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3 Aprile 2017

Burkholderia gladioli: un batterio emergente in FC

Autore: Vittorio
Argomenti: Batteri
Domanda

Ho una forma molto lieve di fibrosi cistica (mutazioni R347P e 2789+5G>) e finora l’unica cosa che ho dovuto fare è avere uno stile di vita sano (ho 50 anni). Purtroppo nell’ultimo espettorato è stato isolato il batterio Burkholderia gladioli, anche se io continuo a stare bene e a non avere alcun sintomo. Vorrei sapere a quali problemi posso andare incontro, quale tipo di presidio medico conviene adottare e che tipo di differenza c’è tra questo tipo di Burkholderia e gli altri, nonché in quale modo posso aver contratto questo germe. Grazie.

Risposta

Il genere Burkholderia comprende specie strettamente correlate tra loro e a volte difficilmente distinguibili. A tale genere appartengono varie specie, fra cui quelle del tristemente noto Burkholderia cepacia complex (BCC), responsabile nel recente passato di epidemie ed elevata mortalità in alcuni centri FC.
Burkholderia gladioli è un germe Gram negativo da non confondersi con le specie del Burkholderia cepacia complex, del quale non fa parte. B. gladioli è da considerarsi come una specie a sé, con caratteristiche sia infettive che epidemiologiche diverse.
B. gladioli è conosciuto come patogeno delle piante (principalmente gladioli, iris e riso), ma è stato descritto anche in quadri di patologia umana. È responsabile di infezioni in soggetti con vari tipi di immunocompromissione, in neonati pretermine affetti da patologie o in individui affetti da FC.
Pur essendo considerato come patogeno emergente in FC, B. gladioli è stato isolato piuttosto raramente nel corso degli ultimi anni. La sua prevalenza non è di solito riportata nei registri di patologia FC. Solo il registro nord americano fa menzione di questo patogeno, isolato in 99 su 29.000 pazienti nel corso dell’anno 2015. Dati sulla prevalenza di B. gladioli non vengono riportati nel registro di patologia europeo e nel registro del Regno Unito.

La bassa prevalenza di questo patogeno ha raramente consentito studi microbiologici o di epidemiologia. Gli studi pubblicati indicano come l’acquisizione avvenga prevalentemente dall’ambiente, in maniera analoga a quanto si verifica per gli altri Gram negativi non fermentanti (P. aeruginosa, A. xylosoxidans, S. maltophilia e Burkholderia cepacia complex). Talora è stata descritta un’acquisizione negli ambienti di cura. In alcuni casi tuttavia, a una più attenta riconsiderazione, tali episodi infettivi erano sostenuti non tanto da B. gladioli ma da B. cenocepacia, una diversa specie appartenente al Burkholderia cepacia complex. Le problematiche connesse con l’erronea l’identificazione sottolineano l’importanza che ha il laboratorio di microbiologia nei confronti di questo patogeno.
Anche se quadri di infezione cronica sono descritti, spesso B. gladioli può dare delle infezioni transitorie, soprattutto quando l’isolato è un ceppo suscettibile agli antibiotici. Per quanto riguarda la suscettibilità agli antibiotici, i risultati degli studi sono contrastanti ma in molti casi i ceppi batterici appaiono suscettibili ad aminoglicosidi, chinolonici, piperacillina e carbapenemici. Indicazioni più precise devono ovviamente essere basate su studi di microbiologia condotti sul singolo isolato batterico.

Anche se sono state riportate infezioni crociate, gli studi più importanti e su più ampia casistica riguardanti B. gladioli hanno dimostrato che i pazienti erano infettati da ceppi genotipicamente distinti. Considerata la bassa prevalenza del germe, l’impatto di B. gladioli sul decorso della malattia di base non è facilmente precisabile, anche se in fase pre-trapianto sembra meno impegnativo rispetto a infezioni sostenute da specie appartenenti a Burkholderia cepacia complex. Le strategie da adottare nei confronti dell’infezione da B. gladioli non sono stabilite con certezza, ma vanno adattate in base alla condizione clinica del paziente. Può essere giustificato il ricorso all’uso tempestivo di antibiotici al momento del primo isolamento del germe, ma il tentativo di eradicazione è basato non tanto su evidenze scientifiche quanto su linee di comportamento generali in FC o su singole esperienze.

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Dr Daniela Dolce, Dr Mattia Giovannini, Dr Giovanni Taccetti - Centro Regionale Toscano per la Fibrosi Cistica, Osp. Meyer, Firenze


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