Nella
scheda tecnica diffusa in occasione dell’approvazione di ivacaftor (Kalydeco) da parte dell’European Medicine Agency (EMA) si legge che “l’uso concomitante di induttori del CYP3A da deboli a moderati (ad es. desametasone, prednisone ad alto dosaggio) può causare una diminuzione dell’esposizione di ivacaftor e ridurre quindi l’efficacia di ivacaftor”.
Sempre questa scheda riferisce che i dati riguardanti le interazioni di ivacaftor con altri farmaci sono stati ottenuti
in vitro e
in vivo nell’uomo (adulto). Da questi dati risulta che ivacaftor è ampiamente metabolizzato dal CYP3A, un enzima che è presente soprattutto a livello epatico: quindi è necessario tener conto di altri farmaci o sostanze che interferiscono con l’attività di CYP3A (potenziandola o inibendola) perché il dosaggio e gli effetti dose-dipendenti di ivacaftor siano conformi a quanto ci si attende. Risultano essere potenti induttori del CYP3A: l’antibiotico rifampicina, alcuni anticonvulsivanti (fenobarbital, carbamazepina, fenitoina), un’erba medicinale (erba di S. Giovanni o Hypericum perforatum). Stimolando l’attività di CYP3A essi inducono una più rapida degradazione e quindi una minore efficacia di Kalydeco. Vengono citati come induttori deboli o moderati di CYP3A il desametasone e il prednisone; quindi, in teoria potrebbero diminuire l’efficacia di Kalydeco. Ma non sono riferiti dettagli per quanto riguarda la via di somministrazione di questi cortisonici.
Possiamo fare alcuni ragionamenti: CYP3A si trova espresso soprattutto a livello epatico e renale ed è a livello epatico che avvengono la maggior parte dei processi di degradazione di molti farmaci che assumiamo. Non sappiamo se CYP3A sia espresso a livello di mucosa bronchiale e nasale e se già in quella sede costituisca il bersaglio dei cortisonici. Alcune informazioni di letteratura suggerirebbero la presenza di una modesta attività metabolica anche a livello di mucosa nasale, sottolineando però come ci sia ancora molto da conoscere (1). Probabilmente è il CYP3A presente a livello epatico che viene interessato e utilizzato come via metabolica, ma solo da quella quota di cortisonico che supera la barriera locale, e questa quota dovrebbe essere molto modesta. Sottolineiamo che alla base di tutti i cortisonici destinati all’uso locale (nasale o aerosolico) vi è il principio di un loro scarso passaggio nella circolazione generale, da cui la minor presenza o completa assenza di effetti generali corticodipendenti (ad esempio l’effetto iperglicemizzante); e inoltre che la descrizione della farmacocinetica dei corticosteroidi inalatori conferma il fatto che la quota che va incontro al metabolismo epatico è assai ridotta (2). Perciò, in definitiva il rischio che il cortisone somministrato per via locale (bronchiale o nasale) influisca sull’attività di ivacaftor ci sembra veramente trascurabile. Per avere conferma, un contatto diretto con i funzionari Vertex potrà essere utile.
1) Cytochrome P450-mediated drug metabolizing activity in the nasal mucosa University of Iowa, Iowa Research Online, 2013
2) I corticosteroidi