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Farmaci modulatori della proteina CFTR: che cosa sappiamo oggi sul loro profilo di sicurezza

9 Giugno 2021
Autore: Cesare Braggion, Direzione scientifica FFC

La sicurezza dei farmaci modulatori della proteina CFTR (MPC) prende in considerazione due aspetti principali: gli effetti collaterali, detti anche eventi avversi, e le interazioni con altri farmaci previsti dal piano terapeutico della malattia di base, che possono portare a ridurne l’efficacia o aumentare il rischio di effetti collaterali e di tossicità. Il tema della sicurezza dei MPC diventerà sempre più rilevante, man mano che il loro uso si allargherà a interessare sempre più persone con fibrosi cistica (FC), facendo emergere gli effetti più rari, e si prolungherà oltre i 2-3 anni. Anche le altre manifestazioni patologiche legate alla malattia o la severità della malattia polmonare richiederanno interventi farmacologici aggiuntivi e ciò renderà più probabile l’interazione tra farmaci. Abbiamo perciò letto con interesse la revisione su questo tema dei farmacisti dell’Università di Long Island a New York (1) e ne riportiamo di seguito le informazioni principali, insieme ad altre derivate dagli studi di fase 3. Questi studi si sono svolti con il metodo della valutazione dell’efficacia nei malati che avevano assegnato casualmente o il farmaco o un composto inerte (trial randomizzati controllati con placebo), oppure prolungando negli stessi soggetti la somministrazione del farmaco (dichiarando quindi che era tale) dopo la chiusura della sperimentazione controllata (trial in aperto o di estensione).

Interazioni tra farmaci

Il fegato è l’organo in cui si svolge il metabolismo degli MPC

Per considerare le principali interazioni tra farmaci occorre riassumere brevemente perchè si verificano questi fenomeni. A livello del fegato avviene il metabolismo dei farmaci, di vitamine, di nutrienti e di ormoni. Nella maggior parte dei casi, a livello epatico il farmaco subisce delle trasformazioni per poter essere eliminato: per interagire con le cellule dell’organismo e le sue membrane il farmaco deve essere è lipofilo (quindi sciogliersi facilmente nei grassi), mentre per essere eliminato deve diventare idrosolubile. Nel fegato è presente il sistema enzimatico chiamato citocromo 450 (o CYP), che è deputato a questa trasformazione del farmaco. Fanno parte del sistema CYP molti enzimi, suddivisi in famiglie e sottofamiglie (es. CYP1A1, CYP3A4): quello più comune e coinvolto con gli MPC è il CYP3A4.

Gli altri farmaci assunti nell’ambito della terapia per la malattia FC possono favorire o diminuire l’effetto degli MPC.

Ogni farmaco, introdotto per via orale, può avere un effetto di induzione (aumento dell’attività enzimatica) o di inibizione (riduzione dell’attività enzimatica) di CYP. Nel caso dell’induzione il farmaco verrà molto metabolizzato, perciò sarà ridotta la sua quantità nel sangue e quindi il suo effetto. Nel caso dell’inibizione, il farmaco non sarà metabolizzato, rimanendo in circolo anche a livelli elevati e perciò potrà essere più facilmente responsabile di effetti collaterali. Un secondo farmaco introdotto potrà a sua volta avere un suo effetto di induzione o inibizione di CYP.
Esamineremo di seguito le principali e note interazioni, considerando farmaci o categorie di farmaci che possono essere assunti contemporaneamente agli MPC. Non entreremo nel merito di numerosi dettagli, come le dosi e le modalità di somministrazione sia dei modulatori che degli altri farmaci che possono essere assunti contemporaneamente: è assolutamente indispensabile attenersi alle prescrizioni del medico del Centro, al quale occorre ricordare tutti i farmaci della terapia giornaliera, specie quelli assunti per via orale o endovenosa, sia quelli prescritti dal Centro sia quelli assunti spontaneamente, come farmaci, spezie, infusi, integratori. La maggior parte di queste interferenze è comune a tutti i MPC attualmente in commercio, con qualche eccezione, che sarà specificata.

