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9 Gennaio 2007

Reflusso gastroesofageo (RGE) in fibrosi cistica

Autore: Enzo
Domanda

Vorrei se possibile sapere se la fibrosi cistica può provocare disturbi a livello del tubo digerente, come il reflusso gastroesofageo, e se la cura con Zantac (ranitidina) per una bambina di otto anni sia la più adatta e se ci sono alimenti e comportamenti alimentari da seguire per non aggravare questa patologia visto che mia figlia dopo circa un mese di cura lamenta ancora bruciori e mal di pancia.

Grazie

Risposta

Per reflusso gastroesofageo (RGE) si intende il passaggio di materiale dallo stomaco in esofago. Il RGE rappresenta un evento fisiologico, soprattutto a distanza variabile dal pasto, e nei lattanti sotto l’anno di vita può essere presente, con il suo contenuto acido, fino al 10% della durata di una registrazione di 24 ore dell’acidità in esofago (pH-metria). Questo evento nei lattanti è il più spesso visibile sotto forma di rigurgiti o, per la brevità dell’esofago a questa età, di vomito. La durata del RGE fisiologico diminuisce con l’avanzare dell’età per attestarsi intorno al 5%, della durata di una registrazione di 24 ore, nel bambino più grande e nell’adulto. A queste età il RGE il più spesso non viene visualizzato o avvertito soggettivamente..

Quando un RGE può essere definito una malattia (MRGE)?

Quando la quantità di cibo rigurgitata o vomitata determini delle perdite di nutrienti da non consentire la crescita o il mantenimento del peso, o quando la risalita di materiale, prevalentemente acido, induca delle lesioni infiammatorie erosive a carico dell’esofago (MRGE erosiva), o degli spasmi dell’esofago pur in assenza di lesioni erosive (MRGE non erosiva), avvertiti come dolore o bruciore “toracico” retrosternale, nei bambini più grandi e negli adulti. La MRGE può essere caratterizzata anche da sintomi respiratori a carico delle alte e delle basse vie respiratorie, indipendenti da sintomi esofagei.

Segnalazioni di una maggiore frequenza di RGE nella fibrosi cistica (FC) datano a circa 20 anni fa, ma sono state aneddotiche o basate su metodi di stima del RGE con scarsa accuratezza diagnostica, quale la radiologia.

Circa 10 anni fa un gruppo australiano pubblicava una serie di articoli nei quali concludeva, da una parte, che il drenaggio posturale in corso di fisioterapia avrebbe potuto indurre RGE (Arch Dis Child 1997;76;148-150), dall’altra, prospettava che il RGE era presente nei lattanti FC prima ancora della comparsa di sintomi respiratori rilevanti (Arch Dis Child 1998;78;44-48). Questi articoli hanno tramandato negli anni l’idea che le persone con FC siano a rischio di RGE spesso sovrapposta all’idea di un maggiore rischio di MRGE. In realtà, mantenendo la distinzione suddetta tra RGE e MRGE, si può obiettare che i dati del gruppo australiano indicano una maggiore prevalenza di RGE ma non di MRGE. Nello studio dei lattanti, infatti, i soggetti con RGE, definito dalla pH-metria, non avevano problemi nutrizionali rispetto a quelli senza RGE, né avevano una malattia polmonare più severa, che potesse far ritenere che il RGE inducesse una MRGE a carico dell’albero respiratorio.

Più recentemente tuttavia in una casistica di bambini FC, che nei 2/3 dei casi presentavano sintomi di MRGE, un RGE patologico alla pH-metria veniva dimostrato nel 55% dei casi e in 10 soggetti che avevano un grado moderato severo di RGA alla pH-metria, veniva dimostrata un’esofagite da reflusso, prevalentemente macroscopica.

Sulla base di tali dati si può concludere che un bambino FC deve essere gestito, nei riguardi di una sospetta MRGE come altri bambini, valorizzando la sintomatologia. Un dolore retrosternale o all’epigastrio (cioè nella parte alta dell’addome), come è prassi nell’adulto, può essere trattato empiricamente con un farmaco che blocchi l’acidità dello stomaco, come la ranitidina, ricordando che tale farmaco ha una farmacocinetica diversa nei soggetti con FC (J Clin Pharmacol 1999;39:1242-7). In caso di mancata risposta al trattamento o di ricomparsa dei sintomi alla sospensione dello stesso è opportuno eseguire endoscopia digestiva, corredata da biopsie esofagee in sede distale e prossimale, in quanto in assenza di lesioni erosive visibili all’endoscopia si può diagnosticare un’esofagite da reflusso pur in presenza di pochi esosinofili (l’esofago non ne contiene normalmente) o un’esofagite esosinofila, in presenza di oltre 15-20 eosinofili per campo microscopico ad alto ingrandimento. Quest’ultima entità clinica, ormai sempre più valorizzata, può simulare una MRGE ma non risponde a trattamento con farmaci bloccanti l’acidità dello stomaco (anti H2, quale la ranitidina o inibitori di pompa protonica) ma solo a cortisone per uso topico o per via generale. In caso di lesioni erosive, invece, sarebbe opportuno trattare i soggetti con farmaci inibitori di pompa.

