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22 Febbraio 2016

Il test del portatore sano FC: perché le strutture sanitarie, ostetriche in particolare, non lo propongono?

Autore: Arianna
Domanda

Buongiorno, mi scuso in anticipo per il disturbo e per questa e-mail. Sono una mamma di Albaredo d’Adige (VR) con una bimba di 10 mesi. Praticamente siamo all’inizio di questa “avventura” che il destino ci ha riservato. Credo possiate ben capire lo stato d’animo che io e mio marito in questi mesi stiamo provando, tutte le difficoltà, l’essere ancora all’oscuro di ciò che stiamo affrontando, la paura di cosa e come sarà e tutto l’insieme. Non voglio dilungarmi troppo perché credo che conosciate molti genitori e molte situazioni. Vi scrivo solo per darvi un mio parere su un argomento che oggi, con la consapevolezza di ciò che ci è successo, capisco.

Io guardo qualche volta su Facebook nella pagina della Fondazione se ci sono novità e quando leggo “Fare il test del portatore” mi viene solo una gran rabbia. Credo che sia inutile fare pubblicità di un argomento così importante su una pagina Facebook o comunque solo sul sito della Fondazione, perché io stessa posso definirmi, prima di 10 mesi fa, disinteressata a certi argomenti, non sapevo nemmeno esistesse come malattia la fibrosi cistica! Sì ok, a volte l’ho sentita nominare come altre malattie ma finché la cosa non ti tocca nel vivo si vive nell’ignoranza e nel disinteresse. Io voglio solo dire questo: non serve a nulla fare pubblicità e informazione in questo modo, credo che sia necessario che ginecologi, dottori e strutture sanitarie mettano a conoscenza i cittadini di determinati rischi e test da fare, non serve a nulla la classica domanda del ginecologo “avete malattie in famiglia?”. Ora noi come famiglia stiamo indagando e abbiamo già avuto 4 riscontri di portatori, e fortunatamente chi ha già avuto figli prima di noi possiamo dire “gli è andata bene”.

Penso che possiate immaginare che in questo momento io vi sto scrivendo un po’ con il senso “ce l’ho con il mondo intero”, ecco. So che non è colpa di nessuno e nemmeno nostra. E’ successo e punto. Ma ci deve essere informazione più approfondita per tutti.
Le chiedo scusa per questa e-mail. E’ giusto far conoscere e spero in futuro di riuscire a digerire questa cosa e di fare di più. Comunque bisogna lottare per l’informazione. Basta anche qualche manifesto negli ospedali e centri ostetrici. Noi siamo stati alla clinica Mangiagalli di Milano per informazioni su future gravidanze e c’era un cartellone grande come una parete, con questa informazione su FC e altre malattie. So che state facendo molto e spero il prima possibile di poter usufruire per la mia bambina di qualche risultato della ricerca. Vi chiedo scusa se sono stata scortese, ma credo possiate capire che è ancora tutto molto difficile per noi. So che ce la faremo e questo non ci fermerà nel realizzare i nostri sogni.
Grazie per il lavoro di ricerca che state facendo, siamo fiduciosi che possiate arrivare alla cura per tutti i nostri bambini.
Cordiali saluti.

Risposta

Pubblichiamo questa lettera dopo averne chiesto il consenso, perché la dolorosa esperienza personale solleva ancora una volta il problema della promozione del test per il portatore FC in Italia. Abbiamo altre volte affrontato la questione in risposta a domande e riflessioni che ci sono arrivate (1, 2) e sul sito della Fondazione c’è un ampio documento sul test del portatore (3). L’aspetto particolare sottolineato da questa mamma è che i sanitari che per primi vengono a contatto con la donna o la coppia che pensa ad avere un figlio sono soprattutto i ginecologi. Sono loro i depositari di quella che tecnicamente viene chiamata consulenza genetica di primo livello, vale a dire la raccolta delle informazioni su eventuali rischi genetici/ereditari che il nascituro può correre (“avete malattia in famiglia”?) e, in base a questa, il suggerimento delle indagini da eseguire in previsione della gravidanza o nel corso della stessa. Nella larghissima maggioranza dei casi nessuno sa di essere portatore del gene della fibrosi cistica e la malattia FC in famiglia non è mai comparsa. Quindi la domanda del ginecologo serve poco o niente rispetto al rischio di FC. Il gene CFTR mutato può essere trasmesso e rimanere silente per generazioni e generazioni; a un certo punto il caso decide che si incontrino due portatori e abbiano un figlio malato di fibrosi cistica. Per questo uno dei motivi razionali a sostegno della diffusione generale del test FC è l’elevata frequenza dello stato di portatore (1 persona su 25; 2,5 milioni circa di portatori in Italia).

