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15 Settembre 2014

Diagnosi prenatale non invasiva per anemia falciforme, talassemia, fibrosi cistica: se realizzabile, che cosa ne pensano le possibili utenti?

G. Borgo

Qual è il problema

Sono in fase di studio nuove tecniche per la realizzazione di diagnosi prenatale non invasiva (NIPD) con prelievo di sangue materno in epoca molto precoce di gravidanza

Che cosa si sa

La tecnica è già disponibile per le malattie cromosomiche, mentre per le malattie monogeniche come la fibrosi cistica la ricerca è ancora aperta

Che cosa aggiunge questo studio

Opinioni e attitudini di un campione di madri inglesi, a rischio elevato per le malattie genetiche, di cui in Inghilterra viene richiesta con maggior frequenza la diagnosi prenatale corrente (villocentesi), riguardo alla nuova tecnica e al suo utilizzo qualora in futuro si rendesse disponibile.

PREMESSE

Per le coppie a rischio elevato di avere figli affetti da una malattia genetica dovuta alle mutazioni di un singolo gene (es: anemia falciforme, talassemia, fibrosi cistica) sono in corso numerose ricerche che mirano a realizzare una tecnica di diagnosi prenatale più sicura e precoce di quella oggi disponibile (che consiste nel prelievo di materiale fetale attraverso villocentesi in decima-dodicesima settimana di gravidanza). Questa nuova metodica prevede il prelievo di sangue materno fra l’ottava e la decima settimana di gravidanza e la diagnosi genetica sul DNA delle cellule fetali che circolano nel sangue materno (cffDNA). Non si sa che cosa pensino le donne che in futuro potrebbero ricorrere a questo tecnica. Un gruppo composto da genetisti di un famoso ospedale londinese (Great Ormond Street Hospital) ed esperti di medicina fetale (Fetal Medicine Unit, University College London Hospitals) ha voluto sondare l’impatto che l’informazione della disponibilità (futura) della nuova tecnica produce in un campione di donne che hanno rischio elevato di avere figli con malattie genetiche gravi, indagando benefici percepiti, preoccupazioni, preferenza di informazioni e modalità organizzative.

METODO

La ricerca si è svolta con due modalità: discussione in gruppo dedicato (“focus group“) e intervista telefonica. Le partecipanti ai focus group (12 donne) facevano parte di associazioni di supporto alla malattia (CF Trust per fibrosi cistica, Sickle Cell Society and UK Thalassemia Society per l’anemia falciforme e la talassemia); altre 16 avevano aderito all’invito di un’intervista telefonica, invito via mail spedito a 119 donne presenti presso un centro di Medicina Fetale. Sul totale di 28 donne che hanno costituito il campione selezionato, 10 erano portatrici di FC; 16 avevano già un figlio malato e tutte e 16 avevano già sperimentato un test prenatale invasivo. In questi 16 figli la malattia era stata diagnosticata durante l’infanzia in 7 casi, durante la gravidanza in 6 e sulla scorta di precedenti casi in famiglia in 3. La discussione nei focus group è durata in media circa un’ora e mezza, l’intervista telefonica dai 15 ai 40 minuti. Le informazioni che ricevevano dicevano che la NIPD era in via di sviluppo ma non ancora disponibile, che quando disponibile sarebbe stata eseguita a partire dalla nona settimana di gravidanza, e che non era ancora chiaro se il prelievo di sangue avrebbe indagato oltre alla specifica malattia genetica di cui loro (e il loro partner) erano portatori, anche la sindrome di Down.

RISULTATI

Il primo risultato di rilievo è stata la consapevolezza diffusa fra le partecipanti alla ricerca che “non si tratta solo di un semplice prelievo di sangue“, per le premesse su cui poggia l’esame (una gravidanza accertata è già in atto) e per le implicazioni (la risposta del prelievo può portare alla decisione di continuarla o interromperla). C’è stata anche chiara percezione dei vantaggi: prima di tutto la mancanza del rischio di aborto che la villocentesi (e in minor misura l’amniocentesi) anche in mani esperte inducono. Poi, la precocità del risultato, che è d’aiuto nei confronti della difficoltà sempre maggiore che le donne riportano nel dover prendere decisioni sulla gravidanza, anche se con la villocentesi passano poche settimane in più; e può offrire maggior tempo disponibile per cercare informazioni sulla malattia, eventualmente anche presso i gruppi di supporto per quella malattia. E l’osservazione che il prelievo di sangue in alcune famiglie e/o culture è visto come una procedura più “neutra”, meno invasiva anche fisicamente rispetto all’integrità del feto, e quindi meno stigmatizzabile. Dopo i vantaggi, ecco le preoccupazioni, incentrate su tre temi: la necessità che il risultato sia accurato come quello dato dal prelievo invasivo; se così non fosse la preferenza andrebbe senza dubbi al test invasivo, anche se più tardivo. Il rischio di prendere il prelievo troppo superficialmente perché va nel “pacchetto” dei test che la donna esegue all’inizio della gravidanza; infine il timore, proprio perché è procedura semplice, che la famiglia, la sanità e la società esercitino pressioni più o meno esplicite perché la donna lo esegua, pressioni a cui potrebbe essere difficile sottrarsi. Infine, le preferenze espresse sulle modalità d’offerta del test sono state molto coerenti rispetto alle preoccupazioni: le informazioni su NIPD devono essere date solo da personale specializzato (genetista, consulente genetico, medico esperto della malattia in questione), che devono avere un colloquio diretto con la donna prima e dopo il prelievo. Il ruolo del medico curante (General Practicioner, in Inghilterra figura molto attiva e molto presente) in questo ambito viene visto solo come contatto informativo iniziale. Nota importante: le donne hanno suggerito di lasciare del tempo per decidere se fare o non fare il test, vale a dire non proporlo il giorno stesso in cui sarebbe fattibile, proporlo e differire l’appuntamento per la sua eventuale esecuzione.

CONCLUSIONI E COMMENTI

Quello che emerge da questo campione di risposte è un atteggiamento molto equilibrato delle donne che in futuro potrebbero utilizzare la NIPD; vantaggi e svantaggi sono da loro riportati in maniera obiettiva. Il riscontro di questo atteggiamento può bilanciare il timore che vi possa essere una corsa irragionevole e superficiale al prelievo di sangue per la NIPD, timore che sembra appartenere più ai sanitari che ai possibili utenti. Utenti che, d’altro canto, chiedono una cosa fondamentale, e cioè quella di essere tutelati nella capacità di prendere decisioni da un’adeguata messa a disposizione delle informazioni da parte dei tecnici. Le donne capiscono molto bene che senza informazioni i rischi della NIPD sono maggiori dei benefici; ma avendo queste, sono in grado di decidere in maniera molto consapevole.

Pensando di fare cosa utile riportiamo le informazioni che le donne di questa ricerca hanno segnalato come indispensabili nell’approccio a NIP (la maggior parte di queste informazioni sono quelle da chiedere anche in caso di villocentesi e/o amniocentesi): scopo del test, accuratezza del test, come funziona il test, come si svolge, che cosa significa il risultato, quando e come viene dato il risultato, vantaggi e svantaggi del test e informazioni sulle alternative, probabilità di dover ripetere il prelievo di sangue, probabilità di dover eseguire una diagnosi prenatale invasiva per confermare il risultato, che cosa succede dopo, dove andare per altre informazioni e supporto.

1) Hill M, Compton C et al. “Client views and attitudes to non invasive prenatal diagnosis for sickle cell disease, thalassemia and cystic fibrosis”. J Genet Counsel 2014 May 3