Sei in Home . Informati . Domande e Risposte . Ipofertilità nelle donne FC

8 Agosto 2006

Ipofertilità nelle donne FC

Autore: Giovanna
Domanda

Sono una ragazza di 26 anni affetta da FC. Da due mesi io e il mio compagno stiamo cercando di avere un figlio ma con esito negativo. Ho paura che il problema sia il muco cervicale troppo denso . Vorrei sapere se il problema del muco cervicale denso è rinscontrato in tutte le donne fc o solo in una parte e vorrei anche sapere se le donne che hanno avuto figli hanno avuto più difficoltà a rimanere incinte rispetto a donne sane, cioè se ci è voluto più tempo. La procreazione assistita può far superare il problema del muco cervicale? Qual è la percentuale di riuscita? Vi ringrazio.

 

Risposta

Innanzitutto una precisazione importante: secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si parla d’infertilità di coppia quando una coppia non riesce a procreare dopo 12-24 mesi di rapporti volutamente fecondi. E, sempre secondo i dati dell’OMS, nelle coppie sane la donna avvia una gravidanza dopo un periodo che è in media di circa 6-8 mesi di rapporti fecondi.

Si stima oggi che nei paesi industrializzati circa il 10-15% delle coppie abbia problemi d’infertilità, con una incidenza dell’anomalia che è uguale per gli uomini e le donne. È ormai abbastanza diffusa presso la comunità scientifica la classificazione delle cause d’infertilità diagnosticate come patologia dell’uomo (30% dei casi), della donna (35%) o di entrambi (33%); come pure il consiglio di non avviare indagini prima che sia trascorso un periodo sufficiente (almeno un anno) perché la natura faccia il suo corso.

Premesso questo, diciamo che per la donna FC si parla di ipofertilità e non di infertilità. Nella donna FC, infatti, generalmente l’apparato riproduttivo (ovaio, tube e utero) e i meccanismi ormonali che portano all’ovulazione sono normali (solo se ha un peso molto basso e scadenti condizioni generali viene a cessare l’ovulazione). Nonostante questo, un certo numero di donne FC ha difficoltà ad avviare una gravidanza: si parla quindi di diminuita fertilità o fertilità più bassa rispetto alle donne sane.

Non si sa quante donne FC presentino questo problema (1). Perché? Perché una ricerca seria in questo campo inquisirebbe aspetti profondi e riservati, connessi ai comportamenti sessuali, delle persone con questa malattia ed è quindi molto difficile da farsi; perché molte donne con FC scelgono di non avere figli e quindi, avendo una normale vita sessuale, adottano sistemi contraccettivi; perché sarebbe necessario conoscere tutte le gravidanze, non solo quelle desiderate o programmate, ma anche quelle che hanno come esito un aborto, spontaneo o volontario (un’inchiesta strettamente confidenziale svolta di recente in un grosso Centro FC inglese ha rivelato un numero sorprendentemente alto di aborti spontanei e volontari dei quali il team assistenziale FC non era al corrente, comunicazione personale, F. Edenborough).

Per queste ragioni ancora oggi non sappiamo quale sia la reale fertilità biologica delle donne FC, vale a dire quante siano le donne FC che vogliono avere un figlio e non ci riescono per vie naturali, né tantomeno sappiamo se quelle che ci riescono ci mettono più tempo a rimanere incinte rispetto alle donne sane (2, 3). Viene continuamente citata una vecchissima ricerca (risalente al 1973) in cui un gruppo di donne FC era stato paragonato ad un gruppo di donne sane e il tasso di gravidanza (numero di gravidanze per donna per anno) delle prime era risultato inferiore del 20% rispetto alle seconde (4).

Sempre negli anni 70, è stata avanzata l’ipotesi della particolare densità del muco cervicale come possibile spiegazione dell’ipofertilità (5). In effetti nelle donne sane il contenuto in acqua del muco del canale cervicale (si chiama canale cervicale la parte inferiore dell’utero comunicante con la vagina) varia durante il ciclo mestruale, raggiungendo il massimo (e conferendo quindi al muco una particolare fluidità) al momento dell’ovulazione: questo favorisce il passaggio e la risalita degli spermatozoi fino a livello della tuba uterina, dove in genere si trova l’ovocita, che viene così fertilizzato.

