dei diversi peptidi è stata comparata con quella esibita da tobramicina, antibiotico usato frequentemente per la terapia inalatoria nei pazienti FC. L’attività antimicrobica esibita in vitro dai 3 peptidi è stata misurata mediante determinazione della MIC (la minima concentrazione di antimicrobico in grado di inibire la crescita batterica visibile) e della MBC (la minima concentrazione di antimicrobico in grado di uccidere il 99,9% della popolazione batterica testata).

Dall’analisi dei risultati, gli Autori hanno evidenziato che, complessivamente, BMAP-28 è risultato essere il più attivo tra gli AMPs studiati, mostrando una attività comparabile nei confronti di P. aeruginosa e superiore verso S. aureus e S. maltophilia, indipendentemente dalle varianti fenotipiche considerate (fenotipo mucoide, resistenza a meticillina). L’attività antimicrobica di tobramicina è risultata essere inferiore a quella dei peptidi, indipendentemente dalla specie batterica considerata. La capacità di BMAP-27, BMAP-28 e P19(9/B) di inibire la formazione di biofilm è stata valutata su un set di ceppi di S. aureus, P. aeruginosa e S. maltophilia selezionati per la loro rilevante attitudine a formare biofilm, utilizzando concentrazioni sub-inibenti (ossia inferiori alla MIC) di ciascun AMPs e comparativamente a tobramicina. I risultati ottenuti evidenziano la capacità di BMAP-27, BMAP-28 e P19(9/B) di ridurre la formazione di biofilm da parte di ciascuna delle tre specie saggiate, sebbene con una efficacia minore rispetto a tobramicina. BMAP-27 esibiva una attività comparabile a tobramicina – ed in alcuni casi anche maggiore – nei confronti del biofilm preformato (maturo) da P. aeruginosa.

I dati ottenuti in questo studio sono indubbiamente molto interessanti e molto promettenti per il potenziale uso terapeutico di peptidi antimicrobici in FC. E’ tuttavia necessario confermare questi risultati mediante l’impiego di modelli animali al fine di validare la loro attività antimicrobica ma anche per valutare una loro eventuale tossicità nei confronti delle cellule, che potrebbe comprometterne l’impiego a scopi terapeutici.

1. Pompilio A, et al. Potential novel therapeutic strategies in cystic fibrosis: antimicrobial and anti-biofilm activity of natural and designed α-helical peptides against Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa, and Stenotrophomonas maltophilia. BMC Microbiol. 2012 Jul 23;12:145.

Nota redazionale: la pubblicazione citata proviene dal progetto FFC#12/ 2009 “Novel strategies for respiratory infections in therapy in FC. Use of natural and designed antibacterial peptides”, adpttato dalla delegazione FFC di Genova