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25 Gennaio 2005

Potenzialità e limiti del test genetico per fibrosi cistica: il caso delle coppie con problemi di fertilità.

Autore: Silvia
Domanda

Salve,

ho scoperto – attraverso un esame del dna per la ricerca di mutazioni collegate alla fibrosi cistica prescritto a me e mio marito dal centro che ci segue per un problema di subfertilità – di avere la mutazione deltaF508. Dallo stesso esame (uno screening di primo livello su 36 mutazioni), in mio marito non sono emerse mutazioni. Non siamo a conoscenza di casi di malati di fibrosi cistica nelle nostre famiglie di origine. A mio marito è stato comunque prescritto un ulteriore test per verificare l’eventuale esistenza di mutazioni più rare. Poiché presumo che la prassi in questione sia costante nei casi come il nostro, vorrei sapere se esistono statistiche basate sugli screening di questo tipo effettuati in passato, che evidenzino la frequenza percentuale con cui si riscontrano mutazioni con questa seconda batteria di test. Provo a porre la domanda diversamente, per evitare fraintendimenti: ipotizziamo che finora siano state sottoposte al test di primo livello 10.000 persone, in 100 delle quali – dico un numero “a caso”, non essendo io a conoscenza di questo valore – sono risultate presenti delle mutazioni. Queste 100 persone sono pertanto state sottoposte ad un ulteriore test per verificare l’eventuale presenza di mutazioni più rare e in 2 di esse sono effettivamente state riscontrate mutazioni. Detto questo: mi interesserebbe conoscere quali sono i numeri che emergono dagli screening effettivamente condotti, con cui sostituire i valori da me ipotizzati in modo del tutto casuale (ossia 2 su 100 al secondo test e 100 su 10.000 al primo test).

Se può servire, posso precisare che – visto che forse le statistiche sono diverse nelle diverse regioni – noi siamo piemontesi.

Grazie in anticipo.

 

Risposta

E’ diventata una prassi nei centri italiani che si occupano di infertilità prescrivere il test genetico per fibrosi cistica ai loro utenti: purtroppo, e questo è molto criticabile, manca l’abitudine di consigliare assieme al test una consulenza genetica, cioè un colloquio con un genetista che informi sul perché di questo tipo di indagine, sulle caratteristiche del test e sulle implicazioni dei suoi risultati, in particolare rispetto alle scelte riproduttive che la coppia intende affrontare. Cercheremo di rispondere alla domanda nei suoi aspetti di interesse più generale, perché invece per gli aspetti personali specifici (che cosa vuol dire la diagnosi che è stata fatta di “subfertilità?” In particolare qual è il quadro clinico del marito? Le indagini sono orientate alla realizzazione di una fecondazione assistita?) è indispensabile che la coppia si rivolga ad un genetista esperto di fibrosi cistica presso un servizio di consulenza genetica (in Piemonte, per stare al caso cui si riferisce la domanda, ve ne sono di molto validi).

– Il test genetico per fibrosi cistica (FC) è consigliato:

1) perché oggi si sa che una particolare forma di infertilità maschile (atresia congenita dei dotti deferenti ) è una forma, localizzata all’apparato urogenitale, della malattia fibrosi cistica

2) perché la FC è malattia non infrequente, con un numero di portatori del gene nella popolazione generale abbastanza elevato.

– La FC è malattia genetica ereditaria.

Per le informazioni sulla caratteristiche cliniche della malattia la rimandiamo alle notizie contenute in questo sito. Nasce un bambino malato di FC circa ogni 2500 nati. Dal numero dei nati malati si ricava, con una formula di statistica genetica, il numero dei portatori: una persona ogni 25 circa. Il portatore del gene FC è un individuo che non ha nessun sintomo di malattia e nella grande maggioranza dei casi non ha nessun parente malato di fibrosi cistica. Il portatore del gene FC se ha per partner un altro portatore ha, ad ogni gravidanza, una probabilità su 4 di avere un figlio malato.

