Ringraziamo moltissimo questa mamma per i suoi apprezzamenti, che fanno anche bene.
Il problema che la mamma solleva, e cioè il diritto ad essere informati sulla disponibilità del test per il portatore sano di fibrosi cistica è rilevante. Questo test non è perfetto, è complicato da spiegare ed è costoso: questo non deve impedire che le "persone comuni", che non sanno niente di fibrosi cistica, sappiano che la malattia c'è , che è la più frequente fra le malattie genetiche gravi con cui un bambino può nascere, e che esiste un test, da fare in coppia, per sapere se c'è un rischio particolare che un figlio ne sia affetto. Sta a loro poi decidere se utilizzarlo o no. Quindi sta a loro scegliere, ma certo se non sanno non possono scegliere. Questa Fondazione sostiene il principio della necessità dell'informazione diffusa circa il test per il portatore sano di fibrosi cistica. Principio condiviso anche dalla società scientifica S.I.F.C (Società Italiana Fibrosi Cistica, composta da medici e sanitari operanti nei centri specializzati per la cura della malattia (uno per ogni regione,
www.sifc.it). Ma i tempi sono difficili, le risorse economiche in campo ristrettissime, per cui il diritto a sapere, che implicherebbe scelte sanitarie e implementazione di modalità organizzative su scala nazionale, rischia di diventare un lusso. Per questo, la scelta corrente è di mettere in atto progetti pilota su scala regionale: il Veneto è una di quelle regioni in cui, per lo meno in una certa area, il test si sta diffondendo ed è a spese del servizio sanitario, con sola partecipazione del ticket. La Lombardia si sta adeguando a questo modello, per lo meno per quello che riguarda il fatto che il test costi all'utente solo il pagamento di un ticket. Per altre regioni al momento non ci sono iniziative.
FFC ha già finanziato in passato un progetto di ricerca per favorire il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte sanitarie di questo genere (Progetto FFC#9/2011) e attualmente sta supportando una ricerca che ha lo scopo proprio di monitorizzare la buona organizzazione della diffusione del test, sempre nella regione Veneto (a livello di informazione e di qualità dei servizi: Progetto FFC#8/2011 "
Analisi dello screening del portatore di fibrosi cistica su un ampio territorio").
Certo non sono iniziative che hanno ricadute capillari: forse la via web si presta ad un'informazione più diffusa e proprio in base a questa valutazione abbiamo pubblicato su questo sito il documento "
Il test per il portatore sano di Fibrosi cistica". Contiene fra l'altro un elenco di laboratori affidabili (regione per regione) in cui trovare esperti per informazioni ed esecuzione del test . Queste sono riflessioni di ordine generale . Ci sono anche alcuni aspetti più "tecnici" sulla diagnosi prenatale per FC e sul test per il portatore FC che meritano di essere toccati . Uno spunto riguarda le informazioni che ricevono le donne che si sottopongono alla villocentesi per rischio riproduttivo legato all'età (che è a carico del Servizio Sanitario Nazionale per le donne che hanno più di trentasei anni). Probabilmente spesso sono informazioni incomplete. Spesso non viene detto che sul materiale prelevato attraverso la villocentesi viene fatta un'unica indagine chiamata esame del cariotipo o mappa cromosomica, che serve a diagnosticare se ci sono anomalie di numero o di forma dei cromosomi, perché sono queste anomalie che tendono ad avere maggior frequenza con l'aumentare dell'età della donna. Nessuna indagine è fatta per quanto riguarda i geni (contenuti all'interno dei cromosomi), a meno che non venga chiaramente segnalato che c'è una malattia genetica già comparsa in famiglia. Però il fatto che la villocentesi non abbia segnalato nulla di anomalo viene interpretato come "è tutto a posto", cosa che invece non è (1) . E di questo le donne dovrebbero essere informate. Un altro spunto riguarda che cosa sia opportuno fare quando si è venuti a sapere del test per il portatore di fibrosi cistica in epoca avanzata di gravidanza. Qui è molto difficile dare una risposta. C'è un dato pratico da considerare: per esempio, nel Veneto la richiesta del test per il portatore viene accettata se la donna è incinta ma la gravidanza non ha superato la dodicesima settimana. Perché? Perché fare il test alla coppia che ha già in atto una gravidanza in stadio avanzato (II trimestre), può procurare più problemi che vantaggi. La coppia potrebbe essere rassicurata quando il test fosse negativo per entrambi, ma potrebbe entrare in forte preoccupazione se il test fosse positivo per entrambi: il rischio di malattia FC nel feto sarebbe del 25%. A quel punto potrebbe decidere di non fare niente o di voler sapere. La malattia sul feto potrebbe essere accertata o con una "villocentesi tardiva" o con "amniocentesi". Se il risultato fosse di patologia FC e ci fosse la volontà da parte della coppia di interrompere la gravidanza, questo sarebbe possibile (entro la 22esima settimana di gravidanza), ma la procedura che secondo la legge i medici dovrebbero adottare sarebbe molto traumatica, per varie ragioni (diversa dalla procedura adottabile entro la dodicesima settimana di gravidanza). Invece, se non ci fosse volontà di interrompere la gravidanza, il vantaggio sarebbe che fino alla nascita del bambino la coppia può "adattarsi" all'idea della malattia e informarsi su quale potesse essere il reparto ostetrico più adatto per andare a partorire , privilegiando quello che avesse nelle vicinanze un centro di cura per la FC. Quindi, fare il test per sapere se si è portatori FC quando la gravidanza è già oltre il primo trimestre è cosa da meditare molto attentamente, perché non offre alla coppia quella piena libertà di scelte disponibili invece per la coppia che fa il test
prima della gravidanza.
1. Quando si dice i nostri geni sono tutti a posto, 15/01/2007