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Un adesivo per il sudore per la diagnosi in tempo reale della fibrosi cistica – intervista alla dott.ssa Natalia Cirilli

9 Agosto 2021
Autore: Federica Lavarini, Direzione Scientifica FFC

La copertina del 31 marzo scorso della prestigiosa rivista Science Translational Medicine rappresenta in maniera stilizzata quella che potrebbe essere una svolta epocale nel test del sudore, usato per confermare o meno una sospetta diagnosi di fibrosi cistica.
L’immagine mostra un adesivo rotondo sul braccio di una persona e rappresenta un innovativo test per il sudore messo a punto da un gruppo di ingegneri guidati da Tyler R. Ray del Dipartimento di Ingegneria Meccanica presso la Northwestern University di Chicago (Stato Uniti).
Per approfondire il suo funzionamento e le sue potenziali applicazioni nella diagnosi della fibrosi cistica (FC) abbiamo chiesto un commento a Natalia Cirilli, biochimica presso il Centro Regionale Fibrosi Cistica degli Ospedali Riuniti di Ancona.

Come funziona l’adesivo per il sudore
Science Translational Medicine è sicuramente la rivista giusta per fare questo tipo di annuncio, che infatti non è passato inosservato” afferma Natalia Cirilli.
Il test del sudore presentato nell’articolo consiste nel raccogliere il sudore del paziente in cui si sospetta FC attraverso un piccolo patch adesivo, simile a un cerotto, appoggiato sulla pelle dell’avambraccio.
I ricercatori hanno messo a punto e incorporato nel dispositivo stesso anche un sistema di misurazione della concentrazione di cloro nel sudore il cui esito viene fornito attraverso una scala colorimetrica.
“Non è la prima innovazione in questo ambito. Il test del sudore è un esame complesso, che richiede personale dedicato e, soprattutto nei neonati sottoposti a screening neonatale, una quantità di sudore adeguata”.
Da oltre cinquant’anni, l’unico metodo di test del sudore validato per la diagnosi di fibrosi cistica è quello di Gibson-Cooke, che consiste nella stimolazione con pilocarpina e determinazione del cloro nel sudore. “Attorno al 2004”, continua Cirilli, “l’introduzione del sistema Macroduct ha contribuito a standardizzare la raccolta del sudore e a ridurre i rischi legati alla procedura di stimolazione. Con questo sistema, la raccolta del sudore avviene su spirale anziché su carta da filtro o garza e l’analisi avviene per via conduttimetrica che però, ricordiamo, a tutt’oggi non è ancora stata validata come metodo di conferma ma solo come metodo di screening.
Il sistema di raccolta su spirale ha il vantaggio di poter analizzare il sudore senza doverlo diluire da campioni su carta o garza; lo svantaggio è legato al dispositivo di raccolta”.
Va detto che, attualmente, il sistema di raccolta del sudore con la spirale viene usato soltanto in pochi centri FC in Italia per i costi molti elevati. Viene tuttavia impiegato in tutti i centri dove sono in corso gli studi sui nuovi modulatori/correttori della Vertex, poiché questo sistema di raccolta è il solo validato dalla ditta farmaceutica.

I vantaggi dell’adesivo per il sudore
“L’adesività del patch è stato il primo elemento che mi ha dato fiducia”, afferma Natalia Cirilli, che è anche responsabile del gruppo di lavoro sul test del sudore della Società Italiana per lo Studio della Fibrosi Cistica (SIFC). “Il sistema Macroduct richiede non poca manualità da parte dell’operatore per il corretto posizionamento del dispositivo di raccolta del sudore e una buona collaborazione da parte del paziente, che deve sostanzialmente rimanere fermo per 20-30 minuti. Se il campione non risulta adeguato, cioè se non si raccoglie una quantità di sudore sufficiente, non si può procedere con l’analisi ed è necessario ripetere l’intera procedura con dispendio di tempo e di risorse. Nei neonati sottoposti a screening neonatale è ancora più difficile ottenere un campione di sudore adeguato. Il sistema adesivo proposto da Ray e collaboratori sembra superare queste problematiche.
Il test del sudore è decisivo per confermare la presenza della fibrosi cistica e per procedere con ulteriori approfondimenti diagnostici, ritardare questo risultato significa ritardare la diagnosi. Allora ben venga l’innovazione, se si dimostra superiore alla metodica di riferimento”.

Oltre l’innovazione: l’importanza di una diagnosi corretta
Data l’apparente semplicità di esecuzione, gli autori suggeriscono che tale test potrebbe essere eseguito anche a casa.
“Il test del sudore nasce e resta un test diagnostico per la fibrosi cistica che serve in un momento cruciale della vita del paziente e della sua famiglia” commenta Cirilli. “Una diagnosi errata o una diagnosi non tempestiva porta a conseguenze drammatiche nella vita di un malato e di una coppia di genitori. Per questo non lo demanderei mai al domicilio di un paziente e nemmeno lo inserirei nei percorsi di telemedicina nel caso si voglia monitorare il valore di cloro nel sudore nei pazienti che assumono un modulatore del CFTR. Il test del sudore, come qualsiasi altro test di laboratorio, deve essere interpretato sia dal punto di vista tecnico che clinico. Affinché il paziente possa avere una diagnosi corretta deve rivolgersi a centri di eccellenza che hanno il know-how per gestire il percorso diagnostico più adatto al singolo soggetto. Inoltre, tengo a sottolineare come questo tipo di studi debba essere filtrato da un esperto del settore, altrimenti si rischia di creare confusione nei pazienti che sono spesso vittime di eccessivo entusiasmo dovuto all’enfasi con cui vengono date certe notizie”.

I risultati scientifici sull’adesivo al sudore
Come raccontano gli stessi autori, i risultati presentati riguardano uno studio pilota che ha bisogno di ulteriori dati di validazione. Innanzitutto, è necessario coinvolgere un maggior numero di pazienti, soprattutto giovani: per esempio, gli adesivi sono stati testati soltanto su tre neonati nella fascia d’età 0-6 mesi.
Inoltre, va ampliato il campione di persone con FC su cui testare il sistema, in modo da comprendere più condizioni possibili (pazienti con FC, pazienti affetti da forme correlate con disfunzione della proteina CFTR, neonati con designazione diagnostica CFSPID).
“Un’ulteriore considerazione è che questo metodo di raccolta e analisi presuppone sempre una fase di stimolazione” osserva Cirilli. “Nello studio pubblicato ciò avviene tramite la ionoforesi con pilocarpina, che però non è ancora stata incorporata nel dispositivo proposto. Pertanto, almeno la fase di stimolazione del sudore deve avvenire con un opportuno apparecchio elettromedicale gestito da personale esperto e in un ambiente verosimilmente ospedaliero”.
Infine, va perfezionata l’analisi colorimetrica: si tratta di un saggio nato e validato in ambiente sportivo ma per essere applicato alla fibrosi cistica vanno confermati la sua accuratezza, precisione, intervallo di riferimento e valori soglia.
“Va rimarcato” conclude Natalia Cirilli, “che nell’articolo non si parla assolutamente di chi si prende cura del risultato e della comunicazione dell’eventuale diagnosi di malattia. Il paziente sembra lasciato a se stesso e questo non è etico. Qui sta, a mio avviso, il più grande limite dell’articolo. E ci fa capire una volta di più che si tratta di uno studio iniziale, portato avanti da tecnici, quali ingegneri e informatici, non abituati al fatto che chi lavora negli ambienti di cura si deve sempre occupare anche dell’aspetto comunicativo”.