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12 Maggio 2014

Forme classiche e forme atipiche di fibrosi cistica. A proposito delle aspettative di vita

Autore: Maria
Domanda

Ho letto che la vita media di pazienti affetti da Fc è di 40 anni. Vorrei sapere per i pazienti affetti da una forma atipica di FC se sono anch’essi a rischio di una vita breve.

Risposta

Intanto merita commentare il concetto di “vita media” espresso nella domanda. Questa riguarda un valore matematico calcolato come media degli anni di vita raggiunti da tutte le persone malate di FC al loro ultimo giorno di vita. Ma questo valore non è di grande rilievo perché trascura tutti i pazienti che sono in vita, che potrebbe essere anche molto lunga per loro. Quello che si usa invece abitualmente è il concetto di “aspettativa media (o mediana) di vita”. Questo corrisponde ad un numero di anni calcolati, ad una certa epoca, su una popolazione di pazienti viventi e non viventi (con qualunque forma di malattia correttamente diagnosticata), mediante una elaborazione statistica chiamata “analisi di sopravivenza”. Questa elaborazione si basa su un metodo che permette una stima o “proiezione” di probabilità. Dire che oggi l’aspettativa mediana di vita è di circa 40 anni significa che un paziente con FC, nato nel periodo di osservazione della popolazione studiata, ha una probabilità del 50% di vivere oltre 40 anni e una probabilità del 50% di non raggiungere quell’esito. Su questo tema si veda anche la domanda del 27.05.2012 Aspettativa di vita: perché non diciamo le cose come stanno?

Il secondo concetto che propone questa domanda è quello di “fibrosi cistica atipica”. Questo rischia di essere un concetto vago anche se abitualmente usato per definire quelle forme di fibrosi cistica che non corrispondono a caratteristiche “classiche” della malattia. Tentiamo di dare un orientamento seppur approssimativo sulla questione.

Le “forme classiche” sono quelle che si manifestano con sintomi molteplici, a carico di vari organi, e test del sudore francamente positivo (valori di cloro intorno ai 100 mEq/L). All’interno di queste forme si distinguono sotto-forme con insufficienza pancreatica (85-90% dei casi) e sotto-forme con sufficienza pancreatica (10-15% dei casi). I casi con sufficienza pancreatica vanno in genere meglio di quelli con insufficienza pancreatica (e hanno mediamente un test del sudore lievemente più basso degli altri), anche se le complicanze broncopolmonari non vengono risparmiate. Quando c’è insufficienza pancreatica sono in causa due mutazioni CFTR definite “severe”; nelle forme con sufficienza pancreatica si trova almeno una mutazione di tipo “mild” (lieve). Le forme classiche possono comportare in genere interessamento di vari organi (oltre ai polmoni e al pancreas), con grande variabilità da caso a caso: interessamento epatico, diabete, infertilità maschile, sinusite e poliposi nasale, ileo da meconio e ostruzioni intestinali, osteoporosi, ed altro. Al di fuori di queste forme “classiche” si collocano quelle (e sono una ridotta frazione di tutti i casi di fibrosi cistica) in cui le manifestazioni della malattia interessano in genere (o prevalentemente) un solo organo e sono genericamente indicate come “forme atipiche”: in queste, il test del sudore in genere fornisce concentrazioni di cloro assai più basse rispetto alle forme classiche e spesso contenute nella fascia cosiddetta “borderline” (valori di cloro tra 40 e 60 mEq/L) o, eccezionalmente, normali. Gli epidemiologi tendono ad ignorare il concetto di “atipico” e preferiscono parlare di “disordini CFTR correlati” (CFTR-related disorders). Vi si annoverano: la pancreatite cronica idiopatica, l’infertilità maschile da assenza dei dotti deferenti (CBAVD); alcuni vi inseriscono le bronchiectasie diffuse, l’ipertripsinemia persistente (valori elevati di tripsina per lungo tempo dalla nascita) ed altre possibili patologie associate a mutazioni CFTR. In questi casi sono spesso in causa mutazioni CFTR rare o rarissime, spesso identificabili solo attraverso il sequenziamento completo del gene CFTR: sono mutazioni che consentono una funzionalità residua della proteina CFTR. Talora si trova una sola mutazione, rimanendo la seconda non identificabile, essendo possibile che giochino un ruolo anche mutazioni di geni diversi dal gene CFTR. L’idea complessiva che ci siamo fatta di questa variabilità di manifestazioni della fibrosi cistica è che in realtà vi sia una ampia gamma di espressione della malattia, in dipendenza dal tipo di mutazioni CFTR che sono in gioco ma anche di altri fattori genetici di cui ancora poco conosciamo e di modalità di vita e di cura. In conclusione, possiamo continuare ad usare il termine di “atipico” per dire di quelle forme che non quadrano completamente con le forme “classiche”, anche se spesso è difficile definire con chiarezza questa condizione nei primi tempi della vita: solo l’evolversi dello stato di salute nel tempo permette di separare il destino delle forme meno favorevoli da quelle a decorso più benigno. Per venire infine al quesito posto dalla domanda, cioè di quanto vivono le persone con “forme atipiche”, dobbiamo rispondere che ragionevolmente e sulla base della corrente osservazione clinica (almeno dei casi che si riescono a diagnosticare correttamente) queste persone campano di più o molto di più di quelle con “forma classica”. Tuttavia, non conosciamo dati statistici che consentano di formulare corrette previsioni. E questi sono difficili da ricavare perché in realtà entro questo insieme “atipico” vi è una grande varietà di situazioni e di espressioni di malattia e molti dei casi con manifestazioni lievi sfuggono alla diagnosi e al controllo medico.

G. M.


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