I dati raccolti nei Registri fibrosi cistica USA e UK confermano efficacia e sicurezza del potenziatore Ivacaftor nel lungo termine

I dati raccolti nei Registri fibrosi cistica USA e UK confermano efficacia e sicurezza del potenziatore Ivacaftor nel lungo termine
Le ottime proprietà di Ivacaftor nei pazienti con mutazioni di gating, già evidenziate nei trial clinici, sono mantenute anche nel periodo, ormai prolungato, di uso del farmaco da parte di grandi numeri di pazienti.

Ivacaftor è un potenziatore della proteina CFTR che ha dimostrato, in trial clinici controllati, un buon grado di efficacia e sicurezza nei pazienti FC portatori di una delle seguenti mutazioni: G551D, G1244E, G1349D, G178R, G551S, S1251N, S1255P, S549N, S549R (di classe III, difetto di gating) e R117H (di classe IV). Su queste basi, è stato autorizzato l’uso del farmaco in USA, Europa e Canada, per tutti i pazienti portatori delle suddette mutazioni, sebbene a partire da età diverse a seconda delle singole legislazioni nazionali. Negli USA Ivacaftor è stato approvato anche per alcune mutazioni definite avere funzione residua (di classe IV e V) oppure risultate rispondenti a Ivacaftor mediante test in vitro.

Un recente studio osservazionale (1), basato sui Registri dei pazienti FC, si configura come studio di sicurezza post-autorizzazione del farmaco (PASS). Lo studio ha utilizzato i dati del Registro FC degli Stati Uniti e del Registro FC del Regno Unito, per valutare l’andamento clinico di tutti i pazienti che hanno continuato ad assumere Ivacaftor (Kalydeco) come farmaco corrente una volta completata la fase del trial clinico. Gli autori (ricercatori dell’azienda farmaceutica Vertex produttrice del farmaco, coadiuvati da operatori dei Centri FC di Cleveland, di Boston e di Londra) hanno potuto osservare l’andamento di pazienti che hanno assunto Kalydeco per un periodo medio di 2 anni negli USA (periodo 2011-2014) e di 1,3 anni (periodo 2012-14) in UK. I pazienti in trattamento con Kalydeco sono stati confrontati con un gruppo di controllo, composto da pazienti che non hanno assunto il farmaco e sono stati seguiti presso i centri nello stesso periodo. I trattati con Kalydeco e i controlli erano simili per età e sesso, e non differivano per quanto riguarda la distribuzione di mutazioni con espressione clinica mild (classe IV e V), ma, proprio per le caratteristiche intrinseche allo studio, differivano come distribuzione delle mutazioni con espressione clinica severa (classe I e II) e per la classe III, a cui in particolare appartengono la mutazione G551D e le altre mutazioni di tipo gating, considerate suscettibili di trattamento con Kalydeco.
In sostanza, pazienti portatori prevalentemente di mutazioni di classe III, che rispondono a Kalydeco, componevano il gruppo dei trattati, mentre i pazienti portatori delle mutazioni di classe I e II, che non rispondono a Kalydeco, componevano il gruppo dei controlli. Per tutti i pazienti in studio sono stati raccolti i dati disponibili nei registri e quindi la funzionalità respiratoria (FEV1%), l’eventuale decesso o trapianto polmonare, la frequenza di riacutizzazioni polmonari (definite dalla necessità di utilizzare antibiotici per via endovenosa), la comparsa di diabete, depressione, complicanze epatobiliari, polmonari, gastroenteriche, osteoartritiche, oltre che la presenza di culture positive per microrganismi patogeni nelle vie aeree. Non è stato invece possibile ottenere informazioni riguardo all’eventuale comparsa di cataratta e alla possibile nociva interazione con altri farmaci in terapia, perché i dati necessari non erano disponibili nei Registri. Sono entrati nello studio 1256 pazienti del Registro USA e 411 pazienti del Registro UK trattati con Kalydeco e 6200 pazienti del Registro USA e 2069 del Registro UK utilizzati come controlli in quanto non trattati con il farmaco.

I pazienti trattati con Kalydeco hanno dimostrato un numero significativamente minore di riacutizzazioni broncopolmonari, di decessi e di trapianti polmonari. Le complicanze extrapolmonari, così come la frequenza di culture positive per P. aeruginosa, Aspergillus fumigatus e S. aureus sono risultate inferiori nel gruppo dei trattati (anche se non per tutti i parametri considerati la differenza è risultata significativa). Per quanto riguarda i valori di funzionalità respiratoria i due gruppi non differivano significativamente all’inizio del periodo di oservazione, mentre al termine la differenza diventava significativa, indicando un miglioramento complessivo di FEV1 nei pazienti che hanno assunto Kalydeco, più marcato negli inglesi (+6,6%) e meno negli americani (+1,4%). Il miglioramento di FEV1 è un dato di particolare rilievo se si considera la sua tendenza al peggioramento nel corso del tempo, nonostante le cure abituali; peggioramento che si è verificato nei non trattati con Kalydeco di entrambi i paesi.

Gli stessi autori peraltro segnalano alcuni limiti del loro lavoro: il disegno osservazionale e retrospettivo utilizzato per la raccolta dei dati, che non ha permesso di raccogliere tutte le informazioni potenzialmente utili e, soprattutto, la non uniformità dell’assetto genetico (mutazioni CFTR) dei pazienti nei due gruppi a confronto. È vero infatti che i pazienti del gruppo non trattato presentavano condizioni cliniche simili ai trattati con Kalydeco all’inizio dello studio, ma non si può escludere che nell’arco di tempo successivo i non trattati, in cui prevalevano mutazioni di classe I e II, abbiano presentato in relazione al genotipo un’evolutività della patologia più accentuata. Comunque, al di là di queste osservazioni, questo studio fornisce un importante contributo nell’ambito dell’esperienza internazionale sul modulatore CFTR Ivacaftor, confermandone efficacia e sicurezza su grandi numeri, per un periodo prolungato di osservazione e, soprattutto, in quella che viene definita la vita reale, dove non esiste la selezione dei pazienti adottata ai fini del loro arruolamento nei trial clinici e quindi assumono maggior peso le loro caratteristiche personali liberamente espresse (aderenza alle terapie, controlli, stile di vita).

1. Bessonova L, Volkova N, Higgins M, Bengtsson L, Tian S, Simard C, Konstan MW, Sawicki GS, Sewall A, Nyangoma S, Elbert A, Marshall BC, Bilton D. Data from the US and UK cystic fibrosis registries support disease modification by CFTR modulation with ivacaftor. Thorax. 2018 May 10. pii: thoraxjnl-2017-210394. doi: 10.1136/thoraxjnl-2017-210394.

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