La MRGE può indurre o aggravare la malattia polmonare FC e come fare per provare tale ipotesi?

Non ci sono studi che dimostrino che il decorso della malattia polmonare nella FC sia influenzato dalla MRGE, ma di recente è stato prospettato che il decorso post-trapianto polmonare possa esserne influenzato.

A seguito, infatti, di un case report (Chest 2000;118:1214-7) in cui un paziente dopo un ri-trapianto di polmoni presentava un rapido declino della funzione polmonare, che era però reversibile a un intervento di correzione del reflusso gastroesofageo con la tecnica di Nissen, veniva suggerito di considerare il RGE come causa di rigetto del trapianto. Da allora venivano pubblicati vari studi sull’argomento. In uno veniva dimostrato che la frequenza del RGE aumentava dopo il trapianto (65%), rispetto a quella, non trascurabile (35%), pre-trapianto, in soggetti prevalentemente asintomatici dal punto di vista gastrointestinale. Veniva suggerita, pertanto, l’opportunità di studiare il ruolo del RGE nel decorso post-trapianto (Chest 2003;124:1689-93).

La consapevolezza di questo rischio ha indotto il gruppo dei trapiantologi del Great Ormond Street Hospital di Londra a includere le indagini per il RGE obbligatoria nei soggetti FC, anche pediatrici, sottoposti a trapianto polmonare. L’esperienza riportata (Pediatr Pulmonol 2005;40:68-71).era che su 10 bambini trapiantati, 2 avevano un RGE severo (come definito da un indice di reflusso oltre il 20%, 5 mederato (10-20%), 2 lieve (5-10%) e uno non presentava RGE perché in precedenza era stato sottoposto a intervento chirurgico anti RGE. Tutti i soggetti non presentavano sintomi da RGE. In uno studio (Ann Thorac Surg 2005;80:1254-60) eseguito su soggetti candidati al trapianto polmonare, comprendenti anche 5 soggetti con FC, veniva documentata una pH-metria patologica in circa 1/3 dei casi, nonostante sintomi da reflusso fossero presenti in circa 2/3 dei casi. Tali indagini non venivano ripetute dopo trapianto polmonare.

Le indagini pre e post trapianto per il RGE venivano invece eseguite in un altro studio che mostrava una frequenza di RGE molto elevata sia prima che dopo l’intervento (J Heart Lung Transplant. 2005;24:1522-9). Certamente, quanto suggerito dal caso di rigetto reso reversibile dal trattamento chirurgico anti RGE è inquietante, ma l’elevata frequenza di RGE asintomatico, con l’eccezione di uno studio, può suggerire che il RGE possa essere conseguenza dell’avanzare della malattia polmonare o dell’intervento chirurgico di trapianto.

Come fare a verificare se il RGE è causa o fattore causale della malattia polmonare? Esiste un marcatore biologico o un esame che dimostri la presenza di aspirato di succo gastrico nell’albero bronchiale?

Quale sia lo standard di riferimento (gold standard) per la diagnosi di aspirazione polmonare del RGE è oggetto di dibattito, ma sebbene ci siano dei dati controversi, la presenza di macrofagi “carichi” di lipidi (MCL) nel liquido di lavaggio alveolare (BAL), è ritenuta un marcatore biologico dell’aspirazione di materiale acido nell’albero bronchiale. A questo proposito studi del gruppo di Denver mirati a svelare segni di infiammazione polmonare in lattanti diagnosticati per screening, prima dell’insorgenza dell’infezione polmonare, non hanno documentato MCL nel BAL, né ci sono documentazioni in tal senso in età successive. Uno studio recente (Resp Res 2005;6:72), che mostra l’assenza di MCL in bambini con MRGE non FC in assenza di malattia respiratoria, potrebbe costituire una base importante per andare a verificare la presenza di MCL nel BAL in soggetti FC, laddove si sospetti che una MRGE possa giocare un ruolo nella malattia polmonare. Questo reperto di MCL non è stato dimostrato, negli studi sopra citati, in soggetti con RGE nella fase pre o post trapianto e potrebbe avere più spiegazioni. La prima è che il reperto di MCL non sia un marcatore biologico accurato. In questo caso, allora, sarebbe necessario organizzare degli studi controllati per verificare se il trattamento verso il non trattamento del RGE influenzi il decoro post-trapianto. La seconda possibilità è che il RGE sia solo associato alla malattia polmonare severa, o forse conseguenza, e in questo caso bisognerebbe trattare solo i soggetti con MRGE con sintomi gastrointestinali.

Prof. Giuseppe Magazzù

Reparto di Gastroenterologia Pediatrica e Servizio per la Fibrosi Cistica

Istituto di Clinica Pediatrica, Policlinico, Università di Messina

G. M.


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