Nelle donne con FC invece il muco cervicale non presenta questi cambiamenti ciclici nel livello di idratazione (e il fatto è diagnosticabile attraverso un esame del muco stesso nei giorni immediatamente precedenti l’ovulazione). Ma non si sa con certezza se questa caratteristica sia presente in tutte le donne FC e non si sa quanto essa rappresenti un impedimento alla gravidanza, agendo come barriera meccanica al passaggio degli spermatozoi. Vi sono donne FC con muco cervicale denso che lo stesso, dopo un certo periodo di rapporti fecondi, hanno avuto gravidanza e figlio senza che fossero avviati interventi diagnostici o terapeutici particolari (G. Borgo, dati personali).

Si sa di donne FC che hanno avuto una gravidanza dopo aver eseguito una indagine (prevista fra le indagini da eseguire quando si cercano le cause dell’infertilità femminile) che è chiamata isterosalpingografia : essa serve per conoscere se utero e tube sono pervie e si esegue iniettando in questi organi un mezzo di contrasto. Questo può aiutare la donna con FC perché in questo modo si sbloccano le tube che potrebbero anch’esse essere ostruite dal muco. Mentre invece farmaci usati come mucolitici nel tentativo di modificare la densità del muco cervicale non hanno accettabili evidenze scientifiche a supporto della loro reale utilità (fertilityplus.org/fac/cm.html ).

Probabilmente non è solo la scarsa idratazione del muco cervicale, correlata all’alterato funzionamento del gene CFTR, ad essere in gioco; di recente è stato dimostrato che, sempre per effetto del gene difettoso, il fluido prodotto dalle cellule della parete interna dell’utero ha un basso contenuto di bicarbonato e che questo riduce la capacità degli spermatozoi di fertilizzare l’ovocita (6). L’impressione quindi è che molti aspetti di quest’argomento siano ancora poco noti; e che vi sia la necessità di riesaminare le vecchie ipotesi, dato che il numero di donne con FC che stanno bene e pensano ad un figlio è sempre più in aumento. È possibile quindi che nei prossimi anni ci siano risposte più precise a quello che ancora non conosciamo.

Se comunque dovesse arrivare il momento di avviare delle indagini, è importante affidarsi a mani esperte. L’ideale sarebbe una collaborazione fra il team FC e il ginecologo del Centro, esperto in infertilità e in tecniche di procreazione assistita. Queste tecniche offrono buone probabilità alla donna FC di avere un figlio (non conosciamo ancora un preciso tasso di successo perché mancano ancora dati su casistiche ampie); bisogna essere ben informati su quali esse siano e che cosa prevedano, perché vi è una profonda differenza, sotto molteplici aspetti, fra una inseminazione in utero e una fertilizzazione in vitro.

Comunque il ricorso ad esse non è eccezionale: un’indagine del 2002 nelle donne FC svedesi e norvegesi ( 7) indicava che su 80 gravidanze 12 erano state ottenute con procreazione assistita, e precisamente 7 con inseminazione intrauterina e 5 con fertilizzazione in vitro.

Nota. Altre informazioni sull’argomento si possono trovare su questo sito in: “Domande e Risposte” Infertilità femminile09/11/2004

1) Edenborough FP “Women with cystic fibrosis and their potential for reproduction” Thorax 2001; 56:649-655
2)Hilman BC “Pregnancy in patients with cystic fibrosis” Clin Obstet Gynecol 1966; 39 (1):70-86
3) Kotloff RM et all “Fertility and pregnancy in patients with cystic fibrosis ” Clin Chest Med 1992; 134:623-635
4) Kopito LE et all “Water and electrolytes in cervical mucus from patients with cystic fibrosis” Fertil Steril 1973; 24:512-516
5) Oppenheimer EA et all “Cervical mucus in cystic fibrosis: a possible cause of infertility ” Am J Obstet Gynecol 1970;108:673-674
6) Chan HC “Critical role of CFTR in uterine bicarbonate secretion and the fertilizing capacity of sperm” Mol Cell Endocrinol 2006; 250 (1-2) :106-13
7) Odegaard I et all “Prevalence and outcome of pregnancies in Norwegian and Swedish women with cystic fibrosis ” Acta Obstet Gynecol Scand 2002; 6: 689

 

G. Borgo


Se hai trovato utile questa risposta, sostieni la divulgazione scientifica

Dona ora