Conosciamo parecchi giovani con fibrosi cistica, desiderosi di intraprendere la carriera medica, che si sono posti questi stessi problemi. In sostanza, ci si chiede: avrò sufficiente resistenza fisica e psicologica nell’affrontare l’impegnativa fatica che può comportare la professione medica? Quale compatibilità tra il lavoro medico e gli impegni personali di terapia? Il contatto continuo con persone malate e con ambienti ospedalieri quali rischi potrebbe comportare nell’acquisizione o nella disseminazione di agenti infettivi? La professione medica può comportare necessità di turni anche notturni, specie in ambito ospedaliero.
Bisogna dire che la risposta a queste domande molto dipende dalla situazione clinica attuale e da quella prevedibile nel futuro della singola persona (FC ha molti modi di essere e di evolvere e profilano oggi terapie che possono in varia misura cambiare la vita di parecchie persone con FC). Qualcuno potrebbe trovare compatibile il lavoro in corsia o negli ambulatori, altri potrebbero pensare di dedicarsi a servizi che limitano il rapporto con persone malate, come il servizio radiologico o i vari laboratori medici, altri potrebbero pensare a ruoli di organizzazione sanitaria o anche ad attività di ricerca biomedica. La scelta della specializzazione dovrà tener conto di tutto questo, oltre che delle attitudini e preferenze personali.
Questa è un’analisi da fare con sé stessi, per quanto ci si conosce, ma richiede anche un confronto con i medici che ci conoscono ed eventualmente con psicologi che conoscono la realtà del mondo FC.