Test del portatore sano di fibrosi cistica: inchiesta presso i laboratori di genetica americani

Test del portatore sano di fibrosi cistica: inchiesta presso i laboratori di genetica americani

E’ dal 1997 che la massima autorità sanitaria USA , il National Institutes of Health (NIH) ha stabilito che le coppie che programmano una gravidanza dovrebbero essere informate ed avere la possibilità di eseguire il test per il portatore FC. Sempre negli USA, nel 2001 e nel 2004, le società scientifiche che rappresentano i genetisti e i ginecologi ( American College of Medical Genetics, ACMG e American College of Obstetrician and Gynecologists, ACOG), hanno elaborato insieme le linee guida riguardanti il test, la sua esecuzione in laboratorio, l’interpretazione e la consulenza genetica. Il Centro di Genetica e Politica Pubblica della Johns Hopkins University ha voluto indagare (1) se queste linee guida siano effettivamente seguite nella pratica quotidiana dai laboratori che eseguono il test FC. In particolare, hanno voluto conoscere l’aderenza a due raccomandazioni cruciali. La prima sconsiglia di indagare correntemente alcune varianti prevalentemente innocue del gene CFTR: i famosi “polimorfismi poli-T” (oggetto di numerosissime domande anche a questo sito), che assumono significato patologico solo in particolari circostanze; e suggerisce di non comunicarne il risultato, anche nel caso in cui vengano indagati, perché fonte di inutili confusioni. La seconda raccomanda che il numero di mutazioni indagate sia un pannello di 25, che sono state riconosciute come capaci di diagnosticare l’80% dei portatori fra gli americani di pelle bianca (69% negli americani di origine africana e 57% in quelli di origine ispanica).

E’ stato inviato un questionario ai direttori di 680 laboratori potenzialmente interessati: il numero si è ristretto ai 180 che eseguivano test di genetica molecolare e fra questi agli 88 che eseguivano il test FC. Queste le risposte: riguardo ai polimorfismi Poli-T, il 72% dei laboratori seguiva fedelmente le linee guida e quindi eseguiva l’indagine solo nei casi particolari indicati dalle stesse; un 7% non li eseguiva mai e un 8%, al contrario, li eseguiva sempre e forniva sempre il loro risultato (come purtroppo succede molto spesso anche nei laboratori italiani). Eseguivano la ricerca dei Poli-T soprattutto i laboratori con basso volume quotidiano di test da eseguire e i laboratori commerciali rispetto a quelli universitari od appartenenti a centri medici pubblici. Una così elevata aderenza al suggerimento di non eseguire i Poli-T nel test di screening, secondo gli autori della ricerca, è dovuta anche al fatto che sono stati ampiamente segnalati dalla stampa scientifica i casi in cui questa indagine ha creato inutili problemi diagnostici e ha portato a conseguenze drammatiche : interruzioni di gravidanza per risultati interpretati come indicanti malattia FC quando in realtà malattia non c’era.

La seconda raccomandazione delle linee guida, quella di eseguire per il test di screening la ricerca di 25 mutazioni, è risultata meno fedelmente seguita: dichiarava di aderirvi il 15% dei laboratori, mentre il 51% ne eseguiva un numero variabile, ma comunque maggiore (fino a 40), il 9% da 40 a 50 e un altro 9% fra 51 e 150 (il numero mediano di mutazioni testate era 32). Questo comportamento così variabile, secondo i ricercatori, dipende da una serie di ragioni: una è la necessità di indagare mutazioni che sono specifiche di una certa etnia e magari non sono comprese nel pannello iniziale; ma anche la pressione che il laboratorio subisce da parte degli ostetrici e dei ginecologi e degli utenti stessi, che ritengono che la ricerca di un numero maggiore di mutazioni amplifichi in maniera determinante l’accuratezza della risposta del test, cosa che si è dimostrata solo in parte vera.

La ricerca ci illustra una realtà molto diversa da quella italiana: di fronte ad un problema sanitario complesso quale lo screening del portatore FC c’è stato un pronunciamento di un insieme di istituzioni scientifiche e c’è la capacità di ricercare e verificare a distanza di tempo se la pratica corrisponde alla teoria.

1) Kaufman DJ , Katsanis SH et all “Carrier screening for cystic fibrosis in US genetic testing laboratories: a survey of laboratory directors”. Clin Genet 2008; 74:367-373

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