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9 Ottobre 2006

Diagnosi prenatale e Diagnosi genetica preimpianto

Autore: Nina
Domanda

Ho avuto il primo figlio con fibrosi cistica, in seguito ho dovuto interrompere due gravidanze, poiché l’ esito della villocentesi é stato positivo. Visti i metodi traumatici in cui si incorre, a causa dei tanti obiettori che lavorano presso strutture pubbliche in cui c’é il reparto per le I.V.G., lo stress cui sono andata incontro, nonostante si sia trattato di una decisione molto difficile, è stato enorme. Sottoposta a visita psichiatrica, con tanto di ospite occupato a farsi una flebo nella stessa stanza, dove parlavo dei motivi della visita (alla faccia della privacy), lasciata come un animale nel letto dove doveva avvenire senza alcun aiuto l’espulsione del feto, dopo essermi introdotta da sola le candelette. Fiduciosa e desiderosa di avere un secondo figlio, volevo avere notizie su come aggirare questo iter. Grazie.

 

Risposta

Episodi come quelli descritti meriterebbero di essere conosciuti da parte di chi ha il compito istituzionale di supervisionare il buon funzionamento delle strutture sanitarie. Purtroppo crediamo che non siano nemmeno tanto infrequenti. Modalità e procedure relative all’interruzione volontaria di gravidanza sono regolate dalla legge 194/78 (1); e sono molto diverse a seconda che l’interruzione avvenga prima o dopo le dodici settimane (= il primo trimestre) di gravidanza. Per questo, nel caso di una gravidanza a rischio elevato di fibrosi cistica, se la coppia ha maturato l’orientamento a interromperla nel caso di presenza di malattia, è sempre molto importante rivolgersi precocemente ai curanti e al centro presso cui avverrà la diagnosi prenatale, in modo che sia le fasi sia i tempi dell’intera procedura siano programmati con attenzione e se possibile contenuti entro le dodici settimane di gestazione, oltre le quali le modalità sono quelle così drammaticamente descritte .

La legge 194 /78 definisce anche le possibilità dell’astensione alle procedure dell’interruzione per il personale sanitario che sollevi obiezione di coscienza. Le possibilità d’astensione non dovrebbero interferire con il funzionamento della struttura secondo standard minimi assistenziali, che sono prerogative di un servizio pubblico e (dovrebbero) essere indipendenti dal credo religioso e dalle motivazioni etiche della persona interessata: il rispetto per il dolore, il rispetto della privacy, l'”umanità” del trattamento nei confronti della donna che ha fatto la scelta dell’interruzione. Succede invece che la donna sia vittima due volte, una prima volta della sorte ( per la coppia di portatori del gene CFTR vi è il 25% di probabilità di un feto affetto da FC ad ogni gravidanza) e una seconda volta del giudizio e della condanna da parte degli operatori sanitari obiettori, ai quali non basta astenersi, ma viene facile “in aggiunta” esprimere questo giudizio con modalità indirette che si traducono in definitiva in un’assistenza inadeguata.

Abbiamo già trattato il tema della Diagnosi Genetica Preimpianto: nella risposta del 23/1/06 “Dopo un figlio malato, il desiderio di un altro figlio purchè sano”, in quella del 2/2/05 “Fecondazione assistita, diagnosi genetica preimpianto e legge 40” e del 5/6/06 “Diagnosi prenatale per una coppia che ha già avuto un figlio malato”.

Diagnosi Genetica Preimpianto significa che la diagnosi di una malattia genetica come la FC viene realizzata su embrioni ottenuti in provetta attraverso gli ovociti e gli spermatozoi della coppia (= procreazione medicalmente assistita o, più comunemente, fecondazione in provetta). Solo gli embrioni che in base alla diagnosi genetica risultano non affetti da FC vengono impiantati nell’utero della donna. Per questo è chiamata “diagnosi preimpianto” e, per chi è orientato a questa scelta, permette di evitare il rischio dell’interruzione di una gravidanza già avviata e diagnosticata patologica . Bisogna dire che è una procedura complessa, con aspetti delicati descritti nei dettagli nelle risposte già pubblicate e da valutare attentamente con l’aiuto di esperti.

Per quanto riguarda le norme esistenti, secondo la legge 40/2004 (2) attualmente in vigore, solo le coppie infertili possono accedere ad una fecondazione in provetta. Quindi, secondo questa legge, in Italia le coppie di portatori FC, che sono fertili, non possono utilizzarla. Del resto, se anche potessero ricorrere ad una fecondazione in provetta, poiché secondo la legge 40/2004 tutti gli embrioni derivati dalla fecondazione vanno trasferiti in utero, non è permessa la diagnosi di nessuna malattia genetica. Per questo, da quando la legge è andata in vigore vi è stato un notevole ricorso da parte delle coppie italiane ai centri specializzati presenti nei paesi che si sono dati leggi diverse su questa materia.

1) www.mpv.org
2) www.parlamento.it

 

G. Borgo


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