La concentrazione nel sangue degli MPC può essere aumentata da alcuni farmaci assunti in concomitanza

  •  I farmaci antifungini (ketonazolo, itraconazolo, posaconazolo, voriconazolo) sono forti inibitori di CYP3A e perciò fanno aumentare i livelli nel sangue sia di Kaftrio (Trikafta negli USA) che di Symkevi, Orkambi e Kalydeco, se somministrati contemporaneamente: vi è pertanto necessità di ridurre la dose dei MPC.
  • Gli antibiotici macrolidi sono inibitori di CYP3A: la claritromicina è un forte inibitore, mentre l’eritromicina è un moderato inibitore; in entrambi casi i livelli nel sangue di tutti i componenti dei modulatori in commercio aumentano e pertanto vi è necessità di riduzione del loro dosaggio. Queste interazioni non si verificano per un altro macrolide di grande uso nella FC, l’azitromicina.

La concentrazione nel sangue degli MPC può essere diminuita da alcuni farmaci assunti in concomitanza

  • Alcuni farmaci antiepilettici (fenobarbital, fenitoina, carbamezepina) agiscono come forti induttori di CYP3A e riducono la concentrazione nel sangue e quindi l’efficacia di tutti gli MPC in commercio: occorre evitare la somministrazione contemporanea e valutare farmaci antiepilettici alternativi.
  • Alcuni antibiotici, come la rifamicina, utilizzata per le infezioni da Stafilococco aureo, e la rifambutina, utilizzata per il trattamento dei micobatteri turbercolari e atipici, sono forti induttori di CYP3A: riducono l’efficacia dei modulatori e quindi occorre evitare la loro somministrazione contemporanea e utilizzare farmaci alternativi; tutti gli altri antibiotici non hanno interferenze di significato clinico con gli MPC.

Gli MPC a loro volta possono aumentare la concentrazione nel sangue di alcuni farmaci assunti in concomitanza

  • Il warfarin, un farmaco impiegato per la terapia delle trombosi, subisce un aumento del suo livello nel sangue (inibizione di CYP2C9), con rischio di sanguinamento: occorre pertanto monitorare strettamente gli effetti del warfarin, in particolare l’indice INR, per modificarne il dosaggio.
  • I farmaci antirigetto (ciclosporina, everolimus, tacrolimus, sirolimus) e la digossina, un farmaco per le malattie cardiache, subiscono un aumento del loro livello nel sangue. La somministrazione di sirolimus deve essere evitata, mentre per gli altri farmaci occorre monitorare i livelli nel sangue adeguando il dosaggio; l’interferenza in questo caso è legata all’inibizione della glicoproteina-P, una proteina di trasporto dei farmaci nel sangue, e di CYP3A.
  • Occorre evitare di assumere contemporaneamente agli MPC alcuni alimenti, o infusi e spezie, come l’erba di San Giovanni (iperico) e il succo di pompelmo e di arancia amara di Siviglia, che sono rispettivamente un forte induttore (quindi con effetto di diminuzione della concentrazione del farmaco MPC) e un moderato inibitore di CYP3A (quindi con effetto di aumento della concentrazione del farmaco MPC). Così pure è importante discutere con il medico dell’uso di altri infusi, spezie o integratori, evitandone l’assunzione per non rischiare l’inefficacia dei MPC o il sovradosaggio con rischio di effetti collaterali associati.

Il modulatore Orkambi può invece diminuire la concentrazione di alcuni farmaci

  • Per quanto riguarda alcuni farmaci antidepressivi (citalopram, escitalopram, sertralina), che sono substrati di CYP2C9, è stata segnalata e descritta un’interferenza con il solo Orkambi e pertanto è raccomandato di aumentare la dose dei farmaci antidepressivi; la somministrazione dell’antidepressivo paroxetina non è stata associata a interazioni con l’Orkambi.
  • Anche per quanto riguarda i contraccettivi ormonali, che sono una combinazione di progestinici ed estrogeni e che sono substrati di CYP3A, possono subire una diminuzione di concentrazione nel sangue e quindi una riduzione di efficacia, se somministrati contemporaneamente a Orkambi; è raccomandato perciò di evitare la loro somministrazione contemporanea e di utilizzare per la contraccezione dispositivi intrauterini; queste interferenze non sono state invece evidenziate per il Kaftrio e il Symkevi.
  • È stato segnalato che Orkambi, induttore del sistema CYP, può causare una riduzione dei livelli nel sangue dell’ibuprofene; nel caso quest’ultimo sia somministrato cronicamente è opportuno monitorare i suoi livelli nel sangue.

