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10 Aprile 2018

Problemi della calcolosi renale in FC

Autore: Davide
Domanda

Il sottoscritto affetto da FC si è ritrovato con la presenza di un calcolo renale sx di 12.5 mm x 6 mm. Vi trascrivo eattamente cosa c’è scritto nella tac con mdc (mezzo di contrasto) che ho fatto (18.01.18): “Entrambi i reni si trovano in sede, regolari per dimensioni con sincrono effetto nefro ed urografico.
A sx appare invariata la dilatazione calico-pielica sostenuta da nota formazione litiasica di circa 12.5 x 6mm localizzata al giunto pieloureterale (TC del 16.01.18 due gg prima ero finito al pronto soccorso x colica dove mi era stata fatta una tac senza contrasto). Aspetto edematoso ed infarcito del tessuto adiposo adiacente alla pelvi renale sx e al tratto prossimale dell’uretere omolaterale. Non si rilevano ulteriori calcoli radiopachi in sede renale né lungo il decorso delle vie escretrici. Non falde di versamento né perirenali né endoaddominali….”.
A questo punto sento due pareri, e qui vado in panico totale con un ansia terribile: uno mi dice di “bombardare” e l’altro di intervenire chirurgicamente per via endoscopica in anestesia totale. Non capendo più nulla, scelgo ascoltando il parere di due medici non urologi, che consigliano una via meno invasiva. In data 13.02.18 effettuo la litotrissia extracorporea, che mi causa la stessa sera una colica per la rottura di alcuni frammenti di calcolo. Mi viene fatta una ecografia con il seguente risultato: “I reni sono in sede regolari per morfologia, dimensioni e ecostruttura. A sx è visibile idroureteronefrosi di I-II grado con piccolo urinoma laterale. Attualmente non è identificabile il calcolo descritto nella pelvi omolaterale mentre nel tratto distale dell’uretere ci sono piccoli calcoli impilati. Nei calici del gruppo medio ed inferiore del rene sx sono visibili immagini iperecogene dotate di cono d’ombra posteriore di verosimile natura litiasica…..”.
Ecografia del 14.03.2018: “Confrontando con precedente indagine al controllo attuale permane evidente calcolo caliceale inferiore sx con diametro di circa di 1 cm, idroureteronefrosi di I grado senza evidenza di calcoli, almeno nel primo tratto dell’uretere sottogiuntale e nell’uretere previscicale….”.
L’urologo mi consiglia un secondo trattamento di litotripsia extracorporea del rene uretere e/o vescica.
Scusate se mi sono dilungato ma sono sicuro che altri ragazzi con FC si sono trovati o si troveranno in questa importante scelta da fare. Le mie domande sono: conviene fare un altro trattamento di litotripsia extracorporea o passo direttamente alla via endoscopica con anestesia generale? Ci sono dei macchinari che effettuano la litrotripsia extracorporea più performanti di altri oppure sono tutte più o meno uguali? Tre TC, di cui una con mdc, non saranno troppe in quattro mesi? Non ho specificato che il calcolo ha una durezza di 1100UH. Non era il caso che mi fosse prescritto un esame del sangue e urine per vedere la funzionalità renale? Vi ringrazio della immensa disponibilità.

Risposta

Non possiamo addentrarci nell’analisi del caso né rispondere alle specifiche domande poste, perché solo chi conosce bene e direttamente il caso può essere di aiuto. Ci limitiamo pertanto a fornire informazioni generali in materia, utili a tutti i nostri lettori, con l’aiuto di un esperto nefrologo (ndr).

La problematica della nefrolitiasi e della calcolosi renale è sicuramente un aspetto da non sottovalutare e che, per un ventaglio ampio di ragioni cliniche, può coinvolgere i pazienti con fibrosi cistica (anche giovanissimi). È indubbio, come nel caso esposto, che l’approccio diagnostico e terapeutico sia multidisciplinare e preveda un importante coinvolgimento chirurgico/urologico.

La scelta tra una procedura di litotrissia percutanea o un intervento endoscopico/chirurgico dipende da una serie di variabili (tra cui la dimensione, la posizione del calcolo, le caratteristiche strutturali della formazione litiasica, l’eventuale precedente approccio terapeutico, ect), che devono essere necessariamente valutate dai colleghi urologi dopo un’attenta analisi della documentazione clinica e della raccolta anamnestica. Devo ammettere che, negli ultimi anni, si è assistito, in molti centri italiani, a una minimizzazione dell’approccio della litotrissia percutanea.

Come nefrologo, vorrei sottolineare, che è opportuno intraprendere un accurato studio metabolico del paziente per comprendere le ragioni esatte della genesi della calcolosi ed essere incisivi nella prevenzione della ricomparsa delle recidive. È ovvio che tra gli esami utili a una corretta diagnosi della calcolosi rientarno quelli urinari (incluso la valutazione della escrezione degli ioni nelle 24 ore) e la misura dei livelli di inibitori della cristallizzazione o accrescimento del calcolo (come per es. ossaluria, citraturia). Utile anche una corretta analisi emogasanalitica. In aggiunta è indispensabile effettuare regolarmente un esame urine standard e una urocoltura per diagnosticare e trattare rapidamente eventuali infezioni delle vie urinarie. Resta implicito che l’esame della creatinemia sierica o plasmatica, degli elettroliti sierici, del bilancio calcio/fosforo, paratormone e VITD sono utili strumenti di inquadramento diagnostico che consiglerei sempre di effettuare.

Dal punto di vista terapeutico, oltre all’approccio urologico, è utile mantenere un livello costantemente adeguato, mediante supplementazione orale, degli inibitori della cristallizzazione (come citrato e potassio) e, soprattutto, accertarsi che vi sia un adeguato introito idrico (consiglierei, se possibile, l’assunzione di un quantitativo di acqua tale da consentire almeno una diuresi quotidiana costante di almeno 2000 cc). Non escludo un consulto nutrizionistico per pianificare una corretta alimentazione. Da evitare cibi ad alto contenuto di ossalato (tra cui bibite gassata, caffè, cioccolato, bietole, costine…).
In aggiunta, se presenti infezioni urinarie ricorrenti è necessario intraprendere una adeguata terapia antibiotica (personalizzata secondo urinocoltura).

In merito all’indagine TAC, se eseguita con mdc (mezzo di contrasto) e, soprattutto, se ripetuta in tempi ravvicinati dovrebbe essere condotta previa adeguata preparazione: generalmente si impiega soluzione fisiologica pre- e post-esame supplementata con acetilcisteina (che può essere aggiunta direttamente nei flaconi di cristalloidi o somministrata per bocca). In alternativa, se non possibile, è utile, almeno, una adeguata idratazione per via orale. Resta implicito che prima dell’esame con mdc e dopo 24 ore e 48/72 ore dalla esecuzione dello stesso è indicata una valutazione dei livelli sierici/plasmatici di creatinina. Del resto, ricordo che un esame con m.d.c. deve essere sempre eseguito previa analisi della funzionalità renale.
La TAC senza mdc non rappresenta un grosso problema in termini di nefrotossicità e non richiede generalmente preparazioni specifiche. Si consiglia, inoltre, in caso di coliche ricorrenti di prestare molta attenzione all’assunzione di antinfiammatori non steroidei (FANS). Questi non dovrebbero essere assunti se presente deficit funzionale renale e, comunque, sempre utilizzati con cautela e su indicazione medica.

Gianluigi Zaza - Professore associato, Unità di Nefrologia e Dialisi, Università di Verona


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