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17 Gennaio 2019

Ha senso inserire nel test genetico FC di 1° livello, dopo screening neonatale FC positivo, la ricerca delle varianti Poly-T? A proposito di un caso omozigote per la variante 5T

Autore: Filomena
Domanda

Ho un bimbo di 2 mesi e 17 giorni. Il 1° novembre hanno effettuato lo screening e dopo le dimissioni mi hanno chiamato per ripeterlo per quantità di sangue insufficiente (08/11/18). L’11 gennaio ricevo una nuova chiamata e mi dicono di richiedere una consulenza genetica per “allele 5t in omozigosi”. In famiglia mai avuto casi e nelle precedenti gravidanze nessun risultato anomalo (una bimba di 6 anni e una di quasi 5 anni). Siamo molto spaventati e non sappiamo a cosa andiamo incontro.
Spero in una vostro risposta saluti.

Risposta

Lo screening neonatale ha l’obiettivo di identificare precocemente i nuovi casi di malattia fibrosi cistica classica, vale a dire con probabile interessamento multiorgano ed evoluzione progressiva. Non ha lo scopo di diagnosticare condizioni ambigue come le sindromi CFTR-correlate, caratterizzate per lo più da localizzazione della malattia a un singolo organo o apparato e andamento nel tempo per lo più benigno, certo non tale da mettere a rischio la vita. Quindi, il test genetico per fibrosi cistica da applicare nella procedura dello screening neonatale FC è meglio che sia, in caso di positività alla tripsina, come forse è in questo caso, solo un test detto di primo livello, che comprende le più frequenti mutazioni del gene CFTR, ma non deve comprendere lo studio delle varianti di incerto significato del gene, in particolare quelle del complesso Poli-T. È opportuno riservare questa ricerca solo a casi mirati nell’ambito di una successiva fase diagnostica. Così dice il “Documento di Consenso 2018 sull’analisi genetica in fibrosi cistica”, attualmente in fase finale di elaborazione da parte di un gruppo di esperti italiani (Commissione Genetica della Società Italiana Fibrosi Cistica).

Nel caso della domanda non sappiamo quale possa essere il contenuto della consulenza genetica suggerita. Poiché è noto che le varianti 5T non hanno alcun significato patogeno se non accompagnate da altre varianti del gruppo TGm, è probabile che venga consigliato un ulteriore approfondimento del test per lo studio di queste varianti, e l’indagine per ricerca di mutazioni molto rare (sequenziamento del gene con tecniche NGS? Ricerca di mutazioni da riarrangiamento genetico?).

Tutto questo probabilmente avverrebbe ancora prima di avere eseguito il test del sudore, attribuendo al test genetico un ruolo diagnostico eccessivo, fonte per bambini e famiglie di ansie per lo più non motivate. Esemplificando la questione, ci chiediamo se sia importante che i genitori sappiano che, se il bambino risulterà avere 5T con TG uguale o maggiore di 12 (di nuovo in condizione di omozigosi, cioè entrambe le varianti presenti in entrambe le copie del gene CFTR), potrebbe o meno correre il rischio (non qualificabile e non quantificabile, in ogni caso molto modesto) di presentare una atresia dei dotti deferenti (infertilità maschile da mancato sviluppo dei dotti deferenti, con integrità dell’apparto testicolare). Oppure un altro disturbo da sindrome correlata al gene CFTR. O queste condizioni non fanno piuttosto parte di una gamma di problemi che non mettono a rischio la vita e ad oggi hanno terapie praticabili.

Va segnalato che proprio l’uso acritico di test genetici per FC, che descrivono di tutto e di più riguardo alla sequenza del gene CFTR, fornendo informazioni che poi clinicamente non si sanno interpretare (varianti patogene o non patogene?) è una delle principali cause dell’alto numero di casi di CFSPID (Cystic Fibrosis Screening Positive Inconclusive Diagnosis), cioè di bambini che nel percorso dello screening risultano portatori di qualche tratto genetico sconosciuto o di incerto significato. Questi bambini poi avranno forse anche un test del sudore con risultato borderline e verranno inseriti nella macchina sanitaria per arrivare ad escludere o accertare, più o meno presto, definitivamente, la fibrosi cistica. Sono bambini che una volta non sarebbero mai stati conosciuti e in grande numero pagano il prezzo di portare alla diagnosi e quindi alle terapie precoci il piccolo numero di quelli che fra loro sono effettivamente malati di FC. Consigliamo a questo proposito la lettura di un interessante articolo della responsabile del centro FC di Brescia, dott. Rita Padoan (1). Inoltre, sempre su questo tema cruciale, questa Fondazione ha di recente selezionato e finanziato un progetto di ricerca: FFC #30/2018 (2).

  1. https://www.fibrosicisticaricerca.it/commento/casi-dubbi-da-screening-neonatale-per-fibrosi-cistica/, 15/04/2016
  2. FFC#30/2018. Cystic fibrosis screen positive inconclusive diagnosis (CFSPID): studio osservazionale multicentrico per valutare prevalenza, dati clinici, gestione ed esiti in 6 centri italiani di riferimento regionale per la fibrosi cistica.
G. Borgo


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