Le indagini che vengono applicate nella pratica clinica a scopo diagnostico debbono avere la caratteristica dell'affidabilità e dell'accuratezza. In altri termini non debbono provocare danni e debbono dare risposte il più possibile "certe". Ci sembra che solo in questo modo possano essere effettivamente d'aiuto a chi le chiede. Se non rispondono a questi requisiti non è utile che entrino nella pratica clinica. Questa valutazione ci sembra debba essere applicata a maggior ragione nell'ambito delle indagini che si realizzano per fare diagnosi di presenza o assenza di malattia in epoca prenatale (su feto) o ancora più precoce (su embrione prima dell'impianto in utero). Anche in situazioni di questo tipo le indagini diagnostiche debbono essere applicate quando c'è un rischio certo (e quantificabile come elevato) di una malattia grave. Per questo crediamo che nel caso in cui i genitori risultino portatori di varianti del gene CFTR di cui non si conosce il significato clinico non sia indicato ricorrere ad indagini prenatali o preimpianto, che vanno invece riservate alla diagnosi della malattia FC "classica".
Se potessimo disporre di conoscenze tali da far prevedere quantità e qualità di vita di feti e/o embrioni con genotipo composto da varianti rare o mutazioni sconosciute del gene CFTR, ecco che allora il procedimento diagnostico avrebbe senso. Ma in mancanza di un razionale scientifico che sia d'aiuto e possa supportare la scelta di continuare o interrompere la gravidanza di embrioni e/o feti con genotipo dal significato sconosciuto, non riteniamo indicato il ricorso a procedimenti diagnostici, a prescindere dal rischio per il feto o embrione collegato al procedimento stesso. Questo è del resto quanto si fa oggi nei centri pubblici italiani in cui si realizza diagnosi prenatale per FC; e questo è quello che viene suggerito dai documenti scientifici (1).
1) Langfelder-Schwind E, Karczeski B et all "Molecular Testing for Cystic Fibrosis Carrier Status Practice Guidelines: recommendations of the National Society of Genetic Counselors" J Genet Counsel 2014; 23: 1-15