Effetti collaterali o eventi avversi

Attenzione puntata su Orkambi

Per quanto riguarda gli effetti collaterali o effetti avversi, occorre sottolineare che la loro segnalazione si riferisce attualmente a una breve durata della terapia con MPC, mediamente 6 mesi (durata dei trial autorizzativi) e al massimo di 2 anni (trial in estensione in aperto). In generale si può affermare che i farmaci modulatori hanno un profilo di sicurezza soddisfacente con l’eccezione dell’Orkambi, la cui somministrazione è stata associata nei primi giorni a sintomi respiratori, come fame d’aria e senso di costrizione al torace, che traevano beneficio dalla somministrazione dei broncodilatatori, ma che hanno portato anche alla sospensione definitiva del farmaco.

Nei trial di fase 3 controllati con placebo il farmaco è stato sospeso definitivamente nel 4.2%dei casi (rispetto a 1.6% nel gruppo placebo). Però uno studio francese, condotto per 1 anno nella vita reale, ha riportato una sospensione definitiva del farmaco nel 9% dei casi in rapporto ai disturbi respiratori (2).

Nei trial autorizzativi gli altri MPC sono stati sospesi per la presenza di effetti collaterali sfavorevoli solo in una ristretta percentuale di casi

Per tutti gli altri MPC approvati per il commercio, la percentuale dei casi in cui il farmaco è stato sospeso definitivamente durante i trial di fase 3 controllati con placebo (trial autorizzativi) è inferiore al 3%. Gli effetti collaterali registrati negli studi di fase 3 erano rappresentati da tosse, aumento delle secrezioni bronchiali o delle alte vie aeree, segni di esacerbazione polmonare. Questi sintomi e altri sono anche quelli della malattia e sono stati registrati con uguale frequenza anche nelle persone che assumevano placebo. Una descrizione a parte meritano alcuni effetti più frequenti in coloro che assumevano il farmaco.

Gli effetti sfavorevoli più importanti sono a carico del fegato

Uno dei problemi segnalati con l’uso dei modulatori è l’aumento degli indici di citolisi (distruzione delle cellule) epatica, in particolare degli enzimi denominati alanina-amino-transferasi (ALT) easpartato-amino-transferasi (AST) e della bilirubina, sempre prodotta dal fegato. Occorre tener conto che un aumento di questi enzimi epatici può verificarsi in rapporto all’uso di antibiotici o spontaneamente nella FC. Se ripetuto e accompagnato da segni ecografici di interessamento epatico (steatosi) o aumento del volume epatico, rappresenta una spia di una malattia epatica lieve, che è comune fino al 50-60% delle persone con FC, indipendentemente dall’assunzione di MPC. Quando si verifica va monitorata nel tempo, considerando eventualmente la terapia orale con acido ursodesossicolico (3). Poiché si sa che è il fegato l’organo che metabolizza gli MPC, Vertex raccomanda, nelle note associate alle confezioni dei farmaci in commercio, di monitorare i livelli di AST, ALT e della bilirubina ogni 3 mesi durante il primo anno di terapia per tutti i modulatori in commercio e più frequentemente se necessario, e di sospenderli nel caso l’aumento sia superiore a cinque volte il limite massimo consentito, o superiore a tre volte quando il livello della bilirubina fosse due volte superiore al normale.  Dopo la sospensione il farmaco può essere ripreso, allorquando i livelli nel sangue degli enzimi epatici si siano normalizzati, eventualmente riducendone la dose. È raccomandatala riduzione della dose dei MPC quando è già presente una malattia epatica moderata. Se fosse già presente un quadro di malattia epatica grave, si raccomanda la sospensione del farmaco oppure l’avvio della terapia a dose ridotta, se i vantaggi clinici sono superiori ai rischi. Non conosciamo il significato e l’impatto a lungo termine sulla funzione del fegato di questi aumenti degli enzimi epatici, che possono essere reversibili ma che si possono ripetere anche più volte nel singolo soggetto.

