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Gli effetti di Kalydeco dopo 5 anni di assunzione nella vita reale in persone con almeno una mutazione G551D

17 Novembre 2021
Autore: Dott. Cesare Braggion, Direzione scientifica FFC Ricerca

Kalydeco (ivacaftor) è un potenziatore che agisce favorendo l’apertura della proteina-canale CFTR situata sulla membrana cellulare e permettendo così il trasporto del cloro verso l’esterno delle cellule.
Kalydeco è stato il primo farmaco modulatore della proteina CFTR ad aver completato l’iter autorizzativo. In Italia è prescrivibile dai medici dei Centri FC con costo a carico del Sistema Sanitario Nazionale per bambini con fibrosi cistica (FC) a partire dai 12 mesi di età, con un peso corporeo da 7 a 25 kg e con una mutazione di gating compresa tra le nove indicate (G551D, G1244E, G1349D, G178R, G551S, S1251N, S1255P, S549N, S549R). È prescrivibile anche per gli adulti con almeno una mutazione R117H.
All’inizio di quest’anno (2021) è stata pubblicata una revisione sistematica su 75 studi che hanno considerato gli effetti della terapia con Kalydeco nel breve e medio-termine.
Sono pochi, e soprattutto successivi a questa revisione, gli studi che hanno riportato dati di efficacia e sicurezza nella vita reale per periodi di almeno 5 anni. Riportiamo una sintesi di questi.

Kalydeco nella vita reale
Nella letteratura scientifica, i più recenti dati sugli effetti di Kalydeco nella vita reale provengono dal registro nordamericano e dagli UK e fanno riferimento a una somministrazione di Kalydeco rispettivamente di 5 e 4 anni nelle persone con una mutazione G551D di età uguale o superiore ai 6 anni. Le informazioni raccolte sono state messe a confronto con quelle di un gruppo di soggetti di pari età, sesso, valore basale di FEV1 e genotipo con mutazioni severe (classe I, II), che non sono stati trattati con un farmaco modulatore di CFTR. La proporzione delle persone trattate con ivacaftor rispetto a quelle di controllo era di 1:5.

L’effetto sulla funzione respiratoria: il valore di FEV1 nel tempo
I dati USA hanno rilevato, durante 5 anni, una perdita media della percentuale predetta di FEV1 di 0,7 punti in chi assumeva il Kalydeco rispetto a una perdita nel gruppo di controllo di 8,3 punti. I dati riportati dal registro UK hanno evidenziato invece, nel corso di 4 anni, un aumento di percentuale predetta di FEV1 di 4,9 punti in chi assumeva il Kalydeco e una riduzione nei controlli di 4,3 punti. Inoltre, le persone trattate con il modulatore mantenevano nel tempo un miglioramento dello stato nutrizionale, una riduzione delle esacerbazioni polmonari che richiedevano antibiotico endovena e una riduzione dei ricoveri. Anche l’incremento nel tempo della prevalenza di diabete era inferiore in chi assumeva il modulatore rispetto al gruppo di controllo, mentre si riduceva nelle persone trattate la prevalenza del batterio Pseudomonas aeruginosa.
Un altro studio nordamericano in 23 Centri del CF Therapeutic Development Network (l’equivalente del Clinical Trial Network europeo) ha raccolto dati prospettici di efficacia e sicurezza di Kalydeco in persone con FC di età uguale o superiore ai 6 anni con almeno una mutazione G551D durante un periodo fino a 5,5 anni. Lo studio ha riguardato 96 persone con FC all’arruolamento, ridotte all’81% al termine del follow-up. L’andamento medio di FEV1 era caratterizzato da un aumento di 4,8 punti di percentuale predetta dopo 1,5 anni e una successiva riduzione fino a quasi il valore basale, con un declino di FEV1 dopo un mese di terapia di -1,22 % predetto/anno. Il trend era più favorevole, cioè con un minor declino, negli adulti, che presentavano un grado di ostruzione maggiore rispetto a quelli in età pediatrica con funzione polmonare normale. I miglioramenti medi dello stato nutrizionale, del numero di esacerbazioni polmonari, dei sintomi e la riduzione nella prevalenza di Pseudomonas aeruginosa erano invece persistenti.
Infine, uno studio ha riportato i dati del Centro di Manchester su 35 persone con una mutazione G551D in terapia con Kalydeco per 5 anni. L’incremento medio di FEV1 dopo 6 mesi dall’avvio della terapia era di 9,6 punti di percentuale predetta ma successivamente vi era un graduale declino fino ai valori basali dopo 5 anni di terapia. Il declino annuale era di -1,82% predetto/anno, non diverso da quello registrato nei 2 anni precedenti l’avvio della terapia. Si mantenevano invece ridotti nel tempo la necessità di terapia antibiotica e i giorni di ricovero e migliorava lo stato nutrizionale. L’aderenza alla terapia è stata misurata come cicli di 28 giorni di terapia consegnati a domicilio da una azienda rispetto ai giorni prescritti. L’aderenza media si è ridotta lievemente nel tempo fino a circa l’88% ed era associata al declino della funzione polmonare.

L’effetto sulle infezioni da P. aeruginosa
Merita infine segnalare che due studi retrospettivi (questo e questo) hanno riportato che la somministrazione di ivacaftor per una durata di 5 anni si associava a una riduzione della prevalenza di Pseudomonas aeruginosa, sia in chi aveva una infezione cronica sia in coloro che lo acquisivano dopo un intervallo libero. Inoltre, è stata riportata una riduzione nella somministrazione cronica di antibiotici, Dornase alfa e soluzione salina ipertonica per via inalatoria.
Gli studi considerati non hanno segnalato una frequenza di effetti avversi diversa da quella emersa negli studi registrativi di fase 3.

Considerazioni conclusive
Si può concludere che molti benefici del farmaco evidenziati anche nei trial di fase 3 si sono confermati nella vita reale e soprattutto sono persistenti per una durata di 5 anni. L’eccezione a questo trend è però una perdita completa o quasi del guadagno di FEV1 ottenuto nei primi mesi, che è poco comprensibile stante i benefici persistenti ottenuti per tanti altri aspetti, compresi quelli microbiologici. Riteniamo che la perdita nel tempo del guadagno di funzione polmonare ottenuto con la somministrazione del potenziatore vada ben considerata per il significato prognostico che ha ogni perdita di funzione polmonare nel tempo.