Sara ha la fibrosi cistica, una malattia genetica che fa parte di lei da quando è nata. Colpisce diversi organi, ma soprattutto i polmoni, e col passare del tempo ne peggiora la funzionalità. «Sembra nutrire un amore senza limiti per i respiri. Se li cattura tutti, ma proprio tutti, ed è capace di lasciarti senza fiato» dice Sara, che è al quarto anno di liceo delle scienze umane. Dal terzo lo frequenta da casa, perché la quotidianità delle cure ha reso difficile la sua presenza a scuola. Fin da bambina la fibrosi cistica l’ha abituata a confrontarsi con le difficoltà e le rinunce. «Ho iniziato a peggiorare in terza media. Andavo a scuola con l’ossigeno. Con gli anni sono riuscita a stare un poco meglio, ma dal primo dicembre sono in lista di trapianto bipolmonare. Da qualche mese sto sperimentando una cura con il nuovo farmaco Orkambi». Sara ha fiducia nei progressi della scienza: «posso parlare di un domani anche e soprattutto grazie alla ricerca, che avanza e rende il nostro viaggio meno faticoso», spiega. Sara si distingue per lucentezza. Non le manca mai il sorriso: «non penso che la fibrosi cistica possa essere considerata solo una brutta malattia, ammesso che ve ne siano di belle. Non credo che esserne affetti sia una maledizione o uno scherzo della vita. Essere nata con la fibrosi cistica mi ha semplicemente posto in una condizione diversa dalla maggior parte dei miei coetanei. “Diverso” non è sinonimo di peggiore, ma di unico. Seppure con un cavetto dell’ossigeno al naso e poco più di mezzo polmone funzionante, la voglia di vivere rimane la stessa dei ragazzi della mia età. Ho imparato a essere paziente, ma la cosa più importante che la fibrosi cistica mi ha insegnato è vivere, andando oltre il significato di esistere. Ho sempre cercato di non lasciare spazio ai problemi e di guardare alla felicità. Se ti concentri su un punto nero e continui a fissarlo, scordi che il punto ti impedisce di vedere oltre, è non-vita». Sara ha tante passioni: il canto, il pianoforte, la recitazione, il gioco degli scacchi. Il fiato non le basta per tutte. «I limiti ci sono sempre stati – ammette. Crescendo, i due o tre limiti diventano quattro, cinque, dieci. Si parte dalle limitazioni fisiche e si arriva a quelle mentali, ma quando, per tanto tempo, vivi in una situazione come la mia, ti abitui, diventa la normalità, godi a pieno di ciò che ti è ancora possibile fare e il desiderio di superare ogni limite vince».