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Alessandra I.

Mi chiamo Alessandra, ho 21 anni, vivo a Napoli e studio giurisprudenza. Avere la fibrosi cistica per compagna mi ha condizionato tutta la vita. La malattia però non deve diventare sinonimo di infelicità.

Nei rapporti interpersonali ho sempre cercato di nasconderla, non ho mai voluto che gli altri lo sapessero. A lungo l’ho negato a me stessa di essere malata, ma per la prima volta voglio mostrare chi sono davvero, non voglio più nascondermi e voglio fare vedere che sono felice anche se sono nata con una malattia genetica. La fibrosi cistica mi ha limitato in tante cose, ma mi ha fatto sviluppare un’empatia particolare verso chi soffre. Fin da piccola ho avuto un senso spiccato della giustizia. Litigavo anche se il torto riguardava altri. Forse anche questo ha contribuito a farmi desiderare di diventare magistrato.

Non ho avuto vita facile a scuola. Sono stata discriminata. La fibrosi cistica non si vede. È difficile pensare che hai difficoltà a salire le scale, che stare fuori 15 minuti al freddo ti può fare malissimo, che devi curare il diabete. Personalmente non esternavo le difficoltà. Questo può diventare pericoloso. Alle elementari le maestre fumavano in classe. Alle medie i miei compagni mi maltrattavano e mi picchiavano perché qualche professore era più comprensivo, finché non ho capito che dovevo urlare, perché non volevo essere una vittima e cinque anni di liceo non li potevo né volevo perdere per l’ignoranza altrui.

Mi sono dovuta operare tre volte e ho dovuto iniziare ad accettarla la fibrosi cistica. Prima io e poi gli altri. La strada per arrivare a raccontarla è stata tortuosa e non sarei riuscita a percorrerla senza la bussola delle mie sorelle e di mia madre. “I miei polmoni sono sani”, pensavo. Uscivo anche col raffreddore, con la bronchite; per sei mesi non ho fatto le terapie, finché non ho iniziato davvero a stare male, al punto da arrivare all’insufficienza respiratoria. La saturazione si era abbassata tantissimo. La malattia la puoi negare finché non stai male. Mi sono spaventata e ho capito che se stavo bene dal punto di vista respiratorio era perché facevo le terapie tutti i giorni. Dopo avere tentato di non curarmi, qualsiasi cosa facessi stavo male. Ho capito che abbiamo una dipendenza e un’assuefazione da farmaci positiva, noi. Ci sono indispensabili per stare bene. Ora mi sento normale con qualcosa in più: ho la fibrosi cistica.

Perché è importante sostenere la ricerca? Provate per un istante a mettervi nei nostri panni, a non riuscire a immaginare che futuro vi aspetta. Fare dono di un sonno senza paure è un grande dono, perché la paura è un freno e con i freni abbassati si fa poca strada.

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