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Carmina

17 anni e un fisico da passerella, che inganna gli occhi ma non il suo respiro. Il danno progressivo causato dalla fibrosi cistica ai polmoni di Carmina l’ha costretta ad appendere le scarpette al chiodo, ma non a rinunciare al sogno di ritornare a indossarle ancora.

Carmina ha 17 anni e vive a Caserta. È nata con la fibrosi cistica, «una malattia che invalida molto interiormente anche se esteriormente non si vede», spiega. Ha iniziato a darle problemi mentre era ancora in grembo. «Le ecografie mostravano che mi si gonfiava la pancia. A un giorno e mezzo di vita sono stata operata d’urgenza per ileo da meconio. Nella notte ho anche avuto due arresti cardiaci. Neonata mi sono ritrovata con una bella cicatrice a forma di sorriso sulla pancia, a cui ho dato il nome di Vittoria, la prima della mia vita sulla malattia», racconta Carmina, che a lungo si è vergognata di quella cicatrice. Al mare suscitava sfottò e una curiosità invadente. «Ne soffrivo. Ora, quando mi chiedono se ho avuto un figlio, tra di me penso: “magari!”. Dovevo accettarla io per farla accettare agli altri, per questo sarò sempre grata all’amico che mi ha fatto superare la vergogna, iniziando uno strano rito. Prima di salutare me si rivolgeva alla cicatrice dicendo: “ciao pancino”. Quando gli chiesi perché lo facesse rispose: “è bello vedere un sorriso anche quando in viso c’è un broncio”. Vittoria sorrideva sempre e faceva sorridere anche lui. Questo amico mi ha aiutata. Diversamente non avrei preso coraggio per addentrarmi nel mondo della moda».
Le passerelle, i servizi fotografici e la danza sono la passione di Carmina, che in occasione di un concorso di bellezza si aggiudica la fascia di Miss Sorriso. «L’ho dedicata a tutte le persone affette da FC e segnate da cicatrici che nascondono, proprio come facevo io. Vergognarsi della malattia è vergognarsi di se stessi. Non bisogna nascondersi. Sono tre anni che peggioro. Molte cose che facevo con tranquillità ora le faccio con difficoltà o non le faccio affatto. Qualche volta ho paura. Per la prima volta quest’estate mi hanno sottoposta a ossigenoterapia. La fibrosi cistica ti limita piano piano: inizia a negarti un bagno la sera con gli amici o un’uscita in un sabato di pioggia per evitare infreddature, fino a ridurti alla fame di aria e di vita. Tra le cose odiose che impone c’è che tra pazienti non possiamo frequentarci perché rischiamo di contagiarci. La fibrosi cistica resta nascosta nelle stanze in cui ci curiamo, le panic room. Il mio comodino è pieno di medicinali e di apparecchi per le terapie. Magari si potesse guarire con le caramelle. Soltanto i progressi della ricerca scientifica ci potranno salvare».
Carmina danzava. Prima i problemi alle ossa poi quelli ai polmoni glielo hanno impedito. «Ci ho provato e riprovato negli ultimi due anni a riprendere a danzare, ma non ci riesco più. Ogni volta che vedo quelle scarpette, che ne sento il profumo, sento il cuore battere forte e le lacrime mi rigano il viso. La danza è amore, gioia, sacrificio e dolore. Vorrei spiccare un balzo e restare sospesa nell’aria come in un ballon o in un grand jeté, sfidare la gravità, volare, respirando a pieni polmoni senza pesi che me lo impediscano. Vorrei dimenticarmi della fibrosi cistica, ma la sento in ogni colpo di tosse». Quest’anno compirò 18 anni: con i tatuaggi inizierò a scrivere la mia storia sulla pelle. Il primo saranno due parole: just breath. L’inizio di tutto».

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