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Io odio la fibrosi cistica

perché la passeggiata in montagna con Flavia non durerà mai più di 300 metri.

Flavia è stata la prima persona con fibrosi cistica che abbia incontrato. L’ho conosciuta a Forno di Zoldo, in un paesino immerso nel verde delle montagne. Abbiamo passato una mezz’ora insieme. Mi ha proposto di fare una camminata. Ero preoccupato perché indossavo delle scarpe da ginnastica, ma è durata 300 metri. Prima ci siamo fermati a vedere un cavallo e poi ci siamo seduti a un baretto. Ho capito che c’era qualcosa che non andava.

Aveva l’ossigeno. Lo portava sulle spalle. Era una persona vispa, piena di idee, voleva fare parapendio, ma la malattia la stava consumando dall’interno. Ho anche fatto una figuraccia: le ho chiesto se fosse in pensione. Gli avevo dato molti più anni, indipendentemente dal fatto che portasse i capelli grigi.

Max ingannava più di tutti. Sembrava un attore di Hollywood, ma tossiva come un fumatore incallito di 70 anni. Mi ha colpito il fatto che fisicamente sembrasse perfetto, ma aveva bisogno di mille attenzioni strane, per un ragazzo della sua età: il bagno privato in camera, il letto sollevato da terra, condizioni igieniche al limite della sterilizzazione, la necessità di un’alimentazione costante e in quantità impressionanti. Impazziva se non mangiava abbastanza e quello che desiderava. Se ci passi del tempo te ne accorgi eccome della malattia.

E poi la ragazza di vent’anni piegata su se stessa, di una magrezza esasperata. In due ore avrà mangiato sì e no un quarto di pizza. Aveva mani che non avevo mai notato prima: con le unghie gonfie, bombate e le estremità delle dita deformate, più larghe rispetto alle falangi.

Questi ragazzi sono pieni di entusiasmo e di propositi, hanno tanta voglia di fare, ma li ho visti faticare molto. Mi hanno lasciato l’impressione di persone che non hanno ancora avuto l’opportunità di vivere, ma che vogliano iniziare a farlo sul serio.

Mirko, 42 anni, impiegato

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