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10 Giugno 2005

Batteri e acqua di casa

Autore: Gianpaolo
Argomenti: Ambiente, Batteri
Domanda

Mi è sempre stato detto, e lo so per certo, che l’acqua è un ottimo conduttore di batteri e quindi, per chi è malato di fibrosi cistica (mia figlia) non è qualcosa di positivo (vedi Pseudomonas e altri batteri). Non è meglio installare in casa un impianto di trattamento d’acqua sia per uso alimentare che per farsi una doccia? Basterebbe un filtro osmosi e una lampada UV per eliminare il 99,999 % dei batteri. Io lavoro su un impianto con cui produciamo acqua ultrapura e so cosa è presente dentro l’acqua (potabile).

 

Risposta

Le modalità di acquisizione dei germi patogeni della fibrosi cistica (FC) non sono ancora ben note. Per quanto riguarda Pseudomonas aeruginosa, il patogeno più importante e prevalente nella popolazione FC, la fonte potrebbe essere l’ambiente o un altro paziente FC o apparecchiature contaminate per la terapia respiratoria, fiale di farmaci o altri oggetti contaminati dal germe patogeno. Per ciò che concerne il Burkholderia cepacia complex, poiché le misure di segregazione hanno contribuito a ridurre ma non ad eliminare la nuova acquisizione dei germi nei pazienti FC, si pensa che sia possibile una loro acquisizione dall’ambiente esterno e/o attraverso contatti al di fuori dall’ambiente di cura. Gli studi finora pubblicati su tale argomento suggeriscono che, data l’ampia diffusione di questi microrganismi nell’ambiente, è possibile una loro acquisizione dall’ambiente. P. aeruginosa e B. cepacia complex sono, infatti, microrganismi ubiquitari (L. Eberl and B. Tümmler (2004) Pseudomonas aeruginosa and Burkholderia cepacia in cystic fibrosis: genome evolution, interactions and adaptation. International Journal of Medical Microbiology 294 (2004) 123-131). P. aeruginosa è un batterio che predilige gli ambienti umidi e tiepidi contenenti materiale organico o contaminati da rifiuti animali ed umani, le piante, le acque stagnanti, le vasche e le piscine non trattate con cloro. Il Burkholderia cepacia complex è costituito da nove specie batteriche diffuse nelle più svariate nicchie ecologiche, quali il suolo, le acque di fiume, l’apparato radicale di numerose piante di interesse agronomico.

Il ruolo dell’ambiente esterno e dell’ambiente domestico nell’acquisizione dei patogeni classici della FC deve essere definito con certezza e i “reservoirs” naturali dei germi devono essere meglio precisati. Abbiamo a disposizione a tutt’oggi poche informazioni su questo argomento. E’ stato riportato che le vasche per l’idroterapia e per l’idromassaggio sono ambienti a rischio per le persone con FC perché la combinazione di acqua, calore, aerazione e contaminazione umana ostacola una adeguata disinfezione, fornendo invece le condizioni di sviluppo ideali per P. aeruginosa. Per quanto riguarda l’ambiente domestico ed, in particolare l’acqua del rubinetto, bisogna sottolineare che, oggi, la stragrande maggioranza degli Italiani riceve acqua potabile trattata tramite acquedotti, per cui abbiamo una delle più basse incidenze di malattie serie di origine idrica del mondo. I Dipartimenti di Prevenzione delle ASL controllano continuamente gli acquedotti. Prima di lasciare gli impianti di trattamento, l’acqua potabile passa attraverso alcuni trattamenti destinati a rimuovere batteri nocivi, virus e protozoi, mediante processi di filtrazione e di disinfezione. La clorazione è il metodo principale per disinfettare l’acqua per uso potabile. Il cloro è un agente semplice, efficace, ancora relativamente poco costoso, utilizzato per la distruzione di microrganismi nocivi e la soppressione della crescita delle alghe. Inoltre, in seguito al suo uso, rimangono nell’acqua piccole quantità di cloro che continuano a prevenire la contaminazione microbica lungo i sistemi di distribuzione dell’acqua.

