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Perché nessun’altro soffra come abbiamo sofferto noi

Anna e il suo lascito a Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica

Parlare di un lascito con chi è stato vicino alla testatrice è difficile. Il senso di vuoto, il dolore provato e la
commozione per la perdita di una persona cara non ci trovano mai impassibili. Ma un gesto così altruista
e che racchiude in sé un amore per il prossimo così profondo ci consente di provare anche un senso di
meraviglia, di immenso rispetto nei confronti di una persona la cui storia non può non essere raccontata.
Abbiamo intervistato Mirta, un’amica di famiglia di vecchia data che negli ultimi anni ha assistito Anna,
la quale ha scelto di fare un lascito testamentario a Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica.

Che vita ha avuto Anna?

Anna ha vissuto quasi tutti i suoi 88 anni a San Lazaro, in provincia di Bologna. Una vita, potremmo dire, semplice: un matrimonio felice con il suo Carlo, un uomo devoto, una casa comprata non senza sacrifici, un grande dolore che avevano superato con coraggio e un lavoro al servizio del prossimo. Anna infatti aveva scelto di fare l’infermiera: le corsie dell’ospedale divennero la sua seconda casa e anche il luogo dove conobbe Milena, mia mamma. Sono state grandi amiche. Se le ripenso insieme mi vengono in mente momenti di gioia pura e di grandi risate. Anche quando vari trasferimenti lavorativi le avevano portate lontane, loro avevano continuato ad alimentare un rapporto di amicizia profonda.

Hai detto che c’è stato un grande dolore nella sua vita.

Il medaglione di Anna con le foto delle figlie

Anna perse due figlie a causa della fibrosi cistica, verso la fine degli anni ’70. Non arrivarono all’anno di vita. Anna me ne parlava ogni tanto, ma brevemente. Erano degli incisi succinti e malinconici che celavano un dolore che era stato sicuramente molto forte. Mi diceva che oggi avrebbero avuto la mia età, forse è anche per questo che abbiamo legato così tanto, avrei potuto essere sua figlia. Mi regalava un pacco di ottimi tortellini a Natale e una piccola mancetta al compleanno, come si fa in famiglia.

Raccontaci che donna era.

Secondo me il dolore per la perdita delle figlie l’aveva resa una donna ancora più energica, guerriera e testarda di quanto non lo fosse da giovane. Anna era una donna indipendente: amava sentirsi autonoma, e di questo andava molto fiera. Negli ultimi tempi, quando il brutto male diagnosticatole molti anni prima si era aggravato, avrebbe avuto bisogno di un’assistenza fissa, come anche il suo medico le aveva consigliato. Ma controbatteva: “Io voglio un aiuto domestico piccolo piccolo, perché altrimenti finisco i soldi per la ricerca!”. Dopo l’ultimo ricovero gli assistenti sociali l’avevano convinta ad accettare una collaboratrice. Ha lavorato da Anna due settimane, poi non l’hai più voluta e mi ha pregata di aiutarla a chiedere il rimborso per quei quindici giorni. Questa era Anna.

Per questioni di riservatezza non possiamo specificare a quanto ammonta il lascito di Anna a FFC Ricerca. Basti sapere che è una somma importante e che non possiamo fare a meno di chiederci come avrà fatto ad accumulare. Lo chiediamo a Mirta.

Anna da giovane

Lei e il marito non hanno fatto una vita di stenti, ma sono sempre stati parsimoniosi. Non era una viaggiatrice, ogni tanto andava in Riviera Romagnola, ma niente di più. Le semplici cose che via via aveva desiderato le aveva sempre acquistate, ma mai nulla di lussuoso. Una cosa stravagante è che Anna aveva un autista che la accompagnava alle visite in ospedale o per tratti di strada più lunghi, quando io non avevo modo di aiutarla. Il fatto che lei non avesse parenti in vita e qualche soldino messo da parte attirava amicizie d’interesse e negli anni ha dovuto allontanare tante persone. Il suo obiettivo le era chiaro: lasciare tutto alla ricerca.

Come si era informata per il testamento?
Poco prima che il marito mancasse, sette anni fa, mi chiesero aiuto per la redazione di un testamento. Sapevano che ero laureata in giurisprudenza e che lavoravo in uno studio notarile. Consigliai loro di rivolgersi allo studio notarile del paese. Fecero così un testamento olografo e lo portarono al notaio. Anna si era raccomandata più volte di rivolgermi a lui per rispettare le loro volontà, quando il giorno fosse arrivato.

Il lascito di Anna in Fondazione è stato accolto con infinita gratitudine e con grande curiosità.
Abbiamo cercato negli archivi il suo nome e quello del marito. Una qualsiasi traccia che li legasse ad una donazione, una lettera, una comunicazione: non abbiamo trovato nulla.
Come conobbe Fondazione?

Lei la chiamava “la Fondazione di Marzotto”. Ipotizzo che avesse visto in tv o letto su un giornale un’intervista del Presidente di FFC Ricerca Matteo Marzotto. Sapeva che anche nella sua famiglia avevano conosciuto la fibrosi cistica e aveva forse provato grande empatia. Da lì aveva scoperto, sempre in totale autonomia, che la sede di Fondazione era Verona e ogni anno chiamava gli uffici per avere conferma che l’attività di ricerca continuasse e ogni volta, sollevata, esclamava: “Mirta, oggi ho chiamato la Fondazione! Ci sono ancora, stanno ancora lavorando!”.

Come mai proprio Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica?

Lei mi disse che voleva che i loro soldi, i risparmi di tutta una vita, andassero alla ricerca. Mi confessò, un giorno: “Voglio che nessun altro genitore soffra come abbiamo sofferto noi”. La ricerca poteva aiutare i piccoli malati a raggiungere l’età adulta, continuava, e un giorno forse a cancellare la malattia. Lei sentiva che con il loro lascito poteva dare un piccolo grande contributo.

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Scopri di più sulla Campagna sui Lasciti Testamentari di FFC Ricerca dal sito dedicato.

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