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25 Gennaio 2023

La gestione di farmaci come gli inibitori della pompa protonica e l’acido ursodesossicolico in fibrosi cistica

Autore: Federica
Domanda

Buongiorno dottori, sono una ragazza con fibrosi cistica e vi scrivo perché ho due domande da porre. La 1 riguarda dei farmaci che io e molti come me assumiamo da sempre si può dire, come ad esempio l’omeoprazolo o il Deursil. Mi è capitato di leggere il foglio illustrativo ed ho visto che in realtà ci sarebbe un limite alla terapia, ad esempio Deursil non potrebbe essere assunto per più di 2 anni… io lo assumo da più di 10! Stessa cosa il Mepral, ha un limite ancora inferiore ed io lo assumo da 22 anni! La domanda nasce da sola: non è pericoloso fare ciò? Su cosa si basa la decisione di far entrare in terapia fissa farmaci che hanno un limite di assunzione? La 2 domanda riguarda l’assunzione proprio di Deursil, fino ad ora ho assunto quello da 450 mg ma ora la dottoressa ha deciso di aumentare per problemi di fegato grasso quindi mi toccheranno 3 dosi al giorno. Leggendo però il foglio illustrativo, ho notato che il Deursil è indicato per problemi di calcoli (che non ho) non di fegato grasso! Come mai si prescrive per il fegato grasso? Un’ultima cosa: sono una paziente che assume Kaftrio da poco più di un anno, e colgo l’occasione per RINGRAZIARE LA RICERCA CON TUTTO IL CUORE PER AVERCI DATO LA POSSIBILITÀ DI UNA NUOVA VITA E PER SOLLECITARE TUTTI A SOSTENERLA. Vorrei sapere se devo allontanare il Deursil dal Kaftrio nell’assunzione. Sono dimostrate interazioni? Vi ringrazio anticipatamente per la risposta e per tutto quello che fate. Saluti.

Risposta

Seguendo il carattere di questa rubrica, che ha lo scopo di fornire informazioni di utilità generale e non consulenze su quadri clinici specifici, possiamo commentare che la terapia con inibitori di pompa protonica (PPI), come l’omeprazolo, può in effetti essere somministrata anche per lunghi periodi e anche per tutta la vita. Infatti, le linee-guida per il trattamento del reflusso gastroesofageo, una complicanza presente anche nella fibrosi cistica (FC), prevedono un trattamento prolungato quando il quadro clinico è moderato-severo, documentato da una esofago-gastro-duodenoscopia e dal monitoraggio del pH intestinale (qui e qui alcuni studi scientifici di approfondimento). Se la sintomatologia è lieve e scompare dopo un trattamento di 4-8 settimane con farmaci PPI, questi ultimi possono essere sospesi ed eventualmente ripresi al bisogno. Vi sono altre indicazioni cliniche per un trattamento prolungato con PPI, tra cui l’esofagite da eosinofili, l’esofago di Barrett, le malattie interstiziali del polmone.

Nel caso della fibrosi cistica, come già detto, la sintomatologia da reflusso gastroesofageo e i sintomi riferibili allo stomaco, come bruciore, gonfiore, dolorabilità, sono abbastanza comuni e giustificano l’uso dei farmaci PPI. C’è poi un’altra condizione che interessa le persone con fibrosi cistica e può condurre all’uso prolungato di farmaci PPI, l’insufficienza pancreatica. L’insufficienza pancreatica si può associare a disturbi dello svuotamento gastrico e a iperacidità gastrica, che ostacolano il funzionamento degli enzimi pancreatici assunti ai pasti per digerire gli alimenti. I farmaci PPI bloccano la produzione di acido e il loro uso è stato documentato migliorare la digestione del cibo (qui uno studio scientifico in proposito).
Nel caso l’inserimento dei modulatori abbia migliorato la digestione del cibo o nel caso di assenza di sintomi riferibili al tratto gastroenterico si deve provare a ridurre la dose e poi a sospendere i PPI, pronti a riprenderli nel caso la sintomatologia riprenda o che persistano problemi di maldigestione. Questo comportamento pratico è anche giustificato dalla necessità di semplificare la terapia cronica nella FC.

Il Deursil è un farmaco a base di acido ursodesossicolico (UDCA), sale biliare deficitario nella fibrosi cistica, ampiamente usato per trattare la malattia del fegato nella fibrosi cistica e prevenirne l’evoluzione in cirrosi ed ipertensione portale. Questo farmaco viene precocemente introdotto nella terapia specie quando dagli esami ematici emerge un’innalzamento degli enzimi epatici (qui un approfondimento scientifico).
L’interesse per questo farmaco è stato sempre elevato, specie nei Paesi europei, non essendoci altri farmaci per la malattia del fegato nella FC. Non disponiamo peraltro di forti evidenze per un suo uso preventivo della malattia epatica moderata-grave, né per il suo trattamento.
Nel corso della terapia con i nuovi modulatori, può verificarsi un innalzamento degli enzimi epatici: nel caso l’innalzamento sia rilevante, le raccomandazioni dell’azienda Vertex (produttrice dei modulatori) non suggeriscono l’uso di UDCA ma di sospendere il modulatore e/o ridurne il dosaggio. In assenza di un orientamento basato sulle evidenze, un comportamento pratico può essere quello di sospendere l’UDCA in età adulta (la malattia epatica con cirrosi si sviluppa in genere durante l’adolescenza) e in assenza di evidenze di cirrosi epatica con o senza ipertensione portale.

Dott. Cesare Braggion, Direzione scientifica FFC Ricerca


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