Prevedere le risposte ai farmaci modulatori di CFTR mediante organoidi intestinali

Prevedere le risposte ai farmaci modulatori di CFTR mediante organoidi intestinali
Uno studio che perfeziona il metodo di analisi della funzione CFTR negli organoidi ricavati da mini-biopsia intestinale. Il metodo permette di misurare il livello di funzione CFTR residua e consente di prevedere la risposta clinica ai modulatori di CFTR anche in soggetti con mutazioni rare o poco conosciute.

Questo degli organoidi intestinali è un tema oggi di largo interesse. Si tratta di ottenere da una minuscola, innocua e indolore biopsia rettale un frammento di mucosa, dalle cui cellule staminali si possono sviluppare tanti piccoli organuli a sfera (dei mini intestini), costituiti da cellule epiteliali che conservano le caratteristiche funzionali dell’epitelio da cui si è partiti. In sostanza, piccoli organi in cui le cellule epiteliali contengono la proteina CFTR normale o malfunzionante o assente, in dipendenza dalle mutazioni CFTR del soggetto da cui è stata ricavata la biopsia. Questi organuli, opportunamente stimolati, secernono al loro interno (nel loro lume) cloro e acqua se CFTR è funzionante, non secernono o secernono poco se CFTR è mutata. L’effetto di secrezione è visibile e misurabile attraverso il rigonfiamento degli organoidi: con normale secrezione il loro volume aumenta, con secrezione ridotta o assente il volume rimane costante o aumenta di poco. Il gruppo dell’Università di Utrecht, coordinato da Jeffrey Beekman, ha messo a punto negli ultimi 2-3 anni questo suggestivo metodo di analisi ed ora ha riportato i risultati di uno studio mirato a suggerire applicazioni del metodo, sia a scopo diagnostico sia terapeutico (1).

La modalità più sensibile per misurare la funzionalità CFTR degli organoidi consiste nel sottoporli a uno stimolo secretivo con forscolina (attivatore del canale CFTR). In presenza di CFTR normale l’effetto è pertanto un notevole rigonfiamento degli organuli. In presenza di CFTR mutata si possono avere risposte diverse a seconda del genotipo. Ad esempio, in caso di genotipo omozigote DF508 non si ha rigonfiamento; in caso di mutazioni CFTR che consentono un residuo di funzione si possono avere gradi diversi di modesto rigonfiamento. È in sostanza quanto è stato possibile misurare in questo studio su organoidi ricavati da 71 soggetti con 28 differenti genotipi.

In linea di massima è stata trovata buona correlazione tra il genotipo CFTR e la risposta allo stimolo con forscolina, il che riflette grosso modo i dati della correlazione genotipo-fenotipo ricavati dai registri clinici (www.CFTR2.org). Tuttavia, anche da questo studio emerge una certa variabilità all’interno di soggetti con lo stesso genotipo CFTR. Tale variabilità viene interpretata come effetto della combinazione di mutazioni CFTR con quella di altri fattori, tra cui alcuni geni modificatori specifici del singolo individuo. Lo studio focalizza l’attenzione sulle mutazioni che consentono funzione CFTR residua, presente in parecchi genotipi della casistica esaminata. Inoltre, la correlazione osservata in questo studio tra le risposte in vitro degli organoidi e i classici marcatori CFTR dipendenti misurati nei pazienti in studio (concentrazione del cloro nel sudore e misure di corrente intestinale), viene considerata dagli autori come rilevante per il valore complementare che questo approccio potrebbe avere ai fini diagnostici e prognostici a livello individuale.

L’aspetto più interessante di questo studio riguarda le risposte ottenute incubando i diversi organoidi ottenuti da soggetti FC con il potenziatore Kalydeco o con la combinazione Kalydeco + Lumacaftor. Si sono ottenute risposte di rigonfiamento diverse a seconda dei genotipi: da nulle a molto marcate (come nel caso di Kalydeco per mutazioni gating). Ma soprattutto merita segnalare le risposte positive ottenute per alcune mutazioni rare. Come prova di principio vengono riportati i dati ottenuti su due soggetti il cui genotipo alla DF508 associava in uno la mutazione G1249R e nell’altro la R347P, entrambe mutazioni molto rare di cui nulla si sa. Nel primo, il trattamento con Ivacaftor ha ottenuto notevole risultato clinico corrispondente alla risposta sugli organoidi in vitro; nel secondo limitata risposta a Kalydeco sia in vitro che in vivo.

Ciò che dovrebbe far seguito a questo studio è la verifica che effettivamente il test in vitro sugli organoidi è predittivo della risposta clinica che si può ottenere in vivo usando un modulatore di CFTR, tra quelli oggi disponibili e tra quelli che stanno emergendo. Questa è una sfida importante perché l’approccio degli organoidi potrebbe aiutare a identificare rapidamente ed efficacemente i responders alle terapie con farmaci modulatori di CFTR, anche in caso di genotipi con mutazioni rare di cui ancora poco o nulla si conosce. Inoltre, una volta attivata la terapia, si potrebbe misurarne l’efficacia sugli organoidi ancor prima di attendere eventuali risposte cliniche.

1. Dekkers J, et al. Characterizing responses to CFTR-modulating drugs using rectal organoids derived from subjects with cystic fibrosis. www.ScienceTranslationalMedicine.org. 22 June 2016. Vol 8 Issue 344 344ra84

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