Per quanto riguarda l’incremento degli enzimi epatici superiore a tre volte il limite normale, registrato nei trial di fase 3 controllati con placebo, sappiamo che nel caso della somministrazione di Kaftrio per 24 settimane la frequenza è stata superiore a quanto registrato nel gruppo che assumeva il placebo (7.9 vs 5.5%). La sospensione definitiva del farmaco, dovuta ad aumento persistente o elevato degli enzimi epatici, si è verificata nei trial di fase 3 controllati con placebo e nelle persone di età uguale o superiore ai 12 anni solo in uno (Kalydeco/Kaftrio) e due casi (Symkevi).

Effetti epatici correlati a Kalydeco, Orkambi e Symkevi emergono più evidenti negli studi a lungo termine, in particolare nei soggetti di minore età

Quando abbiamo considerato i trial in aperto per la stessa fascia di età ma prolungati fino a 96 settimane, la frequenza di soggetti con elevazione degli enzimi epatici superiore a tre volte il limite della norma raddoppiava arrivando al 18% nel caso del Kalydeco, al 21% nel caso dell’Orkambi, al 6% nel caso del Symkevi (4-6).Un incremento della stessa entità degli enzimi epatici si è verificato con maggior frequenza anche nelle fasce di età inferiori ai 12 anni rispetto ad adolescenti e adulti, soprattutto quando l’osservazione è stata prolungata a circa 2 anni (30% e 19% dei bambini di età compresa tra 2 e 5 anni, rispettivamente durante la somministrazione di Kalydeco ed Orkambi) (7-8).

Alcuni dati sul profilo di sicurezza di Kaftrio, emersi negli studi di fase 3 controllati con placebo

Per quanto riguarda l’ultimo MPC entrato in commercio, il Kaftrio, segnaliamo anche: i) un incremento della creatinchinasi o creatina fosfochinasi (CPK o CK),un enzima che deriva soprattutto dalla muscolatura scheletrica. Non ci sono ancora ipotesi chiare per spiegare l’aumento di questo enzima. Si è verificata in rapporto all’attività fisica nel 10% dei soggetti di età uguale o superiore ai 12 anni in terapia rispetto al 5% dei soggetti che assumevano il placebo; considerando i bambini di età 6-11 anni, la percentuale di quelli con aumento di CPK saliva al 38% dei casi; ii) almeno un episodio di rash (eritema) cutaneo, segnalato tra coloro, di età uguale o superiore ai 12 anni, che assumevano il farmaco o il placebo, rispettivamente nel 10.9% e 6.5% dei soggetti; la percentuale aumentava al 24% dei bambini di età compresa tra i 6 e 11 anni; iii) episodi di colica biliare che hanno portato a colecistectomia in 7 su 500 pazienti, che avevano da pochi giorni iniziato la terapia in due centri americani; 4 su 7 avevano avuto già evidenze in passato di malattia delle vie biliarie, in 6 il riscontro istologico è stato di colecistite cronica con colelitiasi in 4 soggetti, di colecistite acuta con colelitiasi in 2 (9-11).

Considerazioni conclusive

In conclusione, il vero banco di prova per la sicurezza, ma anche per l’efficacia dei MPC, sarà rappresentato dagli studi post-marketing, che sono pianificati nella vita reale, considerando anche le persone escluse dai trial di fase 3 controllati con placebo (12). Di questi ultimi vi è grande necessità per comprendere il vero ruolo di questi farmaci nella terapia delle persone con FC ai quali sono prescritti. I Registri di malattia potranno apportare in futuro molte informazioni sulla loro efficacia nella vita reale, ma purtroppo non sono attualmente in grado, con l’eccezione di quello inglese, di definire adeguatamente il loro profilo di sicurezza (13).

Necessità di studi di farmacovigilanza e di efficacia-sicurezza in particolare sull’evoluzione a lungo termine dell’epatopatia da MPC

