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Io odio la fibrosi cistica

perché porta via i figli prima dei padri.

Di fibrosi cistica non avevo mai sentito parlare. Non sapevo cosa fosse. Un giorno, nella palestra dove avevo iscritto mia figlia, trovai dei cuori fatti a mano applicati su delle bacchette. La cura con cui erano stati realizzati mi colpì. Volevo sapere da dove venissero. «Li fa una mamma con una figlia affetta da fibrosi cistica», mi venne risposto.

Ho portato i primi cuori in ufficio e li ho distribuiti tutti. «Altri 20 me ne servono», dissi alla signora della palestra. Quando ne chiesi 20 ancora, erano finiti. Allora mi diede il numero di Michela. «Io ti vorrei aiutare – le dissi. Desidero avere altri cuori per i miei colleghi». Non sapeva come ringraziarmi. Ci siamo incontrate ed è stato amore a prima vista. Mi ha dato il suo sorriso e la confidenza. Mi ha colpito la sua umiltà, che avesse davvero piacere di conoscermi e di ringraziarmi. Da allora, mi butto a capofitto in tutte le attività che fa, per il tempo che mi resta, perché mio marito è in marina, lavoro, abbiamo due figli e c’è da stare appresso a tante attività.

Giada, la figlia di Michela, mi ha trasmesso un amore per la vita che non avevo. Mangiare un gelato, una pizza in compagnia, danzare sono diventate cose meravigliose. La vita non mi era mai parsa così bella prima di conoscerla. Quando vado all’ospedale di Messina ed entro in quella stanza, Giada mi presenta il suo salotto e mi fa vedere un panorama splendido. È un gioco, un modo di affrontare la vita col sorriso. Ricevo tanto da loro. Ricambio donando il mio tempo.

Ho voluto sapere cosa fosse la fibrosi cistica solo successivamente. Michela me l’ha spiegato e ci sono rimasta male, perché è una malattia genetica dalla quale ancora non si può guarire ed è mortale. La quantità di medicine che prende Giada ovunque si trovi, l’armadio pieno di farmaci, i ricoveri lunghi infiniti e le cure continue, anche appena uscita dall’ospedale, fanno venire da chiedersi: ma si deve vivere sempre così, senza avere una speranza? Devo continuare a sentire che se ne sono andati ragazzi di 16 anni? Se potessi davvero regalare a Giada parte dei miei anni di vita lo farei subito.

Mi stanno a cuore tutti i genitori come Michela, con un grande dolore nascosto da un grande sorriso. Siamo tutte mamme a darle una mano. Io lo faccio per amore. Perché sento che queste persone hanno bisogno di aiuto. Vedo la trasparenza con cui operano e credo che sostenendo la ricerca ce la faremo a trovare una soluzione. Non lo faccio neanche per mia sorella, che ha la sclerosi multipla, perché comunque si vive con quella malattia. Con la fibrosi cistica no. Mi ha colpito una mamma che è venuta a trovare Michela e Giada in ospedale a Messina. Aveva perso una figlia in quel reparto ed è tornata nonostante il suo immenso dolore. Quando vedo queste cose il cuore mi scoppia. Michela è sola, la notte non dorme. Vorrei fare di più. Io non so se dormirei con i suoi pensieri e se ce la farei a fare quello che fa lei. Se uniamo le forze, una gocciolina alla volta, possiamo fare tanto.

Adriana, due volte mamma

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