In un ideale programma generale, l’offerta del test dovrebbe essere fatta indiscriminatamente a tutte le coppie che progettano di avere figli, a prescindere dalla presenza di malati FC in famiglia. Si dovrebbe realizzare su larga scala lo screening dei portatori. Le esperienze fatte per altre importanti malattie genetiche hanno dimostrato che, per realizzare uno screening di massa, un test deve possedere alcuni requisiti irrinunciabili, in assenza dei quali il Servizio Sanitario Italiano (come quello di tutte le altre nazioni europee in cui i costi della sanità sono a carico dello Stato) molto difficilmente può prendere in considerazione la proposta di organizzare e sostenere finanziariamente uno screening di massa. Questi i requisiti: il difetto genetico da individuare deve essere abbastanza frequente; il test da lanciare deve essere di relativamente facile esecuzione, di facile comprensione, economico e preciso. Purtroppo, venendo al test per il portatore FC, ancora oggi esso è tecnicamente complesso (lo possono eseguire solo alcuni laboratori attrezzati per le tecniche di genetica molecolare), è costoso (la ricerca delle mutazioni più frequenti che causano la FC costa anche nei laboratori pubblici almeno 200 euro a persona, 400 quindi per la coppia), si lascia sfuggire circa il 10-15 % dei portatori (che credono così di non esserlo), non è facile da capire nei suoi risultati e in caso di positività richiede indispensabilmente l’intervento di un esperto (genetista), altrimenti si corre il rischio di annullare l’importanza delle informazioni che fornisce.

Prendendo in esame ciascuna di queste caratteristiche, si può capire come esse possano costituire altrettante barriere a un altro requisito fondamentale di un programma di screening: raggiungere tutti, senza discriminazioni di classe socio-economica, etnica e culturale. E’ possibile che con il progredire delle tecniche i costi del test diminuiscano e la sensibilità (capacità di identificazione dei portatori) invece aumenti. Alcune barriere quindi sono destinate a cadere: nel frattempo un programma di informazione che raggiungesse capillarmente medici e ginecologi invitandoli ad aggiornare le conoscenze sulla malattia FC e sul test per il portatore sarebbe una fondamentale iniziativa sanitaria. Potrebbe abbattere un’altra barriera, quella di un’informazione sul test, che è ancora oggi estremamente disomogenea, soggetta a variabili di ogni tipo e in definitiva altamente discriminante.

La Fondazione Ricerca FC cerca di diffondere per quanto possibile informazioni sul problema e sul test attraverso i suoi mezzi di comunicazione (3). Essa ha promosso studi epidemiologici atti a capire quanto la popolazione sia favorevole e disponibile a uno screening di massa del portatore FC (4) e a conoscere come predisporre un’eventuale programma di screening dopo aver analizzato barriere e comportamenti sul territorio (5). Merita anche conoscere una esperienza di screening del portatore FC in un’area limitata del Veneto in cui il test viene proposto da ostetrici e altri sanitari (6).

1) Informazione diffusa sul test del portatore sano FC. L’appello di una mamma in dolce attesa
2) I costi del test genetico per il portatore sano FC
3) Il test per il portatore sano di fibrosi cistica
4) progetto FFC 22/2013 Fare o non fare lo screening del portatore sano del gene per la fibrosi cistica? La voce dei cittadini e della comunità scientifica
5) progetto FFC 26/2015 Risultati di un’offerta non organizzata di screening del portatore di fibrosi cistica: monitorizzazione degli effetti su incidenza di fc, screening neonatale e scelte riproduttive delle coppie di portatori
6) Test per il portatore sano FC nella popolazione generale del Veneto Est: cala l’incidenza di malattia

G. Borgo


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