Capita che incontrando persone con fibrosi cistica, ma anche amici di persone con FC (come nel caso della domanda) scatti la molla della spinta a decidere di intervenire direttamente con un proprio personale contributo. Chi è giovane ha davanti a sé la scelta del percorso di studi e la malattia FC lo cimenta stimolandolo a riflettere su decisioni magari rimandate o eluse. Fare il ricercatore o il medico che cura il malato FC? Sono due cose molto diverse: nel primo caso bisogna orientarsi verso facoltà come Biologia, Chimica, Biochimica, Farmacologia; nel secondo caso è preliminare la laurea in Medicina, cui dovrebbe seguire una specializzazione. Quella in Pneumologia sarebbe molto adatta, sia perché i problemi polmonari sono quelli più importanti nella malattia FC, sia perché lo pneumologo è figura adatta alla crescita d'età dei malati FC e quindi alla necessità di istituire i centri di cura per adulti, con medici formati per trattare gli adulti; oggi una buona parte dei medici che curano i malati FC ha la specializzazione in Pediatria: questo perché fino a qualche decennio fa i malati FC erano solo bambini e adolescenti. Queste le informazioni basilari per aiutare la scelta professionale. Ma oltre, e forse prima di queste, bisogna chiedersi (a nostro avviso): ci si sente attratti da un lavoro al bancone di laboratorio, dove si maneggiano provette, strumenti delicati e di precisione, macchinari complessi, tutti estremamente interessanti ma inanimati? Oppure c'è interesse al contatto diretto con le persone, che nel caso del medico implica attitudine all'ascolto del malato e al "farsi carico" del problema dell'altro, applicando il proprio sapere alla ricerca della soluzione del problema di salute dell'altro? C'è ancora questa distinzione fra le due professioni, che è senz'altro grossolana ma forse potrebbe aiutare. E va aggiunto che molto difficilmente, in una società complessa come quella attuale, ci si può formare a fare bene l'una e l'altra cosa insieme, com'è vero che è assai singolare che esista l'attitudine verso l'una e l'altra cosa insieme, è di poche e rare personalità. E' vero che la malattia FC è uno di quei terreni in cui assistenza e ricerca dovrebbero andare di pari passo: il clinico FC è anche un ricercatore, perché deve riflettere costantemente sulla bontà delle cure che adotta per una malattia in cui gli interrogativi della scienza sono ancora moltissimi e le cure basate spesso su ipotesi piuttosto che su evidenze; ed è questa "ricerca" che dà maggior senso al suo assistere il malato. Per contro il ricercatore di laboratorio FC è sempre più chiamato a tener presente le richieste dei malati nell'orientare il suo percorso di ricerca, a confrontarsi con la realtà della malattia, molto meno asettica e programmabile degli esperimenti di laboratorio. Sullo sfondo vi è la necessità di una collaborazione sempre più stretta fra medici e ricercatori, per mettere in comune competenze ed esperienze diverse contro una malattia che ancora oggi mette a rischio la vita, ma che da questa sinergia può essere sconfitta.