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2 Novembre 2021

È possibile che i farmaci modulatori perdano efficacia nel tempo? Per rispondere sono necessari studi indipendenti post-marketing

Autore: Federica
Domanda

Buongiorno, sono la mamma di una bambina con mutazione F508del omozigote. Chiedevo un quesito sul medicinale Kaftrio. È possibile, oppure è prevedibile una perdita di efficacia nel tempo? O in teoria, per come è stato sviluppato il medicinale, è difficile che il corpo si abitui e quindi perda efficacia? (Come accade per altre medicine in altre malattie) Grazie.

Risposta

La domanda ha sollevato una questione centrale. Per i modulatori non si pone un problema di assuefazione con necessità di aumentare il dosaggio, come è il caso dei farmaci oppiacei. Esiste però la possibilità che l’impatto di un farmaco si riduca nel tempo. Ciò è stato evidenziato per gli antibiotici per via inalatoria: se si valuta l’incremento di FEV1 in rapporto alla somministrazione per un ciclo di 28 giorni ma, soprattutto, per più cicli di terapia antibiotica per via inalatoria si osserva nel tempo un incremento sempre minore di questo parametro fino a una non variazione. Ciò ha portato a modificare la strategia, alternando spesso tra loro gli antibiotici per via inalatoria usati. Ciò avviene non tanto in relazione allo sviluppo di resistenze dei batteri agli antibiotici ma ai processi nel tessuto polmonare sui quali agisce l’antibiotico: ciò è poco noto e poco studiato ma avviene probabilmente una sorta di adattamento nel circolo vizioso infezione-infiammazione polmonare al nuovo farmaco che ne rende meno evidenti i benefici ottenuti inizialmente.

Tornando ai modulatori, le informazioni raccolte sui primi due anni di terapia con questi farmaci non mostrano una riduzione degli effetti sulla funzione polmonare o variazioni del profilo di sicurezza. Ma per rispondere al quesito occorre che vi siano studi indipendenti che valutino nel medio e lungo-termine (oltre i due anni di terapia) il profilo di efficacia e di sicurezza dei nuovi farmaci. Ciò è compito della ricerca post-marketing, che può essere fatta attraverso i registri di patologia, già molto attivi per la fibrosi cistica, ma soprattutto da studi indipendenti: si tratta di una priorità della ricerca clinica per rispondere al quesito se i nuovi modulatori modificheranno e come l’andamento della malattia nei prossimi anni.

Dott. Cesare Braggion, Direzione scientifica FFC Ricerca


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