Se abbiamo capito correttamente, il quadro è questo: il marito è risultato
portatore di una mutazione
CFTR, nota con il nome corrente di G85E. Per la donatrice: secondo le
Linee Guida approvate da importanti società scientifiche, nella scelta di un donatore si devono valutare il buono stato di salute e l’
assenza di anomalie genetiche note. Per questo motivo, i donatori di spermatozoi e ovociti devono sottoporsi a una valutazione genetica che comprende l’analisi del cariotipo, il test per rilevare lo
stato di portatore di fibrosi cistica e l’elettroforesi per la ricerca delle emoglobine patologiche. Si può procedere alla donazione solo se tali analisi non segnalano anomalie.
Esistono diversi tipi di
test genetici per identificare le mutazioni del gene CFTR nel DNA. I più semplici (detti di 1° livello) identificano le mutazioni più frequenti mentre quelli più complessi (di 2° e 3° livello) identificano un numero molto maggiore di mutazioni, comprese quelle più rare.
Va ricordato che nessun test identifica tutte le mutazioni possibili. Oggi, un test di 1° livello è in grado di identificare almeno l'85% delle mutazioni CFTR e quindi almeno l’85% dei portatori sani di tali mutazioni. Questa percentuale può variare anche di molto da regione a regione, perché a livello regionale ci possono essere mutazioni particolari non comprese nel test generale.
Riprendendo il discorso sull’ovodonazione, per quanto riguarda la fibrosi cistica è molto probabile che le donatrici di routine facciano un test genetico
di 1° livello (test di screening) che, come descritto sopra, diminuisce molto ma non esclude il rischio di essere portatrice sana di FC.
Nel
caso specifico descritto nella domanda, il problema particolare nasce dal fatto che il marito di chi ci scrive, coinvolto nella PMA, è risultato portatore di FC. E che probabilmente la donatrice ha eseguito il test di screening sul gene CFTR prima che questo risultato fosse noto.
Avendo entrambe le informazioni, sembra prudente che la donatrice esegua un
test più approfondito (2° livello) con sequenziamento diretto del gene e maggiore capacità di identificare mutazioni. Se risultasse negativa anche a questo test, il rischio di presenza di malattia fibrosi cistica negli embrioni derivati dalla sua ovodonazione e dal seme del marito portatore sarebbe
fortemente diminuito.
Infine, circa il “
matching genetico” fra il DNA del marito portatore e della donatrice: non siamo sicuri di aver interpretato correttamente la domanda. Pensiamo che si faccia riferimento a un indagine che in questi ultimi anni ha ottenuto un largo successo commerciale e viene spesso usata nei centri di PMA, anche se
non trova largo consenso scientifico. Consiste nell’applicazione di
tecniche di sequenziamento genetico (
Next Generation Sequencing), che permettono di indagare con un solo esame un ampio spettro di geni, non solo quello della fibrosi cistica. Riteniamo tuttavia che, applicandole al marito e alla donatrice, non fornirebbero nessuna informazione aggiuntiva circa la fibrosi cistica, perché i risultati più accurati si ottengono attraverso le indagine approfondite del singolo gene CFTR descritte sopra.
Consigliamo come sempre un colloquio di consulenza genetica con persone qualificate cui esporre i dubbi.