Si è appena concluso il congresso di primavera 2009 sulla FC a Verona, imperniato sulla complessa organizzazione che permetterà di utilizzare i dati mondiali della FC a fini terapeutici o di ricerca, dando così un impulso alla ricerca e, penso, ottenendo un’elevata collaborazione da parte di tutti gli attori coinvolti. Il progetto mondiale è così importante da valere uno sforzo organizzativo durato 10 anni per omogeneizzare i dati provenienti da decine di nazioni. Però, una riflessione a mente fredda suggerisce che ci sono tre fattori imponderabili che potrebbero drogare i dati con percentuali importanti: 1 – Alcuni pazienti FC stabiliscono al momento, secondo la propria sensazione, la terapia da fare e di solito scarta quella che richiede più sacrifici. Di conseguenza le statistiche potrebbero fornire risultati non incoraggianti a parità di protocollo. 2 – Al contrario del punto precedente, il paziente aggiunge altri medicinali già testati o che si stanno testando all’estero ma non ufficializzati in Italia (è il caso del Glutatione o GSH), e i dati statistici fornirebbero risultati forse migliori ma non per merito del protocollo, e i centri non sono informati o accettano allo stesso modo queste divagazioni terapeutiche, senza considerare i casi in cui il paziente varia il protocollo (punto precedente) e aggiunge il farmaco “X”. 3 – Molti pazienti FC incontrano problematiche collaterali per le quali ricorrono alla fitoterapia ottenendo spesso dei risultati non indagati dai ricercatori e/o centri. In altre patologie è quasi consuetudine abbinare terapie alternative o di sostegno alla ufficiale, invece il paziente FC nella maggioranza dei casi si sente costretto ad agire di nascosto e a non rivelare nulla al proprio medico del centro. Questo sommerso difficile da individuare, perché rischia di minare il rapporto di fiducia tra medico e paziente, insieme ai punti precedenti, altera le statistiche (azzardo) di una percentuale a due cifre. Come sarà possibile correggere queste alterazioni statistiche? Cosa ne pensano di tutto questo Gita Mehta e gli altri membri che hanno collaborato a questo importante progetto? Una soluzione parziale la individuerei nell’equiparare i protocolli italiani a quelli degli USA e Canada, senza queste assurde differenze sulla disponibilità di medicinali, altrimenti non si capisce qual è il vero vantaggio di sapere tutto quello che avviene in un altro continente grazie ad un’esemplare rete informativa, se poi non posso tradurla in pratica terapeutica.