Per quanto riguarda i dati di letteratura riguardanti l’acqua come potenziale fonte di acquisizione di patogeni FC, è importante sottolineare che nessuna delle nove specie del B. cepacia complex è stata trovata nell’acqua di rubinetto (prelevata 15 secondi dall’apertura del rubinetto), nell’acqua minerale in bottiglia e nell’acqua di sorgente (Karen Vermis, Mariya Brachkova, Peter Vandamme, and Hans Nelis Isolation of Burkholderia cepacia complex from waters (2003) System. Appl. Microbiol.26 (2003), 595-600). In uno studio in cui sono state prese in esame 102 abitazioni di pazienti FC (Regnath et al. 2004 Prevalence of Pseudomonas aeruginosa in households of patients with cystic fibrosis Int. J. Hyg. Environ. Health. 207 (2004); 585-588), P. aeruginosa è stato trovato nelle tubazioni di drenaggio di docce (39.6%), toilets (34.7%), lavandini (35.0 %) e bagni (26.5%). Gli autori, comunque, devono ancora dimostrare con indagini molecolari se gli isolati trovati nell’ambiente domestico presentano lo stesso genotipo dei batteri che colonizzano le vie respiratorie dei pazienti FC. Questo studio molecolare favorirà certamente la nostra comprensione del ruolo dell’ambiente domestico nell’acquisizione di ceppi patogeni FC.

Per quanto riguarda la domanda posta “Non è meglio installare in casa un impianto di trattamento d’acqua sia per uso alimentare che per farsi una doccia?”, occorre evidenziare quanto segue: considerato, anche alla luce di quanto sopra detto, che è poco probabile che l’acqua del rubinetto possa rappresentare una sorgente di trasmissione di germi patogeni FC, non è possibile ad oggi dare una risposta precisa in quanto mancano allo stato attuale degli studi che abbiano accertato la necessità di installare in casa un impianto di trattamento dell’acqua. Considerate le conoscenze che oggi si hanno sull’acquisizione ambientale di P. aeruginosa e B. cepacia complex, le attenzioni maggiori dei pazienti e dei loro familiari dovrebbero essere indirizzate soprattutto a prevenire l’acquisizione dei germi seguendo le linee-guida esistenti (Buzzetti R, Braggion C, Festini F, Mastella G, Salvatore D, Taccetti G, et al., Controllo e prevenzione delle infezioni respiratorie nel paziente affetto da fibrosi cistica. Analisi e revisione critica della letteratura. Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica editore. Verona 2005). La sorveglianza microbiologica non può riguardare esclusivamente l’ambiente di cura ma deve essere estesa anche all’ambiente esterno: la conoscenza dei rischi di infezione contratta dall’ambiente “esterno” è indispensabile per mettere in atto adeguate misure di prevenzione.

Dott.ssa Annamaria Bevivino, Ricercatrice microbiologa, ENEA Casaccia – UTS BIOTEC-GEN – S.ta Maria di Galeria, Roma

Nota di redazione.
Non andrebbe comunque dimenticato che il problema fondamentale nelle persone con fibrosi cistica, anche se non in tutte, è che certi germi attecchiscono nell’albero respiratorio e possono diventare per esso dannosi, perché ci sono delle condizioni favorenti legate al difetto di base della malattia. Quanto raccomandato dalla Dr.ssa Bevivino sulla sorveglianza ambientale è certamente importante. Tuttavia potrebbe non essere determinante il rischio di incontrare nell’ambiente domestico o altri ambienti (l’aria, la terra, le piante, i prati, etc), che non possiamo guardare come minacciosi ed ostili, qualche batterio, abitualmente innocuo ma potenzialmente patogeno per le persone con FC. Fondamentale invece è mantenere al massimo condizioni di efficienza dell’organismo che gli consentano di difendersi da batteri con cui comunque veniamo in contatto. L’acqua di casa è forse l’ultimo problema di cui preoccuparsi.

 

G. M.


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