Sono alla quindicesima settimana di gravidanza. Poco più di un mese fa mi sono sottoposta ad una villocentesi. Prima del prelievo mi è stata prospettata la possibilità di richiedere un’analisi molecolare di fibrosi cistica sul materiale fetale prelevato, benché non vi fosse un’indicazione specifica (non ci risultava la presenza di alcuna mutazione nelle nostre rispettive famiglie né tantomeno casi di fibrosi cistica). Purtroppo il test ha individuato una mutazione nel feto: è stata infatti riscontrata la mutazione 2789+5G>A in eterozigoti, oltre al polimorfismo IVS8-polyT 7T/7T. La frequenza delle mutazioni esaminate corrisponde al 77% circa delle mutazioni presenti in Italia. Presi dallo sconforto, anche io e mio marito ci siamo sottoposti alla diagnosi molecolare di fibrosi cistica ed abbiamo richiesto un approfondimento diagnostico per il feto (ricerca di 200 mutazioni nel gene CFTR). È risultato che io sono portatrice sana della mutazione riscontrata nel feto mentre mio marito è risultato negativo per le mutazioni più frequenti nel gene della Fibrosi Cistica (il 77% circa delle mutazioni presenti in Italia). Quanto al feto, invece, risultano fortunatamente negative le altre mutazioni indagate (il referto attesta che la frequenza delle mutazioni esaminate corrisponde all’80% circa delle mutazioni presenti in Italia). È consigliabile ricorrere ad approfondimenti diagnostici di III livello per ridurre ulteriormente il rischio della presenza nel feto di una eventuale seconda mutazione più rara? Qual è il rischio residuo che il feto sia affetto dalla malattia? Vi ringrazio in anticipo per la risposta che vorrete darmi.