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24 Gennaio 2010

Una coppia (lei FC e lui portatore sano FC) desidera avere un figlio

Autore: Cinzia
Domanda

Ho 27 anni e sono affetta da FC. Io e mio marito stiamo cercando un bambino e la prima fase di indagini che abbiamo svolto è stata il test genetico FC su mio marito, che è risultato portatore sano FC. Sappiamo che il rischio di avere un bambino ammalato di FC è di 1 su 2. Non sappiamo che strada prendere. Che cosa potete consigliarci?

 

Risposta

Il nostro consiglio è di parlare con il medico del Centro FC che segue questa persona e con un genetista esperto di FC. Di fronte ad un problema così delicato le scelte non sono affatto semplici e nessuno può consigliare che cosa fare, perchè la decisione spetta alla persona che pone il problema e a suo marito e dipende da un bilancio che può essere fatto sulla scorta di informazioni fornite da esperti. Descriviamo brevemente di seguito l’ambito di queste informazioni, perchè possano essere d’aiuto ad altre coppie che avessero lo stesso problema e perchè costituiscono la base di quello che viene chiamato “colloquio di consulenza genetica”. Gli argomenti da affrontare con gli esperti sono:

-Lo stato di salute complessivo e la possibilità di affrontare una gravidanza senza rischi: oggi questo è possibile per un grande numero di donne FC, ma la valutazione clinica dello stadio della malattia è preliminarmente importante
– La possibilità di avere una gravidanza per vie naturali: anche questo è possibile per la maggior parte delle donne FC, tuttavia ci sono semplici indagini e valutazioni da fare
– Le tecniche che la medicina riproduttiva mette a disposizione, in particolare la Diagnosi Prenatale e la Diagnosi Genetica Preimpianto.
-Con la Diagnosi Prenatale, una volta avviata la gravidanza per vie naturali, si può sapere alla decima settimana, attraverso villocentesi, se c’è o non c’è la malattia FC. In questo caso non ci sarebbe la malattia se il feto non ereditasse la mutazione CFTR di cui il marito è portatore (50% di probabilità), mentre ci sarebbe la malattia se la ereditasse (50 % di probabilità). Infatti, erediterebbe sempre una mutazione CFTR trasmessa dalla madre, quindi il figlio sarebbe sempre portatore di una mutazione materna, ma se fosse solo portatore sarebbe sano. Una volta avuto il risultato della Diagnosi Prenatale, la coppia può eventualmente decidere di interrompere la gravidanza (entro la dodicesima settimana).
-Con la Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD), per avviare una gravidanza si ricorre invece alle tecniche di “Procreazione Medicalmente Assistita” (PMA). In pratica si prelevano ovociti della donna e spermatozoi dell’uomo, si mettono a contatto “in provetta”, si ottengono embrioni che sono analizzati dal punto di vista genetico (allo stadio di 8 cellule, dopo tre giorni dalla fertilizzazione in provetta). Vengono impiantati in utero solo quelli che, in questo caso, risultano portatori sani. La PGD è una procedura complessa, di cui si possono avere maggiori informazioni nel documento pubblicato su questo sito (3). Si può dire in generale che richiede da parte della coppia un alto grado di motivazione, e che dà circa il 30% di possibilità per ogni tentativo di andare a casa “con il bambino in braccio”, come usano dire gli esperti di medicina riproduttiva. E che consente però alla donna di evitare la dolorosa esperienza dell’aborto (mentre invece è possibile, con la diagnosi prenatale, che la coppia si trovi di fronte al dilemma di questa scelta). In Italia la PGD è stata fortemente limitata dai vincoli posti dalla legge 40/2004, che regola appunto le tecniche di procreazione assistita. E’ in atto un lento tentativo di apportare delle modifiche alla legge, perchè a tutt’oggi in Italia non può accedere alla PGD la coppia che abbia “solo” un serio rischio di avere figli affetti da malattie genetiche. Oltre al rischio genetico la coppia deve anche dimostrare di non poter avere figli per vie naturali: in presenza di entrambe le condizioni (rischio genetico e infertilità) la coppia può ricorrere alle tecniche di procreazione assistita e successiva PGD. Questo ha fatto sì che molte coppie con rischio genetico, ma fertili, si rivolgano ai centri di altri paesi europei dove la legislazione non pone questi ostacoli.

 

G. Borgo


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