– Lo screening della popolazione generale per il gene della FC in Italia, tranne poche eccezioni in alcune regioni, non viene effettuato e quindi non disponiamo delle statistiche che lei ci chiede.

La ragione per cui lo screening non è realizzato è che non abbiamo ancora il test genetico adatto a questo scopo. Il gene della fibrosi cistica, scoperto nel 1989, è un gene che può contenere nella sua struttura tantissime alterazioni (“mutazioni”). Chi è portatore del gene FC ha nel suo DNA la sua particolare mutazione. Per identificare tutti i portatori, il test ideale dovrebbe essere in grado di identificare tutte le mutazioni ed essere di facile ed economica esecuzione.

– Esistono invece varie tecniche, con grado crescente di complessità di esecuzione e capacità di identificare le mutazioni, dette di primo, secondo e terzo livello. Le tecniche dette di primo livello (ad esempio Reverse Dot Blot =RDB, Oligonucleotide Ligation Assay =OLA) sono in grado di identificare circa il 75% delle mutazioni, quelle di secondo livello (ad esempio Denaturing Gradient Gel Electrophoresis =DGGE, Denaturing High Performance Liquid Cromatography =DHPLC) circa l’85-90%. Le tecniche di terzo livello sono assai complesse e sono riservate a situazioni molto particolari.

In generale il singolo individuo che si sottopone al test genetico può avere due tipi di risposta:

– un test genetico “positivo”: significa che quella persona è certamente un portatore sano del gene FC;

– un test genetico “negativo”: significa che è meno probabile di prima (ma non impossibile), che sia un portatore, in altre parole ha “probabilità bassa”, ma non esclusa, di esserlo.

Esistono delle formule di statistica genetica che permettono di dire che per il soggetto risultato negativo ad un test genetico di primo livello la probabilità di essere portatore passa da uno su 25 (che è la probabilità di chi non ha fatto il test) a circa uno su 105. Se il test è di secondo livello la probabilità diventa ancora più bassa, uno su 260 circa, ma non diventa zero (“Modelli di analisi genetica per fibrosi cistica” di Castellani C.- Commissione di studio sulle modalità di analisi per fibrosi cistica).

Una coppia della popolazione generale ha un rischio di uno su 2500 circa di avere un figlio malato di FC (anche se non ha nessun caso in famiglia, come abbiamo detto sopra). Quando tale coppia si sottopone al test genetico FC di primo livello può avere tre tipi di risposta:

– entrambi i componenti con bassa probabilità di essere portatori (entrambi con risultato negativo del test): il rischio di avere un figlio malato si può stimare pari a uno su 40.000 circa

– entrambi portatori: il rischio è di uno su 4 (=25%)

– uno portatore e l’altro con bassa probabilità di esserlo: il rischio è di circa uno su 400

Per approfondire le indagini, in condizioni selezionate, si può ricorrere ai test genetici FC di secondo livello. Quando si accede ad un test genetico FC di secondo livello bisogna sapere che esso offre vantaggi e svantaggi: può infatti individuare la mutazione di chi era risultato negativo al test di primo livello (test “positivo” = diagnosi di portatore FC) oppure puo’ ulteriormente diminuire le probabilità di essere portatore (test di nuovo “negativo”); a volte però trova delle variazioni nella sequenza del DNA di cui si ignora il significato e per le quali non si può dare una risposta utile.

Si stima che la coppia in cui un componente è portatore del gene FC e l’altro è negativo ad un test di secondo livello abbia un rischio di avere un figlio malato pari a uno su 1000 circa. Va anche aggiunto che questa stima si applica quando i componenti della coppia non hanno sintomi di fibrosi cistica: se vi sono degli elementi che fanno sospettare la malattia, sia pure in forma lieve o lievissima (come sarebbe nel caso di un maschio con infertilità da atresia dei dotti deferenti) è importante che quel soggetto approfondisca al massimo le indagini, non solo sul piano genetico, ma anche clinico (fare almeno il test del sudore) e che la valutazione complessiva del rischio riproduttivo sia attentamente considerata solo al termine degli accertamenti.

 

Dr.ssa Graziella Borgo - Genetista Medico


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