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12 Agosto 2021

Il percorso dopo un primo screening neonatale positivo

Autore: Liliana
Argomenti: Screening neonatale
Domanda

Buongiorno, sono la mamma di una bimba di 11 giorni e ho ricevuto comunicazione dall’ospedale che la mia bimba dovrà rifare lo screening neonatale per la fibrosi cistica (senza tuttavia avere notizie sul valore rilevato con il primo test eseguito al terzo giorno di vita).
Potrete comprendere lo sconcerto nel ricevere una notizia del genere, totalmente inaspettata soprattutto perché né nella mia famiglia né nella famiglia di mio marito ci sono mai stati casi nemmeno di lontani parenti affetti da FC e perché abbiamo già un bimbo di 2 anni perfettamente sano.
La bimba sta complessivamente bene, ha delle difficoltà respiratorie legate a ostruzioni nel naso ma non di carattere polmonare (quattro pediatri diversi in 11 giorni mi hanno confermato che ha i polmoni totalmente liberi), è cresciuta bene, avendo preso 440 g in 7 giorni e 3 cm di lunghezza. Tuttavia da due giorni ha iniziato ad avere diarrea frequente (nonostante l’allattamento esclusivo al seno), che non appare al tatto oleosa e soprattutto non emette odore sgradevole.
Alla luce del risultato positivo del primo test, possono essere i sintomi descritti (respiratorio nasale e diarrea) sintomi della malattia?
Ho seguito il test del DNA fetale AURORA in gravidanza ma mi hanno confermato che questo non rileva la mutazione genetica della FC.
Attendere l’esito dei successivi esami logora l’anima. Grazie anticipatamente.

Risposta

La domanda tocca vari aspetti legati alla fibrosi cistica (FC). Cerchiamo di affrontare i singoli punti.

Lo screening neonatale in Italia si basa su protocolli diagnostici diversi da regione a regione: un primo test di screening positivo pone sempre solo un sospetto diagnostico di malattia. La diagnosi è eventualmente confermata da successivi test più specifici come il test del sudore e la ricerca delle mutazioni genetiche nel gene CFTR.
Un approfondimento sulla specificità dei sistemi di screening si può trovare su questo sito, qui, ricordando che il dato varia a seconda del protocollo usato.

La fibrosi cistica è una malattia genetica con ereditarietà di tipo autosomico recessivo: ciò vuol dire che per essere malati bisogna avere due mutazioni che causano la malattia, una mutazione trasmessa dalla madre e una mutazione trasmessa dal padre. Entrambi i genitori, avendo una sola mutazione, si dicono portatori sani e non hanno la malattia ma sono in grado di trasmetterla.

In Italia, circa 1 persona su 30 è portatore sano di fibrosi cistica. Ogni nato da una coppia di portatori sani ha 1 probabilità su 4 di essere affetto dalla malattia. 1 bambino su 3500 circa è affetto dalla malattia e i fratelli di persone con FC hanno 1 probabilità su 4 di essere malati anch’essi, 2 su 4 di essere portatori sani, 1 su 4 di non avere alcuna mutazione FC nel loro corredo genetico.
Da queste note, si può capire che si può verificare un caso di malattia anche in famiglie in cui la fibrosi cistica non è mai stata diagnosticata.

I sintomi della fibrosi cistica sono abbastanza aspecifici soprattutto nei primi mesi di vita. Certamente è necessario consultare il proprio medico per dare il giusto peso a problemi come quelli descritti, che posso essere riferiti ad altre condizioni cliniche più comuni.

Confermiamo che il test del DNA fetale AURORA è in grado di svelare solo anomalie di tipo cromosomico e, quindi, un risultato nella norma non esclude una malattia come la fibrosi cistica che è dovuta ad anomalie genetiche. Per queste, è necessario effettuare un esame del DNA che identifichi le mutazioni del gene CFTR. L’esame può essere fatto sul DNA dei genitori (che potrebbero essere eventuali portatori sani) o su quello del feto con un prelievo di villo coriale (villocentesi) alla decima settimana di gravidanza.

Dott.ssa Laura Minicucci, FFC Ricerca


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