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26 Aprile 2016

Quando la pneumopatia FC devia, anche temporaneamente, dall’andamento abituale: le perplessità di una giovane

Autore: Giada
Domanda

Buongiorno, sono una ragazza di 18 anni affetta da fibrosi cistica. Fino a 5 mesi fa circa riuscivo a gestire bene la mia malattia ma agli inizi di febbraio qualcosa è iniziato ad andare male. Avevo fatto l’ultimo ricovero un mese e mezzo prima e in seguito a una riacutizzazione con febbre, nonostante l’antibiotico per bocca, mi sono ritrovata per la prima volta nella mia vita di nuovo in ospedale a fare il ciclo di antibiotico dopo un mese e mezzo dal precedente (di solito facevo il ciclo di antibiotico ogni 5 mesi circa). Ho fatto 18 giorni di antibiotico e tutto sembrava risolto, non avevo tosse e stavo di nuovo bene, ma la spirometria era scesa e non ancora risalita. Sono tornata a casa e dopo 3 giorni e mi è tornata la febbre; la cosa più strana è che non avevo tosse. Ho chiamato il centro dove sono curata e mi hanno prescritto un nuovo antibiotico per bocca. Ho fatto 15 giorni di antibiotico e stavo di nuovo bene. Sono andata a controllo, la spirometria sempre la stessa e di nuovo antibiotico per bocca. Ho finito questo ciclo di antibiotico 2 giorni fa e la febbre mi è risalita. Sono disperata e impaurita. Cosa mi sta succedendo? Sono praticamente tre mesi che prendo antibiotico senza sosta ma appena lo sospendo la febbre risale, pur non avendo tosse, o comunque non a livelli compatibili con la febbre. Quando mi hanno ricoverata mi hanno fatto i raggi e non è risultato nessun nuovo danno polmonare; anche l’antibiogramma dell’espettorato è sempre lo stesso, non c’è nessun nuovo batterio, tutto apparentemente come prima. L’unica cosa è la spirometria, che non vuole più risalire e la febbre che risale appena sospendo l’antibiotico. Non posso mica prendere antibiotico a vita. Mi aiutate? Cosa devo fare? Cosa mi sta succedendo? Vi ringrazio in anticipo e mi scuso per il messaggio un po’ lungo.

Risposta

Non è difficile identificarsi con l’angoscia di questa giovane. Ed è altrettanto comprensibile la difficoltà di poter offrire l’aiuto richiesto attraverso questa rubrica. Bisognerebbe conoscere molte cose sulla storia e sullo stato clinico della persona interessata, cose che solo i medici del suo centro di cura possono conoscere bene per decidere le strategie di cura più opportune. Quello che possiamo dire è che vi sono momenti nel decorso della malattia polmonare FC, in cui l’andamento può prendere una piega diversa dal precedente. Nel caso della domanda si tratta certamente di una esacerbazione respiratoria importante, anche se non è obbligatorio vi sia un incremento di tosse o la presenza di importanti addensamenti alla radiografia del torace. Non sempre è chiara la causa di questi sbandamenti dal decorso abituale. Possono intervenire modificazioni nel batterio che colonizza l’apparato respiratorio che lo rendono più aggressivo e meno sensibile alla terapia antibiotica, indipendentemente dai dati dell’antibiogramma. Questo si osserva non raramente nell’infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa. Possono anche intervenire fattori che rendono la risposta infiammatoria all’infezione più scatenata del solito. Tuttavia va detto che questo non significa obbligatoriamente l’inizio di una evoluzione polmonare irrecuperabile. Va detto anche che talora si rende necessario insistere con un trattamento antibiotico aggressivo più prolungato di quanto non siano i normali cicli antibiotici di 10-15 giorni. L’obiettivo del trattamento in questi casi è quello di recuperare la funzione respiratoria (FEV1) presente prima della nuova esacerbazione, sapendo che il recupero totale o quasi della precedente funzionalità respiratoria a seguito di un ciclo antibiotico può verificarsi anche dopo un certo tempo. Ed è questa la ragione per cui da qualche parte si suggerisce di prolungare il ciclo antibiotico: si veda in proposito su questo sito uno studio che ha affrontato proprio questo problema (1). Quello che conta è che in situazioni come questa bisogna avere il coraggio di insistere senza tregua sui trattamenti anche aggressivi, magari accettando un più lungo ricovero ospedaliero, al fine di tenere sotto controllo con rigore tutti i possibili fattori responsabili dell’andamento indesiderato: in sostanza vale sempre il concetto che “chi la dura la vince”.

1. In caso di esacerbazione polmonare è utile prolungare il trattamento antibiotico per via endovenosa? (Progressi di Ricerca, 15.02.16).

G. M.


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