Con riferimento alla prima domanda, le ordinanze sulla prevenzione relativa all’epidemia in corso danno disposizioni di ordine generale ma nei singoli casi hanno bisogno di un’applicazione ragionata e basata sulla specificità e responsabilità personale. Nel caso di persone con malattia cronica è sempre bene consultare il proprio medico curante o il centro di cura. Qui ci limitiamo a una riflessione di buon senso. Una persona con fibrosi cistica che lavora in una realtà in cui c’è possibilità di contatto ravvicinato con molte persone, come quella di un negozio, probabilmente è conveniente che si astenga da quel lavoro, almeno fino a quando non si avrà una decisa schiarita sull’andamento dei contagi, soprattutto nelle aree finora più colpite. E se non viene assicurata la copertura salariale, tipo quella che si ha in caso di malattia (cosa che ancora non è stata chiarita), può essere ragionevole chiedere ferie.
Circa la pericolosità del Coronavirus nelle persone con FC, bisogna dire che non abbiamo ad ora informazioni cui far serio riferimento. Possiamo solo fare alcune considerazioni di buon senso. Le persone con FC hanno la stessa probabilità di contrarre il virus che hanno tutte le altre persone. Nel caso vi siano già danni broncopolmonari è possibile, ma non certo, che il virus eventualmente contratto possa, come altri virus respiratori, contribuire a una esacerbazione respiratoria, nel caso vi sia già una infezione cronica da batteri, esacerbazione probabilmente non molto diversa da quelle già sperimentate. Non sappiamo invece se il virus in questione possa procurare danno polmonare diretto tipo quello riscontrato in persone con infezione seria da Covd-19, perché le persone con FC, almeno quelle con situazione clinica stabile e in buone condizioni hanno un apparato difensivo immunitario efficiente. La questione si riconduce quindi alla forte attenzione a ridurre i contatti tra persone, fino a cambiare per un certo tempo abitudini di vita e di relazioni sociali, incluse quelle riguardanti la scuola e il lavoro.
Per quanto riguarda le mascherine facciali protettive, rimandiamo a una domanda cui abbiamo recentemente risposto in dettaglio su questo sito (1). L’uso di mascherine in occasioni di prestazioni ambulatoriali o in day hospital riguardano la prevenzione da trasmissioni “crociate” (tra pazienti) da batteri, soprattutto quelli multiresistenti: qui le mascherine standard limitano il rischio di trasmettere ad altri degli agenti patogeni, trattenendo le eventuali goccioline di muco e saliva contenenti batteri o virus.
1) Epidemia da Covid-19: scuola e mascherine, 2 marzo 2020