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Legge 40 e il destino degli embrioni orfani: no alla ricerca?

1 Settembre 2015
Autore: G. Borgo

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo si è pronunciata sul ricorso presentato da una cittadina italiana, Adele Parrillo. Adele aveva un compagno, il regista Stefano Rolla, uno dei civili morti nella strage di Nassiriya nel 2003. Non riuscendo ad avere figli la coppia aveva deciso di effettuare la fecondazione assistita, da cui erano stati prodotti cinque embrioni, poi crioconservati. Dopo la morte del compagno, Parrillo ha chiesto di poterli donare alla ricerca, “per contribuire a trovare trattamenti per malattie difficili da curare”.

Ma la legge 40/2004, che regola ancora in Italia la complessa materia della procreazione medicalmente assistita, punisce con la reclusione in carcere dai 2 ai 6 anni chi pratica esperimenti su embrioni umani (art.13). La Corte Europea ha stabilito che l’Italia non viola la Convenzione europea sui diritti dell’uomo con questo norma e in pratica ha invitato Parrillo a rispettarla. Nello stesso tempo ha accettato il principio che la decisione sulla sorte degli embrioni riguarda la vita privata di una persona, aprendo quindi nuove possibilità di ricorsi in futuro. Sul parere emesso dalla Corte probabilmente ha pesato anche la prospettiva di una imminente decisione italiana in materia. Nei prossimi mesi infatti in Italia si attende un pronunciamento della Consulta, chiamata a dire se il divieto di utilizzo degli embrioni a scopi scientifici sia legittimo rispetto alla Carta Costituzionale.

L’utilizzo degli embrioni a scopo di ricerca suscita un acceso dibattito: dal punto di vista legislativo le nazioni europee hanno norme e comportamenti molto diversi, che riflettono la complessità del problema dal punto di vista etico e religioso. Dal punto di vista scientifico l’interesse per gli embrioni è dovuto in particolare alle cellule staminali che essi possono fornire: cellule che, non essendo ancora “differenziate”, hanno un’alta capacità di proliferazione e quindi in teoria possono dare origine, mediante coltivazione in vitro, a qualsiasi tessuto od organo).Negli ultimi anni sono stati fatti progressi nell’utilizzo di staminali dette pluripotenti, che derivano da tessuti dell’organismo umano adulto (es: da cellule della pelle o del sangue) e capaci lo stesso di trasformarsi in altri tipi di cellule, ma quelle embrionali sembrano avere il massimo di potenzialità evolutiva. Per questo sono importanti per le ricerca nel campo di malattie cosiddette degenerative (soprattutto neurodegerative come Parkinson e Alzheimer) in cui l’obiettivo è di poter sostituire i tessuti danneggiati con una popolazione di cellule sane. Anche nel campo della fibrosi cistica la ricerca sta esplorando l’utilizzo di cellule staminali: progetti di ricerca finanziati dalla Fondazione FFC hanno indagato su modelli animali la possibilità di ottenere da cellule polmonari mature e geneticamente normali cellule staminali capaci di insediarsi e riparare il tessuto polmonare compromesso dalla malattia.

Ma la possibilità che la ricerca scientifica si avvalga di staminali embrionali in Italia è assolutamente vietata. Il destino degli embrioni che non vengono utilizzati nelle procedure della Procreazione Medicalmente Assistita è stato varie volte discusso e si presenta come una storia tutta italiana: nell’agosto 2004 l’Istituto Superiore di Sanità, organo del Ministero della Salute, aveva emesso le Linee-guida sulla Procreazione Assistita, che ricalcavano la legge 40/2004 da poco emanata; esse promuovevano presso l’Ospedale Maggiore di Milano l’istituzione della prima “Biobanca” nazionale: un laboratorio dotato di attrezzature destinate a conservare in azoto liquido, a 196 gradi sotto zero, gli embrioni “orfani”. In altre parole quelli che non erano mai stati utilizzati dalle coppie d’origine e che erano “in accertato stato d’abbandono”. Erano considerati tali gli embrioni per i quali il Centro aveva acquisito la rinuncia scritta al futuro impianto da parte della coppia o della singola donna. Ma anche quelli appartenenti a coppie che da almeno un anno risultavano irreperibili. Un’apposita indagine ne aveva censiti come crioconservati, nei vari centri, circa 30.000, di cui però solo circa 3.000 potevano essere classificati “in stato di abbandono”. La Biobanca è stata allestita, ma gli embrioni non sono mai stati trasferiti. Si è arrivati così al 2010, anno in cui Ferruccio Fazio, allora ministro della Salute, aveva nominato una commissione per affrontare la questione: al termine dello studio, per ragioni giuridiche (possibilità di contenziosi) ed economiche (necessità di ulteriori fondi per il trasporto degli embrioni), gli esperti avevano detto «no alla super banca per gli embrioni orfani, no alla loro distruzione e sì alla possibilità di darli in “adozione a genitori sterili». Quest’ultima ipotesi non è stata mai esplorata ma,in compenso, l’intera vicenda ha decretato anche lo stop definitivo alla possibilità di destinare gli embrioni orfani alla ricerca scientifica.

La conclusione pratica è stata ed è il permanere di tutti gli embrioni crioconservati (prima e dopo la legge 40) nei Centri in cui erano e sono custoditi. Non ci sono dati scientifici certi sul tempo massimo di sopravvivenza e idoneità all’impianto nell’utero della donna degli embrioni sottoposti a congelamento. Certamente, ricorrendo ad embrioni congelati, con l’aumentare della durata del congelamento il tasso di successo dell’impianto, e quindi dell’avvio di gravidanza diminuisce, e molti centri valutano in cinque anni questo tempo massimo, anche se sono in gioco molti altri fattori.

Sul tema degli embrioni e del loro utilizzo a scopo di ricerca, segnaliamo un articolo dal sito eurostemcell.org che riporta e confronta differenti posizioni etiche.

Segnaliamo che FFC ha finanziato tre progetti di ricerca nel campo delle staminali:
Un approccio basato sulle cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) per il ripopolamento e la correzione fenotipica dell’epitelio polmonare affetto da fibrosi cistica, progetto FFC#2/2013
Ancora su sperimentazione clinica di cellule staminali in malattie polmonari, 24/03/2013
Cellule staminali in Fibrosi Cistica: evidenze promettenti,21/1/2005