Purtroppo riceviamo parecchie domande di questo tipo. Forse non c’è sufficiente consapevolezza, in una parte limitata del personale sanitario, che la comunicazione di un risultato anomalo dello screening neonatale, non accompagnato da ampie delucidazioni sul significato possibile di quel dato, crea un’ansia enorme nei famigliari del neonato.
Qui possiamo solo informare in sintesi sul percorso abituale dello screening neonatale per la fibrosi cistica.
C’è un primo test (test della tripsina) che viene fatto su goccia di sangue, essiccata su carta assorbente, prelevata al 3° giorno di vita. Quando questo test supera un certo valore di soglia (in genere 50ng/ml), si procede, su un’altra goccia di sangue già raccolta, con il test genetico, che cerca se vi sono mutazioni del gene che causa la fibrosi cistica. Questo secondo test può essere conclusivo, nel senso di confermare o escludere la diagnosi. Spesso però non è conclusivo e si propone di procedere con altri test, il test del sudore in particolare. In alcuni centri di screening non si fa il test genetico ma si richiama direttamente il neonato a 20-30 giorni di vita per ripetere il test della tripsina: se il test si mantiene sopra i valori limite si passa subito al test del sudore, se i valori di tripsina si normalizzano, il caso si chiude escludendo l’ipotesi di fibrosi cistica.
Merita ricordare che solo un neonato su 6-10 (a seconda dei centri di screening) con positività del primo test tripsina risulterà alla fine del percorso di screening affetto da fibrosi cistica.