Per avere un quadro più preciso sulla sicurezza dei nuovi farmaci servono studi di farmacovigilanza o studi ad hoc, che esaminino, ad esempio, l’evoluzione della malattia nel fegato o nei muscoli scheletrici dopo l’introduzione dei nuovi MPC. Occorre infatti conoscere il significato degli aumenti, spesso ripetuti nei singoli individui, degli enzimi epatici o di CPK, registrati durante l’assunzione degli MPC. Più difficili saranno da studiare le interazioni tra farmaci, ma diventeranno essenziali studi ad hoc anche su questa tematica.
Così come sarà rilevante comprendere quanto il Kaftrio e il Kalydeco, che sono destinati a essere somministrati a lungo termine e anche nelle età pediatriche, possono portare benefici agli organi interessati dalla malattia (per esempio, al pancreas e alla sua sintesi di insulina, da cui la variazione dell’incidenza e prevalenza del diabete e del suo trattamento). Occorre sottolineare che saranno soprattutto le agenzie dei farmaci a dover richiedere alle agenzie farmaceutiche e ai Registri di malattia studi di farmacovigilanza e di efficacia-sicurezza nella vita reale (14, 15). Accanto a questi occorre che si sviluppi un filone di ricerca post-marketing indipendente, che può più facilmente adattarsi ad indagare precisi obiettivi sulla sicurezza e l’efficacia dei modulatori CFTR. Ne è un esempio lo studio Promise, promosso dalla Cystic Fibrosis Foundation nordamericana, appena avviato (16).

Riferimenti bibliografici

1) Gavioli EM, et al. A current review of the safety of cystic fibrosis transmembrane conductance regulator modulators. J Clin Pharm Ther 2021; 46:286-294
2) Burgel PR, et al. Real-life safety and effectiveness of lumacaftor-ivacaftor in patients with cystic fibrosis. Am J Respir Crit Care Med 2020; 201:188-197
3) Debray D, et al. Best practice guidance for the diagnosis and management of cystic fibrosis-associated liver disease. J cyst Fibros 2011; 10(Suppl 2): S29-S36
4) McKone EF, et al. Long-term safety and efficacy of ivacaftor in patients with cystic fibrosis who have the Gly551Asp-CFTR mutation: a phase 3, open-label extension study. Lancet Respir Med 2014; 2:902-910
5) Konstan MW, et al. Assessment of safety and efficacy of long-term treatment with combination lumacaftor and ivacaftor therapy in patients with cystic fibrosis homozygous for the F508del-CFTR mutation (Progress): a phase 3, extension study. Lancet Respir Med 2017; 5:107-118
6) Flume PA, et al. Long-term safety and efficacy of tezacaftor-ivacaftor in individuals with cystic fibrosis aged 12 years or older who are homozygous or heterozygous for Phe508del CFTR (Extend): an open-label extension study. Lancet Respir Med 2021, February 10, doi: 10.116/S2213-2600(20)30510-5
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8) Hoppe JE, et al. Long-term safety of lumacaftor-ivacaftor in children aged 2-5 years with cystic fibrosis homozygous for the F508del-CFTR mutation: a multicentre, phase 3, open-label, extension study. Lancet Respir Med 2021, May 6, doi: 10.1016/S2213-2600(21)00069-2
9) Middleton PG, et al. Elexacaftor-tezacaftor-ivacaftor for cystic fibrosis with a single Phe508del allele. N Engl J Med 2019; 381:1809-1819
10) Zemanick ET, et al. A phase 3 open-label study of ELX/TEZ/IVA in children 6 through 11 years of age with CF and at least one F508del allele. Am J Respir Crit Care Med 2021, March 18, doi: 10.1164/rccm.202102-0509OC
11) Saafirstein J, et al. Biliary disease and cholecystectomy after initiation of elexacaftor/ivacaftor/tezacaftor in adults with cystic fibrosis. J Cyst Fibros 2021, doi: 10.1016/j.jcf.2020.07.014
12) Cesana BM, et al. Phase IV studies: some insights, clarifications, and issues. Curr Clin Pharmacol 2018; 13:14-20
13) Bilton D, et al. Use of a rare disease patient registry in long-term post-authorisation drug studies: a model for collaboration with industry. Lancet Respir Med 2018: 6:495-496
14) EMA. 13 February 2017 (EMA/69716/2017). Patient Registries Workshop, 28 October 2016. Observations and recommendations arising from the workshop. ema.europa.eu (Accessed May 25, 2021)
15) EMA. 15 September 2017 (EMA/510601/2017). Report on cystic fibrosis registries – Workshop 14 June 2017. Patient Registries Initiative. ema.europa.eu (Accessed May 15, 2021)
16) Nichols DP, et al. PROMISE: working with the CF community to understand emerging clinical and research needs for those treated with highly effective CFTR modulator therapy. J Cyst Fibros 2021, doi: 10.1016/j.jcf.2021.02.003