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14 Dicembre 2004

Compromissione epatica in FC

Autore: Barbara
Argomenti: Complicanze
Domanda

Vorrei sapere se ad oggi sono allo studio delle cure riguardo alla compromissione epatica in fc. Grazie Barbara.

Risposta

La compromissione epatica è un evento abbastanza frequente nella fibrosi cistica: fino al 20% dei malati adolescenti. Tuttavia solo in pochi casi si giunge ad una situazione grave che compromette seriamente la salute e la vita dei pazienti. La complicanza è dovuta al ristagno di bile densa nei canalicoli biliari, dovuto al difetto di CFTR, e alla caratteristica della bile stessa di essere piuttosto acida e concentrata in alcuni sali biliari che hanno una certa tossicità per le cellule epatiche. Ne consegue lo sviluppo di una cirrosi epatica (produzione di tessuto fibroso che limita e strozza il tessuto epatico). L’evoluzione peggiore di tale condizione è lo sviluppo di “ipertensione portale”: aumento di pressione nella vena porta e nel sistema venoso intestinale da essa dipendente (il sistema che porta tutto il sangue dei visceri addominali al fegato), da cui derivano una serie di conseguenze, la principale delle quali è la tendenza alle emorragie gastroesofagee. Nella maggior parte dei casi colpiti da epatopatia tuttavia la cirrosi è modesta e interessa porzioni minime del fegato mentre i segni di malattia non sono clinicamente evidenti ma solo misurabili con qualche esame chimico (aumento di alcuni enzimi epatici, in particolare GGT e ALP).

Per prevenire l’evoluzione maligna dell’epatopatia è stato proposto l’impiego di acido ursodeossicolico (UDCA). Si tratta di un acido biliare prodotto dall’industria farmaceutica, che avrebbe la funzione di aumentare la secrezione biliare e di proteggere le cellule epatiche contro la tossicità di alcuni acidi biliari prodotti dall’organismo, che vengono accumulati nei dotti biliari in caso di ritenzione biliare. Alcuni studi clinici di medio termine sono stati condotti alcuni anni fa con questo farmaco, tra cui due studi italiani (Merli M et al. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 1994;19:198-203. O’Brien SM et al. Eur J Gastroenterol Hepatol 1996;8:477-83. Colombo C et al. Hepatology 1996;23:1484-90).

Una revisione critica di questi studi, e di altri di minore rilevanza metodologica, ha portato a concludere che a tuttoggi non vi sono sufficienti prove per raccomandare l’uso routinario di questo farmaco per curare o prevenire l’epatopatia CF (Cheng K, Ashby D, Smith R. The Cochrane Database of Systematic Reviews- 25 Februray 2004). Il farmaco ha sicuramente una sua valenza terapeutica degna di essere studiata e appare nel complesso ben tollerato ma necessitano studi controllati di lungo termine per stabilire se esso abbia un effettivo ruolo nel prevenire serie complicanze epatiche.

La Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica sta finanziando un interessante progetto mirato allo sviluppo di trattamenti specifici dell’epatopatia CF (Strazzabosco M. Pathogenesis and Treatment of Cystic Fibrosis Related Liver Disease, Prog FFC 11/2003). In questo studio è stato sinora trovato che la glibenclamide, un composto abitualmente usato nella terapia del diabete, è capace di stimolare il flusso biliare nei dotti biliari. Inoltre nei dotti biliari di topi CF la glibenclamide sarebbe in grado di ristabilire un flusso normale di bile. Lo stesso studio sta cercando di identificare il meccanismo di azione dell’acido ursodeossicolico, con lo scopo di meglio definirne le potenzialità terapeutiche.

G. M.


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